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Salvini «sconvolto» ma già in sé: colpa delle rivolte

Salvini «sconvolto» ma già in sé: colpa delle rivolteMatteo Salvini ieri davanti al carcere di Santa Maria Capua Vetere – LaPresse

Carceri Il capo della Lega, che aveva annunciato una visita in solidarietà agli agenti penitenziari di Santa Maria Capua Vetere, non cambia programma dopo la diffusione dei video della «orribile mattanza». Ma aggiunge una condanna generica che suona come una giustificazione

Pubblicato più di 3 anni faEdizione del 2 luglio 2021

Quando Matteo Salvini ha annunciato la sua visita di solidarietà agli agenti penitenziari di Santa Maria Capua Vetere, che in realtà è un ritorno visto che una prima passerella c’era già stata un anno fa dopo la notizia che i poliziotti, destinatari adesso di misure cautelari, erano sotto indagine, non erano ancora uscite le immagini della «orribile mattanza». Ma Salvini ieri la sua visita l’ha fatta lo stesso, con l’identico scopo, solo aggiungendo qualche scivolosa premessa ai suoi discorsi in solidarietà con le divise.

«Sono rimasto sconvolto dai video», ha detto, però poi ha aggiunto quasi a non credere ai suoi occhi: «Se ci sono stati abusi vanno puniti, chi sbaglia paga anche e soprattutto se indossa una divisa». Giro di microfoni e cambia anche il ragionamento. Gli «abusi» che lo avevano «sconvolto» nel video e che però erano retrocessi a ipotesi, tornano una certezza, ma vanno contestualizzati: «È evidente che ci sono state delle violenze, inaccettabili. Ma è stata una mattanza la rivolta che c’è stata in questo carcere, e in altre carceri con morti e feriti». Quello che abbiamo visto, dunque, per il capo della Lega va considerato come un fallo di reazione. O anche meno, perché «ricordo che dal primo gennaio di quest’anno si contano circa 500 episodi di aggressione nelle carceri di tutta Italia». La capriola si completa con l’ultima dichiarazione: «Sono venuto in questo carcere perché qualche operatore dell’informazione sta facendo passare il messaggio che i 40mila uomini e donne della penitenziaria siano dei criminali. Non lo accetto. Non si può dare del macellaio a un intero corpo che fa un lavoro enorme». Il ragionare è ambiguo, ma il messaggio per i sindacati di polizia penitenziaria è chiarissimo. Salvini è tornato per loro e infatti si preoccupa di stoppare quello che per alcune sigle sindacali è un vero incubo: «Io il numeretto in testa ad un poliziotto che può essere bersaglio del delinquente non ce lo metto».

È la risposta a una proposta dei senatori di Leu De Petris, Ruotolo ed Errani che in un’interrogazione alla ministra della giustizia chiedono se intende «introdurre idonee misure atte a rendere identificabile il personale delle forze dell’ordine coinvolto in una determinata operazione». Questo anche dopo l’ultima drammatica esperienza. Perché, chiedono i senatori, dopo un anno dall’apertura delle indagini «gli agenti della polizia penitenziaria che parteciparono alla perquisizione e alle violenze sono rimasti a prestare servizio nello stesso istituto carcerario? E perché ancora oggi, gli agenti sotto indagine, prestano servizio e non sono ancora stati spostati da Santa Maria Capua Vetere?».

La ministra della giustizia, che mercoledì ha avuto parole molto nette di condanna per le violenze testimoniate dai video pubblicati da Domani, potrà rispondere a questa e ad altre domande del parlamento molto presto, visto che diversi gruppi chiedono adesso che vada a riferire. Anche per cancellare il precedente del 16 ottobre 2020, quando l’allora sottosegretario alla giustizia Ferraresi, anche lui 5 Stelle come il ministro Bonafede, alla interrogazione del deputato radicale di +Europa Riccardo Magi su quanto accaduto a Santa Maria Capua Vetere, rispose che c’era stata semplicemente una «doverosa azione di ripristino della legalità». Ieri Ferraresi ha candidamente spiegato di aver risposto così perché quelle erano le informazioni che gli avevano dato in quel momento. E Magi ha replicato chiedendosi come sia stato possibile «a sei mesi dai fatti, mentre l’indagine era in fase avanzata e sugli organi di stampa veniva diffuso il contenuto dei video» ignorare le violenze. Perché, ha concluso, «chi ricopre una carica di governo non può e non deve semplicemente leggere in aula le risposte preparate dall’ufficio ministeriale».

Intanto ieri il paragone con la mattanza di Genova 2001 l’ha fatto proprio un sindacato di polizia penitenziaria. Pur nel tentativo di giustificare le violenze, il segretario del Sappe che solo la settimana scorsa guidava una protesta davanti al ministero contro la decisione dell’amministrazione di costituirsi parte civile nella causa penale agli agenti, ha detto che «tecnicamente si tratta di un’operazione sfuggita di mano, come a Bolzaneto».

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