Europa

Salah, il primo jihadista pentito

Salah, il primo jihadista pentitoPresidio mediatico di fronte alla casa in cui è stato preso Abdeslam a Molenbeek, Bruxelles – Lapresse

Belgio Interrogato dagli inquirenti di Bruxelles, la presunta mente dell’attentato di Parigi starebbe «collaborando con la giustizia belga». Il suo difensore si oppone all’estradizione in Francia

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 20 marzo 2016

Abdeslam Salah potrebbe essere il primo pentito nella storia del terrorismo jihadista. Sta «collaborando con la giustizia belga», ha riferito il difensore del 26enne, il belga Sven Mary che si oppone all’immediata estradizione in Francia: «Basta inginocchiarsi davanti alla Francia, bisogna smetterla di vivere con questo sentimento di colpa che sembriamo avere qui verso la Francia, dopo gli attentati. Si ha l’impressione che sia sufficiente che faccia schioccare le dita – ha detto l’avvocato intervistato dal quotidiano La Derniere Heure dopo il primo interrogatorio del suo assistito -. C’è prima un dossier in Belgio da gestire e analizzare».

Abdeslam Salah e il suo complice Amin Choukri, entrato in Europa passando da Lesbos il 20 settembre 2014 e arrestato anche lui nel blitz di venerdì, sono entrambi ufficialmente incriminati dalla Procura di Bruxelles per «stragi terroristiche e partecipazione ad attività di un gruppo terroristico». Per Amid Aberkan, l’amico di Abdeslam che lo ha nascosto prima nella sua macchina e poi nella cantina di casa di sua madre in rue des Quatre-Vents a Molenbeek, l’accusa è di «partecipazione alle attività di un gruppo terrorista e favoreggiamento di ricercati».

Dall’ospedale di Saint-Pierre, Salah Abdeslam e Amine Choukri sono stati portati ieri mattina in ambulanza agli uffici della polizia federale per essere interrogati. Abdeslam ha risposto alle domande degli inquirenti: ha ammesso di trovarsi a Parigi la sera degli attentati del 13 novembre e ha spiegato al giudice perché non si è fatto esplodere allo Stade de France, come invece ha fatto suo fratello, Brahim, che si è fatto saltare in aria fra i café di Parigi senza fra l’altro fare vittime. «Non dirò altro per il momento – ha spiegato poi il legale – perché è troppo presto. In ogni caso in mio assistito non è rimasto in silenzio di fronte al giudice». Nel tardo pomeriggio i due terroristi sono stati trasferiti nel carcere di massima sicurezza di Bruges, nel nord del Belgio, che dispone delle strutture mediche per assistere Abdeslam, ferito a una gamba durante la cattura.

Il Belgio manterrà comunque a 3 il livello di allerta terroristica, ha annunciato il premier belga Charles Michel dopo la riunione del Consiglio nazionale di Sicurezza. Alcuni complici degli attentatori sono ancora alla macchia o devono essere identificati. In testa alla lista c’è Mohamed Abrini, l’uomo di 30 anni filmato in compagnia di Abdeslam in una stazione di servizio dell’Oise, 30 chilometri a nord di Parigi, all’indomani delle stragi. Poi c’è Soufiane Kayal, di cui non si conosce la vera identità, che era entrato in Belgio con Mohamed Belkaïd, l’uomo ucciso martedì scorso nell’operazione di Forest. Infine sono ancora ricercati i fratelli Fabien e Jean-Michel Clain, la cui voce è stata identificata su una registrazione audio di rivendicazione degli attentati di novembre.

Un arresto annunciato
In molti avevano predetto che l’arresto di Salah Abdeslam sarebbe stato questione di tempo. Le indiscrezioni di metà gennaio davano per certi i contatti fra i familiari di Abdeslam e l’eccentrico avvocato quarantenne bruxellese Sven Mary, lasciando intendere come imminente la consegna alla giustizia del fuggitivo. Proprio ieri la famiglia di Abdeslam ha fatto sapere di sentirsi «sollevata» dall’arresto, perché è stato preso vivo e perché finalmente la caccia all’uomo si è conclusa.

