ExtraTerrestre

Salecina, utopia alpina

Alternative Sul passo del Maloja, nei Grigioni svizzeri, dagli anni ’70 un rifugio «rosso» coniuga cultura, natura e politica. Di qui passarono Frisch, Feltrinelli e Marcuse

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 6 giugno 2019

No Borders- Kein Mensch ist illegal» (nessuno essere umano è illegale). La scritta, visibile anche da lontano, compare nel momento in cui si percorre un sentiero che dal Passo del Maloja, in Svizzera a pochi chilometri dal confine con l’Italia, conduce verso mete escursionistiche come il Lago alpino del Cavolcth o il Ghiacciaio del Forno.

Siamo a 1800 metri di altitudine, tra la Val Bregaglia e l’alta Engadina, nelle terre che furono di Segantini e Giacometti e dove Nietzsche trascorse gli ultimi anni della sua vita, quelli di Così parlo Zarathustra e della follia. Il paesaggio è idilliaco, un vasto altipiano, candido d’inverno e verdissimo in estate, circondato da moli rocciose che superano i tremila metri e dove si dispiega la serie di laghi che accompagnano il viaggiatore verso l’esclusivissima località di Saint Moritz. Un piccolo angolo di paradiso che la moneta svizzera renderebbe proibitivo per i più se non fosse per Salecina, la grande casa sul cui fronte troneggia il messaggio di benvenuto.

SALECINA È UN CENTRO DI STUDIO E VACANZA autogestito che prese vita nell’estate del 1972 su iniziativa di Teho Pinkus e della moglie Amalie Pinkus-De Sassi, vulcanica coppia di comunisti eretici e creativi, immersi nei movimenti operai, femministi e ambientalisti. L’idea era di fecondare la cultura con la natura, creando spazi di incontro, discussione, formazione ma anche svago e immersione nelle bellezze paesaggistiche e che fosse accessibile anche a persone con poche possibilità economiche.
Delle donazioni permisero l’acquisto di una vecchia fattoria e il lavoro di centinaia di volontari internazionali la sua ristrutturazione. Parola d’ordine autogestione, in tutto, dall’organizzazione delle pulizie alla scelta dei temi da discutere: a Salecina non c’è mai stata una regia dall’alto ma una costante tensione al confronto della propria identità rivoluzionaria con quella del mondo fuori, che non era autogestito per niente e che intanto cambiava.

LA GRANDE CASA DI LEGNO E PIETRA nelle giornate di bel tempo è inondata di sole e nello spazio antistante c’è un lungo tavolo fatto per accogliere non solo gli ospiti ma anche chi passa di lì. Da un lato il fienile da cui sono state ricavate le camerate e i bagni, dall’altro l’entrata alla zona giorno con gli spazi comuni: nell’anticamera sono appesi i tabelloni dei turni per le pulizie e la cucina e il calendario degli eventi, in italiano e in tedesco. Sono proprio gli ospiti, con la loro collaborazione e i contributi economici, a sostenere l’idea e la casa. Le tariffe sono basse e strutturate su più fasce per andare incontro a chi ha poco reddito. Esiste anche un fondo speciale per aiutare chi è particolarmente disagiato dal punto di vista economico. Il numero dei posti, una cinquantina, è rimasto sempre lo stesso. La discussione sulla ricettività, sugli interventi strutturali, le voci di bilancio, l’uso dei fondi sono sempre state di dominio pubblico. Questo sforzo costante di auto-osservazione e condivisione si trova nero su bianco nelle pagine nel bollettino quadrimestrale ,che non ha cessato di uscire dal 1979: sfogliarne l’archivio non è solo comprendere l’evoluzione di un progetto condotto per tentativi ed errori socializzati fino all’ultimo dettaglio, ma anche ripercorrere un pezzo di storia, perché Salecina era ed è in un certo senso un’isola, ma la connessione con le grandi tematiche del resto della terra c’è sempre stata. Ed ecco la settimana dell’autodeterminazione femminile, le mobilitazioni sul nucleare dopo Chernobyl, i seminari sui cambiamenti del mondo del lavoro. Una grande foto in bianco e nero dentro la biblioteca mostra Theo Pinkus , segaligno e capelluto, in compagnia del filosofo Herbert Marcuse e dello scrittore Max Frisch, che presero parte a una settimana di seminari politici.

VERSO IL TARDO POMERIGGIO la casa si rianima, sono di ritorno gli ospiti che hanno passato la giornata fuori, chi a fare sci di fondo o di alpinismo, chi a ciaspolare, a fare una cima, un’escursione o semplicemente a conoscere i paesi vicini, raggiunti a piedi o con il servizio pubblico che per chi pernotta almeno due notti è gratis, come il tragitto dall’Italia, e anche un lungo tratto del famoso trenino rosso del Bernina. Chi si era messo nei turni della cucina comincia ad armeggiare con pentole e padelle, altri si rilassano davanti al camino. Si sente parlare tedesco, inglese, francese, italiano.

È curioso venire a sapere che questo covo di sognatori venne sorvegliato dalla polizia cantonale dei Grigioni, che fino al 1989 spiò, annotò e schedò tutti gli ospiti e le attività che vi si svolgevano. Salecina nacque e si sviluppò in un periodo complesso, da una parte e l’altra del confine. In Svizzera stavano cambiando molte cose sul fronte dei diritti civili e del lavoro, mentre in Italia, ancora alle prese con i rigurgiti fascisti, scoppiavano le bombe.

LA STORIA DI SALECINA è stata attraversata anche dalla figura di Giangiacomo Feltrinelli: ossessionato dalla difesa della sinistra, fu forse per questo uno dei misteriosi finanziatori di Salecina, che vedeva come un possibile rifugio per gli attivisti politici italiani. Theo Pinkus e Giangiacomo Feltrinelli erano amici e che l’inquieto editore trascorreva del tempo a Salecina. Fra gli aspetti che hanno sempre visto questo posto all’avanguardia c’è quello ecologico. L’originale ed inquinante riscaldamento a gasolio venne presto sostituito con uno a legna, scelta che costò più dell’acquisto dell’immobile, per poi passare definitivamente e alle fonti rinnovabili. La differenziazione dei rifiuti è rigorosa, i prodotti di consumo sono locali e quando possibile biologici. Anche il sistema delle pulizie è studiato per ridurre al minimo l’impatto ambientale; la sensibilizzazione degli ospiti su risparmio dell’acqua e contro lo spreco è costante. Dagli anni 90 in poi le tematiche più presenti nei seminari e negli eventi sono quelle legate alla tutela dell’ambiente: i territori alpini alle prese con turismo e cambiamenti climatici, i rischi di uno sfruttamento insostenibile delle risorse, la sperimentazione di alternative all’imperativo capitalistico e neoliberale che fa merce dei territori e delle persone.

Come si intuisce dal messaggio di benvenuto che Salecina lancia ai suoi ospiti, non sono mancate negli ultimi tempi le discussioni su temi come l’immigrazione e l’isolamento dell’Europa nei confronti dei fuggitivi. Se ci si chiede se è rimasto qualcosa dello spirito originario di questo luogo, sicuramente una di queste è l’umanità.

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