Salvini fa lo sconto di un miliardo ai conti gonfiati della Tav
Nella sua visita al cantiere Tav, il ministro Salvini si è fatto sfuggire un’affermazione importante. Ha detto che l’opera si può cambiare per risparmiare «almeno un miliardo». Singolare per chi, […]
Nella sua visita al cantiere Tav, il ministro Salvini si è fatto sfuggire un’affermazione importante. Ha detto che l’opera si può cambiare per risparmiare «almeno un miliardo». Singolare per chi, […]
Nella sua visita al cantiere Tav, il ministro Salvini si è fatto sfuggire un’affermazione importante. Ha detto che l’opera si può cambiare per risparmiare «almeno un miliardo». Singolare per chi, come lui, non ha particolari competenze tecniche e un miliardo è una cifra importante. Chi gli ha suggerito un importo così preciso doveva dunque conoscere alla perfezione il progetto e come risparmiare sui lavori. Soldi “discrezionali” che nel caso del Mose di Venezia sono serviti a corrompere mezzo mondo e per la Metro C di Roma hanno fatto lievitare i costi oltre misura.
Il progetto Tav, ricordiamolo, è uno dei tanti affidati attraverso la Legge Obiettivo (governo Berlusconi con la Lega Nord) che ha azzerato il ruolo pubblico nelle opere strategiche. Una legge definita da Raffaele Cantone «criminogena», perché ha affidato tutto ai privati senza prevedere rigorosi controlli pubblici.
Dunque, Salvini con la sua affermazione dimostra che proprio attraverso l’applicazione di leggi criminogene la spesa pubblica va fuori controllo e i privati possono così guadagnare un fiume di soldi svuotando le casse pubbliche. Al ministro dell’Interno potremmo consigliare di avviare la campagna «è finita la pacchia» contro questi sodalizi e non contro il mondo degli immigrati.
Inoltre, se si può togliere un miliardo, il progetto appare quanto meno discutibile e aumentano i motivi a favore della sua cancellazione. Ma al contrario lo scontro sulla Tav rischia di far fallire anni di lotte e di elaborazioni alternative, perché i 5Stelle si stanno rivelando ogni giorno più lontani dalla cultura della riconversione ecologica delle città e della manutenzione del territorio.
L’offensiva della Lega è invece chiara. Salvini appoggia ogni grande opera e l’altro ieri ha proposto l’immancabile piano Marshall per le infrastrutture. Mentre il vice ministro leghista Edoardo Rixi dichiara che occorre rivedere la legge sugli appalti. Non a caso l’unico provvedimento di un certo rilievo fin qui preso dal governo in materia di opere pubbliche è stato l’innalzamento da 40 a 150 mila euro del valore degli appalti non soggetti a gara di evidenza pubblica. Una vergognosa concessione alla discrezionalità che ha creato sconcerto nel mondo delle imprese sane.
Il periodo d’oro dell’intervento infrastrutturale italiano del primo dopoguerra si è potuto basare su progetti attendibili e su una lungimirante programmazione. Oggi grazie alla demonizzazione della sfera pubblica siamo di fronte a una visione frammentaria e a progetti redatti in prevalenza da gruppi privati, spesso carenti, imprecisi o talvolta sbagliati. Occorre ricostruire il ruolo della pubblica amministrazione e invece continua la solita litania sulle burocrazie e le leggi che bloccano tutto.
Ma veniamo ai 5stelle, perché l’offensiva leghista non sta trovando ostacoli e il mondo ambientalista rischia di apparire minoritario.
Il ministro per le Infrastrutture Toninelli non rende ancora pubblica la relazione «costi-benefici» sulla Tav che non è certo lo strumento migliore per giudicare un’opera così importante, ma può almeno aiutare a cancellare questa follia. Invece tace ed è stato anticipato da Salvini che ha snocciolato cifre non dimostrate sulle penali.
Di Maio, se possibile, sta facendo di peggio. Ha tuonato che la Tav non si farà mai e che quei soldi dovrebbero essere impiegati per opere come la metropolitana di Torino. Una scoperta epocale. Ma un ministro dovrebbe sapere che tali passaggi non hanno bisogno di proclami ma di una cornice tecnico giuridica. Da poco è stata approvata la legge di bilancio: perché i 5stelle non hanno inserito un emendamento che stornasse quei soldi per destinarli al trasporto locale? Potevano farlo e sono rimasti inerti. Più comodo lanciare grida impotenti.
Pochi mesi sono bastati per evidenziare l’inconsistenza politica e culturale dei pentastellati che hanno beneficiato della spinta di chi voleva cambiare le priorità di intervento per il Paese. Il paradosso è che di fronte a tanta inconsistenza, i gruppi economici dominanti si sono galvanizzati e vogliono addirittura convincerci che il destino dell’Italia sia legato al risparmio di mezz’ora di trasporto ferroviario tra Lione e Torino.
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