Internazionale

Sabha, la fortezza nel deserto degli schiavi

Sabha, la fortezza nel deserto degli schiaviAll’interno di un centro di detenzione libico

Migranti Più di mille le persone arrestate nelle ultime ore dai guardacoste libici. Condizioni disumane nei campi, gli aguzzini sono milizie ora 'regolari'. La denuncia di Medu, l’organizzazione dei medici per i diritti umani, che ha raccolto 2mila testimonianze

Pubblicato circa 7 anni faEdizione del 19 settembre 2017

Torturati dai trafficanti di esseri umani e ora ridotti in schiavitù anche dai miliziani “regolari”. L’accordo dell’Italia con la Libia, spinto dall’Ue, mostra il volto disumano di un occidente che come unico obiettivo ha quello di respingere, costi quel che costi. A denunciare quanto sta accadendo è Medu, l’organizzazione dei medici per i diritti umani, che ha raccolto 2mila testimonianze nei campi dove le milizie libiche rinchiudono i migranti che vengono fermati dalla guardia costiera nordafricana, al largo delle coste. Sono più di mille le persone arrestate nelle ultime ore dai guardacoste libici, secondo quanto riporta il sito Libya Herald. Otto imbarcazioni che trasportavano mille e 74 persone sono state intercettate in mare vicino a Sabratha.

In totale i migranti bloccati dai libici in diverse operazioni sono circa tremila in una settimana, il numero più elevato da metà luglio, segnale che la rotta tra Libia e Italia non si è chiusa nonostante il calo dei flussi migratori verso il nostro Paese. Medu denuncia che i migranti soccorsi vengono poi richiusi in centri di detenzione dove vivono in condizioni spaventose. In particolare a Sabha, una sorta di fortezza nel deserto nel sud-est della Libia. Il campo, denuncia l’organizzazione, è circondato da filo spinato, con i miliziani armati di mitragliatrici lungo tutto il perimetro. All’interno ci sono due settori separati: uno per gli uomini, l’altro per donne e bambini. Qui, secondo Medu, si consumano le atrocità. I migranti vengono poi rimpatriati con l’aiuto dell’organizzazione internazionale delle migrazioni oppure liberati e lasciati nuovamente in balia dei trafficanti e delle milizie. Secondo i dati del Viminale, da metà luglio a oggi in Italia sono arrivare “soltanto” 6.500 persone, il 15 per cento della media del periodo dal 2014 al 2016. Un calo dovuto proprio all’accordo italo-libico sula gestione dei migranti, che però, in base alla denuncia di Medu, nasconde una realtà fatta di orrore e maltrattamenti di chi viene intercettato e spedito nei lager. Dall’inizio dell’anno gli sbarchi, in base ai dati del ministero degli interni, sono stati 100.541, il 22 per cento in meno rispetto allo stesso periodo dello scorso anno, quando sulle nostre coste arrivarono 129.225 persone. Numeri che dimostrano come migliaia di persone, subsahariani e non solo, rimangano intrappolate in Libia, in mano a trafficanti e milizie.

Di atrocità nei confronti dei migranti parla anche Pietro Bartolo: viaggi di ritorno dall’inferno e testimonianze dell’orrore che il medico del documentario “Fuocoammare” ha raccolto dalle brandine del presidio sanitario di Lampedusa, dove più che le ferite nei corpi, Bartolo ha curato le anime dei sopravvissuti alla morte, ma non alle violenze che si portano dentro. Perché “non è vero che i migranti trasportano malattie gravi, la vera malattia che hanno è il disagio psicologico”, denuncia il medico. “Subiscono violenze inaudite, mi risultano casi di persone che sono state torturate, sulla loro pelle i segni di scuoiamento”. Bartolo insiste: tutte le donne che sbarcano a Lampedusa, provenienti dalla Libia, hanno subito violenza sessuale, alcune di loro riferiscono di essere state trattate con terapie ormonali per evitare che restassero incinta e per poter essere successivamente vendute come prostitute. “In Libia i neri non hanno lo status di essere umano, le donne vengono considerate una sottospecie”, accusa il medico.

In Libia sono decine i centri non ufficiali dove vengono rinchiusi i migranti che vengono torturati e umiliati quando non vengono barbaramente uccisi. Solo a Tripoli se ne contano tredici; bambini, donne e uomini vengono rinchiusi in contenitori di lamiera, stipati come bestie, dove lo spazio è talmente minimo che per sdraiarsi e dormire i migranti si alternano. Chi si ammala è destinato a morire perché in questi lager i medici non possono entrare. Gli accordi con la Libia tra l’altro vengono raggirati dai trafficanti che si spostano da un città all’altra. Se fino a poco tempo fa erano Zawhia, a circa 50 Km da Tripoli, o Sabratha gli avamposti dei lager messi in piedi dalle organizzazioni criminali, molti trafficanti si stanno spostando in altre zone, come quella di Garabulli, a un centinaio di chilometri più a est, sfruttando la confusione che regna nel paese nordafricano. Il ministero degli interni di Ankara ha reso noto che oltre 10 mila migranti e rifugiati sono stati fermati dalle autorità della Turchia nell’ultima settimana mentre tentavano di attraversare le frontiere con l’Unione europea o di entrare nel Paese. Su 10.071 persone bloccate, Ankara sostiene che 665 sono state intercettate in mare. Nello stesso periodo sarebbero stati fermati 93 presunti trafficanti di migranti. Le cifre sono in netto aumento rispetto agli ultimi mesi. In particolare, appare sempre più battuta la rotta del mar Nero, che dal nord della Turchia conduce sulle coste di Bulgaria e Romania.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento