Salario minimo, l’Ue in dirittura d’arrivo sull’accordo-quadro
Bruxelles Non si tratta di una misura uguale in tutti i paesi, e neppure di un calcolo comune al 60% del salario mediano, ma di un principio di equità, che ogni stato dovrà applicare a modo suo, in base al criterio di sussidiarietà
Bruxelles Non si tratta di una misura uguale in tutti i paesi, e neppure di un calcolo comune al 60% del salario mediano, ma di un principio di equità, che ogni stato dovrà applicare a modo suo, in base al criterio di sussidiarietà
I sei mesi di presidenza francese della Ue stanno per scadere a fine mese e Parigi vorrebbe concludere con una vittoria: far passare l’accordo-quadro sul principio di salario minimo europeo. Da metà gennaio, dopo il via libera del Consiglio, il testo della direttiva della Commissione, presentato in una prima versione nell’ottobre 2020, è in discussione sotto formato «trilogo» (Commissione, Consiglio, Parlamento), alla ricerca di un compromesso accettabile da tutti.
Il negoziato riprende a Strasburgo questo lunedì, nel tardo pomeriggio, ai margini della plenaria dell’Europarlamento. Non si tratta di un salario minimo comune, uguale in tutti i paesi, e neppure di un calcolo comune al 60% del salario mediano, ma di un principio di equità, che ogni stato dovrà applicare a modo suo, in base al criterio di sussidiarietà. L’obiettivo è sradicare il dramma dei lavoratori poveri, che nella Ue restano numerosi: uno su sei ha un salario basso, che non permette di vivere, e il 60% di questi sono lavoratrici.
«I lavoratori hanno diritto a salari equi che assicurino un livello di vita decente», dice il “principio” n.6 della base dei diritti sociali europei. Dal 2017 la discussione è aperta, tra paesi che vengono da storie diverse, che hanno sistemi e mercati del lavoro differenti.
Tra i 27 paesi Ue, 21 hanno un salario minimo, stabilito su base legale per tutti i lavoratori. Nei rimanenti sei – Austria, Danimarca, Cipro, Finlandia, Svezia e Italia – i salari sono stabiliti attraverso trattative di categoria. Nella Ue, si va dal salario minimo della Bulgaria, 332 euro, a quello del Lussemburgo, 2.257 euro, con un rapporto da 1 a 7. In 13 paesi il salario minimo è sotto i mille euro. I salari minimi più alti sono, dopo il Lussemburgo, in Irlanda, Olanda e Belgio. In Francia, il salario minimo è a 1.302 euro netti (1.645 lordi) per 35 ore e quest’anno, a causa dell’inflazione, è già stato aumentato due volte in modo automatico (il minimo orario a maggio era a 10,85 euro netti). Il salario minimo è argomento di dibattito nella campagna elettorale in corso per le legislative francesi del 12 e 19 giugno: la Nupes, l’accordo dei partiti di sinistra dietro la France Insoumise, propone uno Smic a 1.500 euro.
«L’accordo è difficile – spiega Laurent Berger, segretario della Cfdt – perché i sistemi sono molto differenti. Anche alla Ces (Confederazione europea dei sindacati) il dibattito è complicato. Ogni paese dovrà riflettere su come applicarlo una volta approvata la direttiva». Il padronato è contro, soprattutto nei paesi dell’est. Nei paesi nordici c’è forte opposizione perché i sindacati temono per la qualità del dialogo sociale, hanno paura che l’intervento dello stato indebolisca la trattativa, che i salari vengano schiacciati su quello minimo.
Rispetto all’ingerenza delle leggi europee nel mondo del lavoro, in Svezia, c’è il brutto ricordo del caso Laval del 2007, quando la Corte di Giustizia europea aveva dato torto ai lavoratori che avevano bloccato il cantiere navale per costringere l’imprenditore, un lituano, a trattare e firmare un accordo di categoria: i giudici europei hanno giudicato l’azione illegale perché contraria alla libertà dei servizi nella Ue.
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