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«Salvini ferisce lo stato di diritto»

«Salvini ferisce lo stato di diritto» – Sintesi Visiva

Giustizia Il presidente di Magistratura democratica Riccardo De Vito alla vigilia del congresso della corrente di sinistra delle toghe parla della visita in carcere del ministro dell'interno a un imprenditore condannato per tentato omicidio e delle politiche securitarie usate come propaganda. Non solo da questo esecutivo

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 26 febbraio 2019

«Salvini ha violato alcune precise norme dell’ordinamento penitenziario e del regolamento di esecuzione per le quali un ministro, come un parlamentare, può benissimo fare visita in carcere a un detenuto, ma esclusivamente per verificare le condizioni di detenzione della persona e non per parlare di vicende processuali». Riccardo De Vito, presidente di magistratura democratica, è un giudice di sorveglianza. Con lui torniamo sulla visita di Salvini ad Angelo Peveri, l’imprenditore di Piacenza condannato definitivamente per tentato omicidio per aver sparato a chi voleva rubargli il gasolio, ma quando era in terra, disarmato e chiedeva perdono.
De Vito, cosa c’entra la legge sulla legittima difesa?
Niente, se non strumentalmente visto che la difesa di Peveri non l’ha nemmeno invocata durante i processi. Oltretutto la stessa legge che è in discussione alla camera è ingannevole. Promette di sottrarre persino alle indagini chi si difende sparando, ma non è possibile visto che l’intervento di un magistrato per verificare la reale situazione di pericolo è comunque inevitabile.
Dopo la visita a Peveri, Salvini ha detto che secondo lui non avrebbe dovuto essere condannato. Opinione lecita?
Così facendo ha messo in discussione un principio cardine dello stato di diritto, la separazione dei poteri. Per di più è il ministro dell’interno, il vertice delle forze di polizia. Se dice che la pena non è stata irrogata correttamente perché ci voleva l’assoluzione fa scattare, quanto meno a livello simbolico, una confusione gravissima tra potere esecutivo e potere giudiziario. È stata un’ingerenza grave e una delegittimazione della magistratura contro la quale è bene che l’Anm reagisca in maniera unanime.

Così non è stato perché la corrente di destra, Magistratura indipendente, ha preso le distanze. E non è la prima volta, di recente è successo sul caso Diciotti e sullo scontro tra Salvini e Spataro. L’unità dell’Anm a questo punto è una finzione?
Mai come in questo momento l’unità associativa è importante. Ci sono delle divisioni ma è bene che ogni gruppo, non solo Magistratura indipendente, faccia capire qual è la sua posizione all’interno dell’associazione per verificare se ci sono ancora e quali sono le condizioni per l’unità. Per me va preservata, visto che a essere messe in discussione non sono azioni di singoli magistrati È il principio stesso della separazione dei poteri che vacilla.
Questo governo e questa maggioranza ci tengono a offrire un volto sostanzialista. Chiamano le leggi «spazzacorroti», dicono che i colpevoli devono «marcire in galera», fanno il gesto delle manette agli avversari politici. Però litigano con la magistratura, come mai?
Non c’è una polemica diretta della magistratura nella sua interezza con il governo, c’è un dibattito perché alcuni di noi ritengono sbagliate certe scelte di politica criminale. Sbagliate e controproducenti in relazione agli obiettivi di sicurezza che lo stesso esecutivo si è dato, visto che «più carcere» non è mai la risposta idonea a creare sicurezza. Aggiungo che la tendenza a cercare una risposta simbolica del tipo «legge e ordine», più che un risultato reale, non è esclusiva di questo governo. Tutti gli ultimi governi hanno approvato il loro «pacchetto sicurezza» e la storia dell’omicidio stradale è un caso perfetto di leva penale esagerata che non produce effetti: negli ultimi anni i morti sulle strade sono persino aumentati.
Questo governo sulla giustizia è uguale ai precedenti?
Con almeno due elementi peculiari. Il primo è che ha messo sotto attacco la discrezionalità dell’autorità giudiziaria, ad esempio impedendole di valutare se una persona è matura per uscire dal carcere. Evidentemente conta più la promessa elettorale di far «marcire in galera» le persone. Il secondo è di avere come nemica l’informazione che sulla giustizia e sulla detenzione analizza i dati per quelli che sono e diffonde un’idea diversa dal carcere come rimedio unico, penso all’attacco a Radio Radicale e al manifesto. Ne parleremo da venerdì al congresso di Md che ha ad oggetto il cuore del lavoro del giudice: la difesa dei diritti in un periodo di attacchi gravissimi. Md può essere determinante all’interno di quel grande investimento irrinunciabile che è Area democratica. Sarebbe irresponsabile tornare indietro.

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