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Sanità, i tagli uccidono la salute, Italia a rischio fallimento

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Rapporto Osservasalute 2013 Secondo lo studio che ha coinvolto 165 esperti di discipline non solo mediche, gli italiani oggi stanno abbastanza bene ma i tagli previsti al Servizio sanitario nazionale rischiano di provocare "una catastrofe sociale che è già all'orizzonte".

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 17 aprile 2014

Se l’importante è la salute, gli italiani stanno benino ma in futuro staranno peggio. Perché se da un lato l’Italia destina sempre meno soldi al Servizio Sanitario Nazionale (Ssn), dall’altro la spesa delle famiglie per acquistare farmaci o pagare ticket continua ad aumentare. Perché medici e infermieri stanno scappando dagli ospedali per andare a lavorare all’estero (5 mila solo negli ultimi 4 anni), oppure perché gli ospedali del sud sono un buco nero e non solo nei bilanci (sono in aumento i “viaggi della salute” verso il nord). Uno squilibrio che si traduce in minore aspettativa di vita rispetto ai cittadini del nord: tra gli uomini 78,8 anni contro il 79,7, tra le donne 83,9 contro 84,7. E ancora: perché la prevenzione stenta e lo stile di vita degli italiani è poco salutista e perché anche la salute è una questione di classe, come l’istruzione, e l’equità nelle cure è un obiettivo non più alla portata di un sistema che sana gli squilibri con tagli lineari per gestire la spesa. Li chiameranno risparmi, milioni di persone ne pagheranno le conseguenze.

Questa, in estrema sintesi, è l’analisi tracciata dall’undicesimo rapporto Osservasalute 2013 presentato ieri a Roma. Un lavoro che ha coinvolto 165 esperti di sanità pubblica di discipline non solo mediche.

Ogni singolo indicatore preso in esame non può prescindere dal quadro economico che “impone” una consistente contrazione di risorse per la sanità pubblica. Un dogma buono per tutti i governi. Del resto sono tagli che hanno già provocato danni: la spesa è diminuita da 100,3 miliardi di euro nel 2009 a 100,1 nel 2010, un calo che si è rafforzato nel 2012 con un taglio dell’1,8% di spesa rispetto al 2011. In caduta anche la remunerazione del personale sanitario, scesa a 36,14 miliardi nel 2011 (meno 1,4% rispetto al 2010). Logico poi che il costo della salute sia già stato scaricato sulle spalle delle famiglie: la spesa sostenuta da ogni cittadino per acquistare farmaci o accedere alle cure è più che raddoppiata in meno di dieci anni, passando da 11,3 euro nel 2003 a 23,7 nel 2012. “La riduzione della spesa pubblica per contenere il debito e rispettare i vincoli di bilancio concordati con l’Europa – ha spiegato Walter Ricciardi, direttore di Osservasalute – mettono a rischio l’intero sistema di welfare italiano. Se prevarranno gli interventi basati su tagli lineari potremmo avere seri problemi a mantenere gli attuali standard della sanità pubblica”.

Secondo Ricciardi, i risparmi che oggi sembrano obbligati rischiano di moltiplicare la spesa sanitaria nei prossimi anni. Da qui la necessità di prendere decisioni facendosi supportare da dati rigorosi “per evitare una catastrofe sociale già all’orizzonte”. Per il direttore “si tratta di una sfida da vincere a tutti i costi per poter rispondere alle incalzanti domande di un futuro prossimo caratterizzato da un innalzamento dell’età media della popolazione, dal conseguente aumento delle patologie croniche invalidanti e quindi da una maggiore richiesta di servizi, a fronte però di risorse economiche ed umane sempre più esigue”. Il messaggio è chiaro, nessuno può accontentarsi del fatto che oggi la popolazione vive sempre di più, anche perché sarebbe intollerabile assistere a una inversione di tendenza.

La grande “struttura” sanitaria tutto sommato ancora tiene e lo si capisce da alcuni indicatori, come il calo della mortalità per malattie cardiocircolatorie: dal 2006 al 2010 i tassi di mortalità per i maschi sono calati da 41,1 a 37,2 per 10 mila persone (per le femmine da 28,4 a 26). Significa che la prevenzione ospedaliera funziona bene, ma c’è poco da star tranquilli sugli stili di vita della popolazione: a fronte di un piccolo calo dei fumatori (dal 22,8% nel 2010 al 21,9% nel 2012) e dei consumatori a rischio di alcol (12,5% nel 2011 contro il 13,4% nel 2010), si riscontra un aumento delle persone in sovrappeso. Indice di cattiva alimentazione e poca attività fisica: è in sovrappeso il 27% dei minori tra i 6 e i 17 anni e il 46% degli over 18. Meno di un italiano su quattro pratica sport in maniera costante. Ma è il consumo di alcolici, ammettono gli operatori sanitari, la sfida più difficile da vincere. I bevitori forti rimangono una costante. Un altro indicatore col segno positivo riguarda gli incidenti stradali: nel 2012 quelli con lesioni alle persone sono stati 186.726, ne hanno uccise 3.653 e ne hanno ferite 264.716 (rispetto all’anno precedente c’è stata una diminuzione del 9,2%).

L’indice di vecchiaia della popolazione, invece, costringe a una riflessione sul futuro dell’Italia e sulla sciagurata ipotesi di tagliare le spese per la salute di una popolazione che sarà sempre più “bisognosa”, anche perché non autonoma economicamente: ogni 100 giovani sotto ai 15 anni di età ci sono circa 150 persone che hanno dai 65 anni in su. Solo gli stranieri “ringiovaniscono” il paese, gravando in misura minore sulle casse del Ssn.

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