Salvini-Di Maio, la tregua a tempo corre sul filo
Telefono amico Il colloquio tra gli alleati sigla la mediazione sul decreto sblocca cantieri caro alla Lega. L’intesa si sarebbe trovata forse nel vertice di lunedì sera se Conte, forse alla ricerca di una vittoria politica, non avesse messo sul tavolo la richiesta di un ritiro secco del testo leghista. Il capo del movimento sale al Colle per tranquillizzare Mattarella alla vigilia della lettera Ue sui conti.
Telefono amico Il colloquio tra gli alleati sigla la mediazione sul decreto sblocca cantieri caro alla Lega. L’intesa si sarebbe trovata forse nel vertice di lunedì sera se Conte, forse alla ricerca di una vittoria politica, non avesse messo sul tavolo la richiesta di un ritiro secco del testo leghista. Il capo del movimento sale al Colle per tranquillizzare Mattarella alla vigilia della lettera Ue sui conti.
Non basta certo una telefonata a fugare le ombre accumulatesi nel corso di oltre un mese di rissa continua, ma è pur sempre la prima volta che i due vicepremier si parlano e l’importanza del colloquio viene esaltata subito dallo sblocco della legge più bloccata che ci fosse, quella che per ironia della sorte si chiama proprio Sblocca cantieri. In realtà la mediazione si sarebbe trovata anche senza il colpo di cellulare, preparato con cura degna dell’alta diplomazia da Giorgetti per il Carroccio e da Spadafora per i 5S. I capigruppo al Senato Romeo e Patuanelli ci lavoravano già da qualche giorno e l’intesa si sarebbe trovata forse nel vertice di lunedì sera se Conte, probabilmente alla ricerca di una vittoria politica, non avesse messo sul tavolo la richiesta impossibile di un ritiro secco del testo leghista.
Ma già ieri mattina, dopo la sfuriata notturna del premier, l’ottimismo era tornato a regnare. Il rischio che tutto saltasse rendendo impossibile la conversione del decreto c’era. Conte tornava a chiedere con toni accorati a Salvini di ritirare il suo emendamentone. Ma il capo leghista dava invece l’accordo per già quasi fatto. Poi il colloquio diretto tra i due leader ha sciolto gli ultimi nodi. Il risultato finale della mediazione non differisce in realtà molto da quello uscito dalla commissione Bilancio. Nella sostanza la bomba di Salvini è quasi un petardo. Ma in politica l’immagine conta quanto e più della sostanza e su quel piano il leghista, avendo imposto la parziale sospensione del codice degli appalti senza neppure consultare il capo del governo, esce premiato. Al contrario di Conte, ridotto al rango di comprimario.
I due leader potrebbero forse vedersi prima di venerdì, quando dovrebbe svolgersi il vertice con Conte e probabilmente anche la riunione del cdm in sospeso sin dalla notte delle elezioni. Sarà quello il primo momento della verità. Nonostante i decibel ieri siano un po’ calati l’incidente è possibile e Conte è andato a un passo dal dimettersi già dopo l’incidente notturno sullo Sblocca cantieri.
Nelle stesse ore, ieri mattina, Di Maio è salito al Colle per un colloquio con Sergio Mattarella. Ha detto chiaramente di voler andare avanti con questo governo e assicurato che non offrirà pertanto alcun appiglio a Salvini per rompere. Ma nonostante la schiarita di ieri, il leader politico dei 5S ha ammesso senza giri di parole di non avere alcuna certezza sulle intenzioni di Salvini. Il leghista insiste nel dire di voler proseguire, la disponibilità mostrata sullo Sblocca cantieri sembra confermarlo. Ma il vincitore delle elezioni europee, in mattinata, aveva anche fissato una data precisa: «Se tra 15 giorni ci ritroviamo con gli stessi ritardi e rinvii è un problema». Il sospetto di Di Maio è che il leghista voglia nascondere l’intenzione di trasformare subito il bottino delle europee in seggi sonanti nel Parlamento italiano per imporre l’immagine del leader attento solo agli interessi del Paese, salvo poi cogliere l’occasione per far saltare tutto in luglio, per andare al voto in settembre. Di appigli possibili, di incidenti dietro l’angolo, ce ne sono a mazzi. A partire dalla Tav per arrivare alla richiesta di sostituzione di tre ministri pentastellati, alla quale il capo della Lega continua ad alludere.
Ma quali siano le vere intenzioni di Matteo Salvini lo diranno solo le prossime settimane e il capo dello Stato avverte un’urgenza anche più incalzante: quella che passa per i conti pubblici e il rapporto con l’Unione europea. Lui e Di Maio hanno discusso ieri di uno dei problemi più brucianti sul tavolo del governo, l’indicazione del prossimo commissario europeo, poi il presidente è passato a raccomandare la massima attenzione per i conti pubblici. Ancor più delle tensioni che minacciano di lasciare l’Italia senza governo in poche settimane, è l’onda montante della tempesta economica e finanziaria il cruccio del Colle.
Oggi arriverà la replica della commissione alla lettera inviata dall’Italia. Saranno contestati non solo i conti del 2019 ma anche quelli del 2018, l’eredità del governo Gentiloni. Sembra certo che la commissione avvierà, «consigliandola» agli stati, membri, l’avvio di una procedura d’infrazione per debito. In concreto il commissariamento per almeno cinque anni. In questo caso «avvieremmo una trattativa», dice il ministro dell’Economia Tria. La traduzione è semplice: una manovra correttiva che potrebbe anche essere apertamente suggerita da Bruxelles. Lo scostamento è in realtà lieve, intorno ai 3 mld e mezzo. Si tratterebbe di una manovra per nulla proibitiva, anche se pesante sul piano politico. Ma molto dipenderà dalle reazioni di Salvini. Se saranno ruggenti spingeranno il già teso rapporto lungo una china pericolosissima e renderanno ancora più gelido il rapporto con Conte.
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