Visioni

Samuel: «L’arte non riflette più sul futuro»

Samuel: «L’arte non riflette più sul futuro»Samel – foto di Daniele De Funtis De Martis

Musica Esce venerdì 22 gennaio «Brigatabianca», seconda prova da solista della voce dei Subsonica

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 21 gennaio 2021

Anticipato dai singoli Tra un Anno e Cocoricò, esce venerdì 22 gennaio BRIGATABIANCA, secondo disco solista di Samuel dove il leader dei Subsonica riesce nell’ardua impresa di fondere cantautorato ed elettronica. A partire dalla copertina, che lo ritrae come una sorta di “ussaro contemporaneo” fra moderne linee grafiche orientali (come la cover di Neo Geo di Ryuichi Sakamoto), Samuel “chiarifica”, a un primo sguardo, la fusione di questi due mondi. Specialmente nella bandiera che, al suo interno, ne contiene altrettante, una per ogni canzone dell’album. Le tracce, quindici, sono state composte in parte durante il lockdown, altre più di un anno fa, intercettando comunque un pensiero che il cantante spiega così «Le canzoni sono figlie di un momento di grande riflessione. Mi sono accorto che da anni la società, e anche l’arte, non riflette più sul futuro. E’ un mondo focalizzato sul presente che, quando è esploso il Covid, ha dovuto fare i conti con la sua incapacità. La pandemia inoltre ha rivelato i problemi strutturali del nostro Paese, la sua vecchia costruzione mentale. Per anni ho partecipato a manifestazioni contro i tagli alla cultura e alla sanità e oggi ci ritroviamo con la sanità alle corde e la cultura che deve reinventarsi. Auspico in uno sviluppo migliore visto che è la fine di un’epoca e c’è’ bisogno di un meccanismo mentale nuovo. Non sono complottista ma credo che questa emergenza sanitaria fosse una logica conseguenza di questi ultimi tempi. Troppo concentrati sull’effimero».

L’ALBUM, che vanta le collaborazioni di Fulminacci, Roy Paci e Willie Peyote, si differenza dall’esperienza “ultra pop” del precedente Il codice della bellezza, con il ritorno, necessario per Samuel, al suo alfabeto musicale, fatto di elettronica, hip hop e musica tribale «Credo il brano Nemmeno la luce sia il punto d’incontro fra quelle esperienze. E’ difficilissimo coniugare la forma canzone all’elettronica anche perché io sono cresciuto in una cultura del clubbing che non prevedeva la voce. Il canto ti portava via dal flusso concentrico del ritmo e pensare di poterci creare una melodia sopra era davvero l’antitesi per eccellenza. Oggi però credo di esserci riuscito, proprio io, abituato da anni a fare “musica d’assembramento”».

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.



I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento