La progenitrice della nostra Apis mellifera europea (l’ape da miele) che viveva allo stato selvaggio (totalmente autosufficiente) nei boschi, all’interno di cavità presenti negli alberi, si è molto probabilmente estinta (Iunc, 2014).

Se trovassimo delle api con del miele in un tronco adesso, probabilmente sarebbe una colonia fuggita da qualche apicoltore e non autosufficiente.

Questo dato è molto importante per definire l’enorme problema di carattere mondiale che il pianeta sta affrontato a causa dell’attività antropica. Gli apicoltori si prendono cura delle famiglie di api sia fornendo gli alloggi (le arnie) che dando loro assistenza e cure veterinarie, senza le quali la loro morte è certa.

Tuttavia, questo non basta e le perdite annue di famiglie in termini numerici può a volte supera 60% del totale. Un dato altrettanto allarmante è che il 25% di impollinatori dal 1990 al 2015 si sono estinti (One Heart, 2021). Cerchiamo però di capire perché gli impollinatori, e le api in primis, sono così importanti per l’uomo.
Le api domestiche e selvatiche sono responsabili di circa il 70% dell’impollinazione di tutte le specie vegetali viventi sul pianeta, tra cui le specie di interesse agricolo coltivate dall’uomo.

Indicativamente, delle 100 specie di colture che forniscono il 90% del fabbisogno alimentare mondiale, 70 sono impollinate da api.

L’Europa è il secondo paese mondiale produttore di miele dopo la Cina. L’Italia rappresenta il quarto paese europeo con un valore diretto per i prodotti venduti di circa 61 milioni euro (Ismea, 2019). Negli ultimi 50 anni la produzione agricola ha avuto un incremento di circa il 30% grazie al contributo diretto degli insetti impollinatori (Ispra, 2020). Il valore economico stimato è di oltre 153 miliardi di euro a livello globale e 22 miliardi di euro in Europa (Ipbes, 2017).

IN ITALIA IL VALORE MONETARIO STIMATO per il servizio di impollinazione all’agricoltura, delle specie spontanee e ai fini di tutela ambientale oscilla tra 5,2 e 6,2 miliardi di euro all’anno (Unapi, 2011). Da questi numeri si può facilmente capire che le api sono di fondamentale importanza da un punto di vista sia ambientale che economico. Ma perché le api stanno morendo? Le cause sono molteplici ma una cosa è certa: il responsabile di tutto questo è l’uomo.

L’INQUINAMENTO DA AGROFARMACI, principalmente neonicotinoidi, risulta tra i principali indiziati per la moria delle api. Negli ultimi anni si è intensificata sempre più la sindrome dello spopolamento degli alveari, colony collapse disorder (Ccd) in inglese, che è un fenomeno che colpisce le api operaie e altre specie di insetti impollinatori che vivono negli Stati Uniti e in Europa.

QUESTA TRISTE DEFINIZIONE E’ STATA coniata in seguito a un calo anomalo del numero di alveari e della produzione di miele che si è verificato nel 2006, anche se le organizzazioni attive nella conservazione insieme ad altre agenzie internazionali che si occupano di cibo e alimentazione, dall’Autorità europea per la sicurezza alimentare (Efsa) all’Organizzazione delle Nazioni Unite per l’alimentazione e l’agricoltura (Fao), hanno cominciato a notare e studiare questo fenomeno fin dai primi anni Novanta. L’agricoltura, oltre che per inquinamento da agrofarmaci, attraverso la monocultura e l’attuazione di pratiche agricole sbagliate contribuisce fortemente alla minore presenza di specie vegetali pollinifere, provocando una forte scarsità di risorse necessarie per la sopravvivenza delle api.

