Salvagente arabo per la serie A
Sport 270 milioni di euro è l'offerta saudita per i diritti televisivi del campionato italiano, sempre più in bolletta. Mentre il Milan ratifica il cambio di proprietà
Sport 270 milioni di euro è l'offerta saudita per i diritti televisivi del campionato italiano, sempre più in bolletta. Mentre il Milan ratifica il cambio di proprietà
Duecentosettanta milioni di euro dall’Arabia Saudita per i diritti tv della Serie A. Oltre 140 garantiti in cinque anni, fino a 180 in base agli ascolti. Il campionato italiano che perde ascolti sul nostro territorio valuta su una specie di salvagente in arrivo dai sauditi. Un pacchetto di milioni per un accordo di cinque anni appunto, molti presidenti sono indecisi perché l’appeal della A potrebbe crescere nel futuro a medio termine, ma quei soldi fanno gola. Per intenderci, sono cifre decisamente distanti da quanto incassa la Premier League dalla vendita dei diritti tv all’estero, 6,1 miliardi di dollari solo dagli Stati uniti nei prossimi anni. Ma la Premier è la Premier, è la giostra delle emozioni dei gol, delle partite intense, spettacolari, con il pubblico sempre presente. Sarà così anche nella prossima stagione, nonostante l’aumento del costo dei tagliandi per le partite. Per un abbonamento alle gare casalinghe del Tottenham di Antonio Conte serviranno oltre duemila sterline, circa 2500 euro, una cifra fuori portata, ma lo show è garantito, gli inglesi pagano per la qualità e questo avviene anche lontano dai confini di Sua Maestà.
L’AIUTINO ARABO (da Abu Dhabi Media) che arriverebbe dai diritti tv, come anticipato da Milano Finanza, con un assegno da 22 milioni di euro annui anche per l’organizzazione della Supercoppa (nuovo format, due semifinali e la finalissima), invece è acqua che non toglie sete alla Serie A, sommersa ancora dai debiti e dalla perdita senza soluzione di continuità di appeal. Soprattutto, ed è l’aspetto più preoccupante, senza una visione d’assieme per rimettere assieme i cocci e rilanciare il suo prodotto, al momento dietro anche a Bundesliga e Liga spagnola in Europa. La traccia per andare oltre la cura dell’orticello della Lega di A non c’è. Nel frattempo, i conti sono conti, si avvicina il calciomercato, l’accesso smisurato alle plusvalenze non è più possibile come in precedenza e serve liquidità: ecco perché i presidenti pensano a quei 270 milioni di euro, che svalutano un prodotto con storia, tradizione, ma che non riesce a rilanciarsi.
Un pacchetto di milioni per un accordo di cinque anni appunto, molti presidenti sono indecisi perché l’appeal della A potrebbe crescere nel futuro a medio termine, ma quei soldi fanno gola.
ANCHE IN QUESTA CHIAVE70 va letto l’accordo che porta il Milan dal fondo Elliott a RedBird, altro colosso del private equity che cerca gloria e magari qualche progetto redditizio in Italia, sulla scia di Stephen Pagliuca (titolare del fondo Bain Capital (gestisce asset per 155 miliardi di dollari) all’Atalanta, che è solo l’ultimo degli investitori americani che scelgono la Serie A. Per un totem del calcio mondiale come il club rossonero c’è stata una valutazione tre volte inferiore rispetto al Chelsea di Abramovich, che l’oligarca russo è stato praticamente costretto a vendere da Boris Johnson e dalla Premier League mentre era seduto al presunto tavolo delle mediazioni tra Russia e Ucraina. E se i beni immobili del Chelsea, il centro sportivo di Cobham e Stamford Bridge sono asset che hanno fatto aumentare il valore del club londinese, la stima per il Diavolo è stata chiaramente al ribasso.
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