Giorgia Meloni è all’estero nel suo viaggio più importante e delicato, quando Matteo Salvini decide di partire all’attacco sul dossier interno delle nomine nelle società controllate dallo stato. Modalità inusuale e forzata: l’agenzia Ansa nel pomeriggio dà notizia di una «nota» attribuendola però ad anonime «fonti qualificate della Lega». Salvini non compare, ma il colpo si sente: «L’Italia deve mostrarsi all’altezza delle sfide più delicate, a partire dalla politica energetica su cui il governo è particolarmente attento. È bene sottolineare che anche le grandi aziende di stato come Eni ed Enel devono cambiare profondamente le loro politiche e il loro approccio alla modernità. Serve un cambio di passo».

È un segnale alla presidente del Consiglio che non solo la Lega ma anche Forza Italia considerano troppo solitaria nelle decisioni importanti. Per capire per quale ragione la Lega si sia decisa a un passo così poco ortodosso forse si deve guardare a un’altra notizia, uscita ieri poco prima. Meloni avrebbe deciso di chiamare nello staff di palazzo Chigi come primo responsabile della comunicazione Mario Sechi, giornalista di lungo corso nelle testate della destra – Giornale, Foglio e Tempo, che ha diretto, soprattutto – Sechi da alcuni anni è direttore dell’agenzia di stampa Agi di proprietà dell’Eni, dopo essere stato direttore anche della rivista dall’Ente nazionale idrocarburi. La notizia deve evidentemente aver rafforzato agli occhi della Lega l’impressione di un asse tra l’amministratore delegato dell’Eni Claudio Descalzi e palazzo Chigi. Asse che in tempi di emergenza energetica è stato saldo anche con i governi precedenti, tanto che immaginare una sostituzione di Descalzi appare difficile.

Probabilmente allora il messaggio anonimo della Lega non è tanto indirizzato alla partita dell’Eni quanto a quella dell’altra società controllata dallo stato citata, l’Enel. La Lega sembra dire a Meloni che non può pensare di dettare legge in entrambe le società che sono le due maggiori tra quelle coinvolte nel ricambio dei vertici.

Per l’Enel in particolare da giorni circola la voce di una probabile sostituzione di Francesco Starace, oggi presidente e amministratore delegato dell’azienda elettrica. Per la sua sostituzione si fanno due nomi, Paolo Scaroni, attuale presidente del Milan, come presidente, gradito a Berlusconi, e Stefano Donnarumma, attuale ad e direttore generale di Terna, come amministratore delegato, scelto da Meloni. Da qui la mossa di Salvini e la poco convenzionale nota: la Lega rivendica spazio al tavolo delle nomine. Anzi, chiede che questo tavolo che ancora non c’è venga aperto, in modo da sottrarre alla presidente del Consiglio la possibilità di decidere da sola. Anche perché se Eni ed Enel sono il boccone prelibato, non ci sono solo loro. Sono ben 135 le società a controllo pubblico i cui consiglio di amministrazione andranno rinnovati tra la primavera del 2023 e il 2024. Tra le maggiori anche Terna, Ferrovie dello Stato e Rai.