Salvare il turismo con un’alleanza dell’Europa del Sud
Covid-19 In Italia il turismo pesa circa il 10 per cento del Pil e per l’anno in corso è prevedibile che questo contributo scenderà al 2-3 per cento. Peggio di noi la Spagna, il Portogallo e ancor più la Grecia. Nel paese che ha subito la cura da cavallo della Troika il turismo rappresenta il settore fondamentale
Covid-19 In Italia il turismo pesa circa il 10 per cento del Pil e per l’anno in corso è prevedibile che questo contributo scenderà al 2-3 per cento. Peggio di noi la Spagna, il Portogallo e ancor più la Grecia. Nel paese che ha subito la cura da cavallo della Troika il turismo rappresenta il settore fondamentale
L’impatto economico della pandemia dipenderà dalla sua durata, ma alcuni effetti sono già prevedibili, in quanto alcune attività sono chiaramente più esposte e non si riprenderanno facilmente. Fra i settori economici più colpiti dalla pandemia Covid-19 c’è il turismo.
Ipotizzando, nel migliore dei casi, che da maggio riprendano le principali attività in Italia, e nei mesi successivi negli altri paesi occidentali, difficilmente i flussi turistici potranno riprendersi. Per questa primavera e inizio estate è previsto un crollo totale del turismo straniero e il turismo interno viaggerà a scartamento ridotto.
Diciamo che reggerà solo il turismo di prossimità, la gita fuori porta, una vacanza nelle spiagge più vicine, sempre da soli o con la famiglia, evitando i resort, i locali notturni, i parchi di divertimento.
In Italia il turismo pesa circa il 10 per cento del Pil e per l’anno in corso è prevedibile che questo contributo scenderà al 2-3 per cento. Sul piano occupazionale, anche se si tratta spesso di contratti stagionali, il turismo assorbe circa il 15 per cento del totale degli occupati. Si può stimare che circa due terzi perderanno il posto di lavoro.
Peggio di noi la Spagna, il Portogallo, e ancor più la Grecia. Nel paese che ha subito la cura da cavallo della Troika e che solo da un paio di anni ha visto la risalita, il turismo rappresenta il settore fondamentale, il pilastro dell’economia greca, insieme alla flotta mercantile, con un valore aggiunto al Pil del 20 per cento e con ben un quarto del totale dell’occupazione.
Dopo aver perso tra il 2009 e il 2014 il 40 per cento del reddito nazionale, la Grecia dal 2017 aveva dato segnali di ripresa con un incremento progressivo del Pil che era giunto a + 2,2 nel 2019. Ovviamente, ciò non significa che la maggioranza della popolazione si fosse ripresa dall’impoverimento causato dalle politiche di austerity.
Basti solo un dato per capire che operazione di lotta di classe è stata condotta nel paese di Aristotele: dal 2007 al 2018 ceti medi e popolari hanno subito mediamente un incremento della tassazione sul reddito dal 37,5 per cento al 51 per cento, mentre il ceto medio-alto (dirigenti d’azienda, rentier, grandi imprenditori, ecc.) hanno goduto di una riduzione delle imposte dal 56 al 38,1 per cento! E sono proprio i ceti popolari e medi che traggono i maggiori benefici dal turismo di massa che coinvolge le piccole isole quanto le città storiche e i siti archeologici.
Se non verranno presi provvedimenti adeguati di sostegno alla popolazione la Grecia nel corso di quest’anno subirà un tracollo ancora peggiore di quello che ha visto dopo la crisi del 2009.
Dato che i paesi della Ue più colpiti dal crollo del turismo saranno quelli del Sud Europa (Francia compresa), è arrivato il momento per stringere un’alleanza, creare un fronte comune che possa strappare a Bruxelles dei provvedimenti tempestivi che spostino voci dal budget comunitario in favore degli addetti al settore turistico, anche attraverso un piano di investimenti della BEI che punti alla ristrutturazione in senso ecologico e della sicurezza sanitaria delle strutture turistiche.
Un’alleanza tra i paesi del Sud Europa che è già in atto per ottenere i famosi Eurobond, e finora non sta dando i risultati sperati. Ma, il turismo, con la sua concretezza e peso sociale ed economico, costituirebbe un banco di prova privilegiato per mettere con le spalle al muro chi pensa che la politica comunitaria possa continuare sui vecchi binari.
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