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Salta lo «scudo penale» per il personale scolastico

Salta lo «scudo penale» per il personale scolasticoRientro a scuola – LaPresse

Covid Nel «Dl semplificazioni» la norma non c’è. I presidi: «Scarsa attenzione dalla politica». Il movimento «Priorità alla scuola»: «Nelle scuole iniziano ad essere sottoposti ai genitori "patti di corresponsabilità"»

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 18 settembre 2020

Nella conversione in legge del decreto «semplificazioni» la proposta di attenuazione della responsabilità penale di presidi, docenti e personale Ata in caso di contagio da Covid 19 in una scuola non è stata accolta. La questione è emersa quando il decreto è stato pubblicato nella Gazzetta ufficiale di lunedì 14 settembre. Il testo sullo «scudo penale» che non è stato accolto prevedeva che il personale scolastico avrebbe dovuto risponde «verso terzi dei danni limitatamente ai casi in cui la produzione del danno» fosse dovuta “a dolo o colpa grave”. In pratica, la responsabilità di un mancato rispetto delle norme stabilite dal comitato tecnico scientifico e applicate dai protocolli sottoscritti per la scuola sarebbe attribuita a una delle figure della «comunità educante» solo in caso di un contagio avvenuto nell’istituto.

QUESTO PROBLEMA è stato posto già dagli imprenditori in questi mesi e dopo la «riapertura» del 4 maggio. Il 15 maggio l’Inail ha precisato che «dal riconoscimento del contagio come infortunio sul lavoro non deriva automaticamente una responsabilità del datore di lavoro. Non si possono confondere i criteri applicati per il riconoscimento di un indennizzo a un lavoratore infortunato con quelli totalmente diversi che valgono in sede penale e civile, dove l’eventuale responsabilità del datore di lavoro deve essere rigorosamente accertata attraverso la prova del dolo o della colpa». Come è stato chiarito dai giuristi questo non significa evitare l’azione penale per la verifica delle responsabilità. Una nota del Miur del 20 agosto, a chiarimento del protocollo sulla sicurezza del 6 agosto, ha seguito questa impostazione ma non sembra avere rassicurato i presidi: «Siamo estremamente delusi dal mantenimento di un regime punitivo retrogrado che, ben lungi dal garantire ai cittadini una vera tutela, si limita a cercare un capro espiatorio – ha detto Antonello Giannelli dell’associazione nazionale dei presidi – Continueremo la nostra battaglia di civiltà giuridica per affermare il principio della responsabilità sostenibile».

I PRESIDI hanno sollevato un altro problema che riguarda l’obbligatorietà dei certificati medici, annullata l’anno scorso, che gli studenti dovrebbero esibire al rientro di un’assenza per malattia superiore ai tre giorni. Alberto Villani, presidente Società italiana di pediatria e membro del comitato tecnico scientifico, ha osservato che, nel caso dei bambini in particolare, l’esigenza di questo certificato potrebbe imporre un’assenza di oltre una settimana. I tempi per ottenere il tampone, unico strumento ad oggi capace di attestare un contagio da Covid, sono infatti lunghi. Da qui l’esigenza di diffondere i «test rapidi».

IN QUESTE INCERTEZZE si può generare un meccanismo nefasto di scaricabarile fuori e dentro le scuole. Senza contare la trasformazione dello stesso personale scolastico in controllori dei comportamenti sui quali possono scaricarsi anche le tensioni con i presidi. In queste condizioni una semplice febbre, o altre malattie stagionali, tanto negli studenti quanto nei lavoratori, possono fare scattare il panico. Problemi che «possono trasformarsi in odissee burocratiche e interpretative che svuoteranno rapidamente gli edifici scolastici. E per forza di cose, si finisce sui “patti di corresponsabilità” che cominciano a essere consegnati dalle scuole per le firme dei genitori. Norme, pareri, linee guida, ambiguità hanno prodotto disparità e aberrazioni locali in materia di comportamenti da tenere a scuola e di certificati da presentare. In queste condizioni, la parola d’ordine della “responsabilità” diventa solo una declinazione di una minaccia in stile burocratese, per ricadere nel vuoto» ha commentato su Facebook il movimento «Priorità alla scuola» che ha indetto una manifestazione a piazza del popolo a Roma il 26 settembre per chiedere una svolta sull’istruzione, la fine del precariato, regola certe per la vita scolastica e investimenti. Alla manifestazione hanno aderito i sindacati Flc Cgil, Cisl e Uil scuola, Gilda, Snals, Cobas e gli studenti dell’Uds.

LA GIRANDOLA dei numeri sul precariato continua tra il ministero dell’Istruzione e i sindacati. Il primo ieri ha sostenuto che i posti precari sono 130 mila e, ad oggi, sono già state fatte oltre 110 mila assegnazioni. Per la Gilda la realtà è diversa: «Non siamo neanche a metà del guado. Il numero di stabilizzazioni è dimezzato».

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