127 giorni di fuga
La fuga di Salah Abdeslam inizia il giorno dopo gli attentati. Una latitanza durata quattro mesi che ha messo in discussione l’efficienza dei servizi segreti di mezza Europa. Dopo aver partecipato (e forse coordinato) agli attentati, la sera del 13 novembre, il fuggitivo non raggiunge i suoi complici nel covo di Saint Denis, dove avviene il blitz delle forze speciali francesi con la morte dei presunti attentatori, fra cui Abdelhamid Abaaoud, anche lui presunto coordinatore degli attentati. Salah chiama due amici, Mohamed Amri e Hamza Attou (tutt’ora sotto custodia cautelare), che lo riconducono a Bruxelles. Durante questo tragitto, l’auto con i tre uomini a bordo viene controllata più volte dalla polizia francese, ma il nome di Salah Abdeslam non figura ancora nella lista dei possibili attentatori.

La mattina del 14 novembre Salah viene depositato a Laeken, alla periferia di Bruxelles, poi forse a Schaerbeek, dove viene individuato il covo dove sono stati fabbricati gli esplosivi delle stragi di Parigi. Da questo momento in poi si perdono le sue tracce. Le dichiarazione del ministro degli interni del governo belga, Jan Jambon, lasciano presagire che il fuggitivo si trovi ancora a Bruxelles e probabilmente nel comune di Molenbeek. «Siamo convinti che il sostegno di cui gode Salah Abdeslam in seno alla comunità musulmana è più ampio di quanto immaginavamo», aveva dichiarato il ministro alla televisione pubblica di lingua fiamminga Npo1 a inizio gennaio. Una dichiarazione che ha messo in imbarazzo non solo la comunità di religione musulmana, ma anche l’efficacia dei servizi di sicurezza belgi, fra l’altro non in ottima luce dopo la notizia della presunta fuga di Salah attraverso un falso trasloco durante un controllo delle forze speciali di dicembre scorso.

La svolta arriva poi nel blitz nel comune di Foret, quartiere a sud di Bruxelles. In quello che ad oggi sembra essere stato un banale controllo durante le indagini congiunte della polizia belga e francese, gli agenti si imbattono, senza saperlo, in ciò che resta del commando del 13 novembre. Mohamed Belkaid, altra presunta mente degli attentati, viene ucciso dalle forze speciali. Altri due presunti jihadisti (di cui non si conosce ancora l’identità) vengono intercettati e arrestati.

È questa la pista giusta per l’arresto di Salah Abdeslam che non aveva mai lasciato il territorio di Molembeek, sicuro che solo qui avrebbe potuto trovare rifugio e protezione. Il 18 febbraio alle ore 17 le forze speciali anti-terrorismo lo arrestano nella casa di un amico d’infanzia, a 500 metri dal suo domicilio.

I punti oscuri
Molte domande devono ancora trovare risposta nelle indagini. Prima di tutto se la cellula terroristica della capitale belga sia stata definitivamente smantellata e se quest’ultima è stata la mente degli attentati di Parigi del 13 novembre scorso. Quali i collegamenti, presunti, fra gli attentatori (in maggior parte foreign fighters di ritorno dalla Siria) e i vertici dello stato islamico.

Le indagini dovranno poi fare luce sul ruolo di Salah Abdeslam negli attentati di Parigi del novembre scorso. Su chi erano i complici che da Bruxelles coordinavano l’azione, a cui era destinato il messaggio «Siamo pronti, si parte» partito la sera del 13 novembre dal cellulare da uno dei componenti del commando che ha fatto 93 vittime al Bataclan, e se fra questi c’è Mihamed Belkaid.

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