LA CEMENTIFICAZIONE E’ UNA delle principali cause della perdita di habitat per sottrazione di suolo su cui vivono piante pollinifere spontanee o coltivate. L’attuale sottrazione di suolo per la cementificazione è proporzionalmente incrementata il doppio rispetto alla crescita demografica negli ultimi 30 anni (Ue, 2012). Due metri quadrati al secondo. È questa la velocità con la quale in Italia viene consumato terreno agricolo, fertile e produttivo, coperto dal cemento di strade e costruzioni. Così nel solo 2019 si sono persi 60 chilometri quadrati di terreno e con essi la capacità di produrre 3,7 milioni di quintali di derrate agricole, quanto se ne sarebbero potute ottenere in sette anni, mentre nello stesso periodo è rimasta ferma nel cassetto la legge che avrebbe potuto rallentare se non fermare questo processo (Agronotizie, 2020).

IN TOSCANA, NELL’AREA DEL CIRCONDARIO Empolese-Val d’Elsa, area meno valorizzata del Fiorentino, da anni le amministrazioni locali stanno rubando suolo coltivabile e prezioso pascolo floreale per gli insetti pronubi. Il suolo non è una risorsa infinita né rinnovabile ed una volta distrutto il microbioma terricolo, verrà distrutta la sua fertilità. Spesso accade che sono gli stessi agricoltori a sottrarre suolo fertile per la realizzazione di strutture edilizie adibite a ricovero attrezzature, stalle, magazzini ecc., usufruendo di normative che privilegiano gli Imprenditori Agricoli. Il global warming dovuto ai cambiamenti climatici facilita la diffusione dei parassiti che attaccano le api, come l’acaro Varroa destructor, che indebolisce e attacca le operaie, o il fungo Nosema ceranae, che compromette le funzioni digestive degli impollinatori. Per quanto riguarda quest’ultimo, che insieme al Varroa e all’Aethina tumida costituisce la minaccia principale tra le malattie degli alveari (Focus, 2020), le attuali normative nazionali e comunitarie sono inadatte per fronteggiare un problema ambientale di tale portata perché fondamentalmente Antropocentriche; pertanto, devono essere create nuove norme che abbiamo una visione Ecosistemocentrica, dove l’ambiente e la biodiversità siano messe alla base di ogni scelta futura.

IL PUNTO E’ CHE O CAMBIEREMO SUBITO il nostro modo di produrre cibo, oppure la maggior parte degli insetti arriveranno all’estinzione entro pochi decenni se non anni. Le ripercussioni che tutto questo avrà per gli ecosistemi del pianeta in questi anni potrebbero essere molto gravi. Gli insetti sono la base strutturale e funzionale della maggior parte degli ecosistemi del Pianeta. Il ripristino degli habitat naturali, insieme all’eliminazione di agrofarmaci altamente tossici per gli insetti pronubi, non solo alcuni, e alla riprogettazione del comparto agricolo, è probabilmente il modo più efficace per evitare ulteriori diminuzioni o scomparse degli insetti impollinatori, in particolare nelle aree ad agricoltura intensiva.

LE PRATICHE DI INGEGNERIA ECOLOGICA, come l’utilizzo di filari, siepi e prati impiantate ai margini del campo aumentano l’abbondanza di impollinatori selvatici, come pure la rotazione delle colture con trifoglio o altre leguminose può incrementare l’abbondanza e la diversità dei bombi, che a loro volta migliorano la resa delle colture e la redditività dell’azienda. Queste pratiche agricole non solo favoriscono gli impollinatori, ma conservano anche i nemici naturali degli insetti che sono essenziali per contenere le specie di parassiti erbivori che attaccano numerose ed importanti colture.

TUTTAVIA, AFFINCHE’ QUESTE MISURE siano efficaci, è fondamentale che gli attuali modelli di utilizzo dei pesticidi, principalmente insetticidi e fungicidi, siano ridotti al minimo per consentire il recupero delle popolazioni di insetti e dei relativi servizi di controllo biologico dei patogeni. In molti dei sistemi agricoli presenti nel mondo, il controllo biologico costituisce un mezzo sottoutilizzato ma economicamente efficace e a basso impatto ambientale per risolvere i problemi dei parassiti delle colture, in grado di preservare la biodiversità sia all’interno che al di fuori delle aziende agricole.