San Giuseppe de’ Falegnami, quel soffitto non comune nel cuore di Roma
Opera dell'architetto e intagliatore Giovan Battista Montani La raffinatezza dell’intaglio e la meraviglia dalla foglia d’oro, con La Natività posta al centro e il gioco della quadratura, lo rendevano tra i più belli
Opera dell'architetto e intagliatore Giovan Battista Montani La raffinatezza dell’intaglio e la meraviglia dalla foglia d’oro, con La Natività posta al centro e il gioco della quadratura, lo rendevano tra i più belli
Nel 1802 l’editto Doria Pamhilj dichiarava «la conservazione dei Monumenti, e delle produzioni delle Belle Arti, che ad onta dell’edacità del tempo sono a noi pervenute, è stata sempre considerata dai Nostri Predecessori per uno degli oggetti i più interessanti, ed i più meritevoli delle loro impegnate providenze. Lungi però dall’illanguidirsi per questo, si è anzi maggiormente impegnata la Paterna Nostra sollecitudine a procurare tutti i mezzi sia per impedire che alle perdite sofferte nuove se ne aggiungano, sia per riparare con il discuoprimento di nuovi monumenti alla mancanza di quelli che sonosi perduti».
A duecento anni di distanza, il crollo del soffitto di San Giuseppe de’ Falegnami al centro di Roma è una notizia dolorosa, oltre a essere grave.
Così mentre le responsabilità sono tutte da accertare, quello che sappiamo è ciò che abbiamo perso, tutti quanti.
Quando la Confraternita dei Falegnami, costituitasi nel 1540, scarta nel 1597 il progetto di Giacomo della Porta (allievo di Michelangelo e del Vignola e colui che completò la cupola di San Pietro per intenderci), lo fa prediligendo un molto meno noto architetto e intagliatore milanese Giovan Battista Montani, che seguirà i lavori per il compimento della facciata fino al 1602. Una facciata a doppio ordine, con finestrone centrale e timpano triangolare, come andavano ormai edificandosi nella gran parte delle chiese romane del tardo Cinquecento.
È piuttosto nel disegno del soffitto che Montani manifesta la formazione da ebanista in tutta la raffinatezza dell’intaglio e la meraviglia dalla foglia d’oro, facendo sì che la Natività posta al centro (siamo nel 1614) e il gioco della quadratura rendano il soffitto di San Giuseppe de’ Falegnami uno dei soffitti lignei più belli di Roma.
A completamento dell’opera saranno chiamati anche Melchiorre Van Boon autore dei Santi Pietro e Paolo e di San Giuseppe con Bambino poste alle estremità e Francesco Fangerilli.
Assieme a questo non sappiamo quanto è andato perduto degli affreschi di Cesare Mariani (1883) sulle pareti dell’unica navata della chiesa e quanto eseguito dall’allievo in controfacciata. Tutta da accertare è inoltre la condizione delle quattro cappelle laterali. Certamente la più nota è la seconda cappella a sinistra, dedicata alla Natività e decorata a spese dei “lavoranti facocchi”, i costruttori di carrozze, che conserva la prima opera pubblica di Carlo Maratta, datata 1651, opera che avrebbe lanciato il giovane pittore verso una straordinaria carriera.
Ma oltre a questa sono molte le opere che possono aver subito un danno enorme da quanto è successo. A cominciare dalla cappella dedicata a Sant’Anna, in cui riecheggia l’arte del Montani e che dal 1692 conserva la Sacra Famiglia con Sant’Anna di Giuseppe Ghezzi, altro artista di straordinaria importanza tra Sei e Settecento.
Da queste macerie, sembra una buona notizia sapere (in via del tutto ufficiosa) che non sono stati danneggiati il Carcere Mamertino, su cui è edificata la chiesa, l’Oratorio attiguo a pianta rettangolare realizzato da Soria nel 1627 insieme all’altare maggiore e il presbiterio che conserva ancora nel soffitto gli stucchi degli inizi del Seicento di Michele Fontana.
Nella speranza che quanto successo non sia solamente il “crollo di un soffitto” risuonano profetiche le parole di Andrea Emiliani che nel 1974 considerava «l’inserimento della conservazione come pubblico servizio nell’atto democratico della pianificazione il fine politico al quale occorre costantemente guardare. Diversamente, lo scollamento fra società e patrimonio sarà definitivo, e nulla varrà a salvare il secondo a vantaggio della prima».
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