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Sam Barlow da «Silent Hill» a «Immortality»

Sam Barlow da «Silent Hill» a «Immortality»

Games Il Game designer tra ibridi e eroi normali

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 26 novembre 2022

Silent Hill nel 2007 vive un momento non proprio aureo: la saga horror era stata passata alla consolle minore di casa Sony, la PSP, quasi non ci si credesse più. Silent Hill: origins, invece sorprese tutti, riuscendo a imbastire una storia capace di terrorizzare come i migliori episodi della serie, i primi 2. Merito di questo miracolo era stata la sceneggiatura di Sam Barlow, un creativo che si era fatto conoscere soprattutto per Aisle nel 1999, un gioco capace di creare milioni di bivi e finali da una semplice domanda, cosa fai per prima cosa al supermercato? Silent Hill diventa nelle mani di Barlow una tragedia che cita Shakespeare, un horror che riflette soprattutto sugli sbagli passati, agli occhi di tutti un nuovo folgorante inizio.

Il passo successivo di Barlow è Silent Hill: shattered memories, del 2009, prima per WII, la migliore versione, poi per il mondo Sony. In questo caso l’autore si imbarca in un remake del primo capitolo, privandolo di tutta la parte action e rendendolo a tutti i conti un’adrenalinica corsa alla sopravvivenza che anticipa l’esperienza di Outlast e Amnesia. Ancora Shakespeare, ma soprattutto un inedito approccio psicoanalitico che rende la storia plasmabile sulle scelte del giocatore, un immemore alla ricerca della propria identità.

Dopo una serie di progetti cancellati interessanti, soprattutto il sequel di Legacy of Kain, Sam Barlow si lancia in una serie di videogames che guardano proprio i vecchi ibridi degli anni 90 alla Phantasmagoria. I suoi Her Story (2015), #WarGames (2018), Telling Lies (2019) e Immortality, di quest’anno, sono prodotti difficilmente etichettabili, ma che riescono ad emozionare, a raccontare storie e dare al giocatore l’illusione di essere parte di un progetto che si evolve grazie soprattutto alle sue scelte.

Gli eroi di Sam Barlow sono persone all’apparenza normale con problemi comuni e altrettanto comuni peccati, ma che nascondono mostri molto più grandi, tragedie che si accendono grazie alla nostra curiosità. Noi giocatori fungiamo da archivisti delle loro esistenza, analizzandole quando i fatti si sono ormai compiuti, attraverso le registrazioni di una webcam, i messaggi del cellulare o alcuni filmati trovati in un archivio. Il nostro compito è il compito di Dio, lo stesso che portava Ulrich Mühe a controllare uno scrittore nel bellissimo Le vite degli altri (Das Leben der Anderen), cercando indizi, anche minimi e banali, di una storia che alla fine non ci appartiene.

Nelle opere di Sam Barlow, interpretate con trasporto da veri volti del cinema, bisogna fare uno sforzo incredibile, quello che forse la generazione di Fortnite n on è più in grado di fare, gustarsi la storia con calma. È solo così, quando l’attenzione è alta, l’empatia con i personaggi si è focalizzata, che un semplice gioco diventa un percorso ascetico di vita nel quale un’attrice diventa la pedina del maligno.

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