Sami Zubaida: il legame Pkk-kurdi siriani terrorizza Erdogan
Intervista Secondo il grande storico iracheno «al centro resta il conflitto con l’Iran»
Intervista Secondo il grande storico iracheno «al centro resta il conflitto con l’Iran»
Abbiamo incontrato il grande storico iracheno Sami Zubaida, docente dell’Università di Londra (Birckbeck). I suoi testi sono fondamentali per lo studio del Medio Oriente, come il saggio Islam, il popolo e lo stato: idee politiche e movimenti.
Perché la Turchia non interviene con la coalizione anti-Isis?
Il governo di Ankara non fa molto contro l’Isis, è profondamente contrariato che le rivolte in Medio Oriente non siano andate verso un risveglio islamico che avrebbe favorito gli interessi turchi. È stato coinvolto in campagne anti-sciite ma allo stesso tempo non vorrebbe i jihadisti di Isis ai suoi confini. I turchi non stanno nella coalizione anti-Isis con il pretesto che i jihadisti tengono diplomatici turchi in ostaggio. È una scusa, in verità non vogliono essere coinvolti.
Così è solo conflitto settario?
Ora il conflitto è apertamente settario e più polarizzato che mai. La divisione settaria tra sciiti e sunniti è diventata una questione regionale e generale dopo l’inizio della guerra civile siriana. I poteri regionali sono stati fortemente interventisti in Siria e per estensione in tutta la regione. I gruppi militanti sono apertamente sunniti e anti-sciiti.
E dopo la battaglia di Kobane in Siria, anche i kurdi si dividono.
I kurdi sono stati colti di sorpresa, non sono ben equipaggiati, non sono preparati, non hanno un comando unificato, sono divisi tra i gruppi controllati da Massud Barzani, governatore della regione autonoma del Kurdistan iracheno, e dal Partito democratico unito in Siria (Pyd). Molti combattenti kurdi, spesso commercianti, sono soldati part-time. Ma adesso uno stato kurdo iracheno è possibile.
Sembra compatto invece il fronte Pkk-Pyd?
Le forze kurde combattenti siriane sono affiliate del Partito dei lavoratori kurdi (Pkk), ma scontano la diffidenza tra Barzani e Abdullah Ocalan (leader Pkk in prigione) e la contrarietà del governo turco che sarebbe pronto ad accettare l’indipendenza del Kurdistan iracheno ma non a chiudere un occhio sull’affiliazione tra Pkk e kurdi siriani.
Come è possibile che continuino ad arrivare finanziamenti all’Isis nonostante i raid aerei?
Le milizie salafite sono state finanziate dall’Arabia saudita, in stretto coordinamento con gli Stati uniti. Sebbene il governo saudita abbia paura di loro, i donatori sauditi vogliono continuare a uccidere gli sciiti e sono felici dell’avvento di Isis contro il regime sciita iracheno, e che combatta anche in Siria. L’establishment saudita a livello governativo dice di voler combattere i jihadisti dentro la coalizione internazionale ma businessmen ed establishment religioso vedono la battaglia contro gli sciiti ancora determinante.
Mentre l’Iran continua a combattere l’Isis in Iraq?
I principali combattenti in Iraq sono le milizie sciite organizzate dall’Iran. Il capo delle brigate al Quds, Qassem Suleimani, è stato in Iraq a guida delle milizie sciite. Lui coordina le milizie sciite in Iraq e Siria. Con il successo spettacolare di Isis, dopo la presa di Mosul, gli iraniani hanno realizzato che dovevano trovare alternative al premier Nuri al-Maliki e ci sono riusciti perché i gruppi politici al potere in Iraq sono molto più fluidi che in Siria. Il regime iraniano è poi impegnato, come quello turco, a contenere il nazionalismo kurdo con un tacito accordo con il Partito dell’Unione kurda in Iraq di Jalal Talabani perché non attraversi mai i confini iraniani.
Quali meccanismi hanno condotto l’Iraq al collasso?
Molta responsabilità dell’avanzata dello Stato islamico è della politica di al-Maliki, dopo la sconfitta di al-Qaeda in Iraq. Il premier iracheno ha iniziato a perseguitare le forze tribali che avevano combattuto al-Qaeda. Nel suo regime i ministeri si dividevano – con le risorse – su base elettorale, tra sciiti, sunniti e alcuni kurdi. Tutto è andato rubato, a cominciare dai proventi del petrolio. Per clientelismo e corruzione, il governo è stato paralizzato. Dal 2011, i sunniti sono stati gradualmente esclusi da queste spartizioni.
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