Cultura

Saba e la bottega dei miracoli

Saba e la bottega dei miracoliStuparich e Saba

Luoghi della memoria La storica libreria appartenuta al poeta è a rischio chiusura. Non si hanno più notizie dei fondi stanziati dal ministero per salvarla dall'oblio

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 15 aprile 2014

Quando Umberto Saba, passeggiando per le vie di Trieste nel 1919, vide per la prima volta la libreria antiquaria di via San Nicolò, la definì un «antro oscuro», in cui non si sarebbe mai augurato di passare l’esistenza. Pochi giorni dopo, il poeta triestino, tra i massimi del Novecento italiano, decise invece di acquistarla grazie all’eredità di una zia defunta. Mai avrebbe immaginato, come ammetterà lui stesso, che quello che doveva essere solo un investimento economico, sarebbe invece diventato il suo amato rifugio. E non solo il suo. La «Libreria Antica e Moderna», come egli la chiamò, divenne presto a Trieste il punto d’incontro di intellettuali e artisti, tra cui Svevo, Stuparich, Giotti e Carlo Levi.

Oggi la Libreria antiquaria Umberto Saba, per quanto continui nella sua attività commerciale, è a rischio chiusura. Potrebbe finire nell’oblio insieme alla sua storia, senza che nessuno vi ponga rimedio in tempo. Lo stesso destino è già toccato ad altri luoghi storici italiani: la libreria «Guida» di Napoli, la cui attività sopravvive solo online, o la libreria romana «Croce» di Corso Vittorio Emanuele che, sebbene dichiarata dall’Unesco patrimonio dell’umanità, è stata riaperta in tutt’altra sede, dopo un doloroso sfratto.

L’attuale proprietario e «conservatore» unico della libreria triestina è Mario Cerne, un uomo anziano e stanco che ha dedicato a questo luogo denso di memoria l’intera sua vita. Mario è figlio di quel «Carletto» che, assunto dapprima come commesso dallo stesso Saba, sarà poi per lui una specie di figlio adottivo. Quando, al ritorno da Parigi nel 1938, il poeta troverà un’Italia dilaniata dalle leggi razziali, in quanto ebreo discriminato cederà la sua quota al fedele Carlo Cerne, che gli farà da prestanome in una vendita fittizia. Nel dopoguerra, Saba, rientrato in possesso della libreria, renderà socio l’ex-commesso, il quale – dopo la sua scomparsa avvenuta nel 1957 – ne diventerà infine l’unico proprietario.

Nel 1981 Cerne morì e a lui subentrò come unico erede il figlio Mario, che da allora ne sta continuando l’attività, lottando perché non se ne perda il nome e, soprattutto, la storia. Nel 2012 la libreria ha ottenuto dallo Stato il vincolo come «studio d’artista», grazie all’impegno presso il ministero di Giangiacomo Martines, allora direttore regionale per i Beni culturali. E nel 2013 sono stati promessi i primi stanziamenti, pur se non immediati.

Il ministero dei Beni culturali prevede, tra un capitolo e l’altro di spesa, l’assegnazione di novantamila euro in due anni: quarantamila euro per il restauro dei beni «cartacei» e altri cinquantamila per quello dell’immobile, entrambi da erogarsi in due successivi stanziamenti nel 2014 e nel 2015.

In quella stessa occasione, il direttore della soprintendenza Martines annunciò un documento d’intesa – era già pronto, solo in attesa di firma – finalizzato a coordinare le competenze delle istituzioni coinvolte nella conservazione della libreria: oltre alla sovrintendenza, alla Regione e al Comune, anche la Comunità ebraica di Trieste, in quanto attuale proprietaria dell’immobile. Nell’ottobre del 2013 la libreria è stata, in effetti, al centro di un accordo per la tutela e la valorizzazione, siglato dalla Regione Friuli Venezia Giulia con il comune di Trieste.

Secondo quanto dichiarato allora dall’assessore regionale alla cultura, Gianni Torrenti, le istituzioni si erano accordate con quell’atto «per iniziare a lavorare sulla libreria che fu del poeta e che già gode di due protocolli di conservazione e tutela. Un passo in più che entra nel merito della tutela dei volumi e favorisce le ricerche utili a comprendere quali libri fossero di proprietà dello stesso Saba, pur salvaguardando l’attività commerciale, che stava nelle corde del poeta».

Oggi, a sei mesi da quell’accordo, siamo tornati nella libreria e abbiamo trovato il suo conservatore, Mario Cerne, più disincantato e deluso che mai. Cosa è successo nel frattempo? «Nulla – dice – Non ho più visto né sentito nessuno. L’unico che inizialmente si era occupato con molto impegno della ’Saba’, il direttore della soprintendenza Martines, è andato in pensione. Per il resto, ho ricevuto soltanto la visita di una cooperativa, mandata per effettuare il preventivo di un lavoro di pulitura sui libri appartenuti al poeta e su quelli di particolare rilievo. Tuttavia, non esiste una catalogazione per distinguere questi libri dagli altri e io non ho le competenze e gli strumenti per effettuarla. Perciò, le due persone inviate per il preventivo del restauro, se ne sono andate senza concludere niente».

Anche per quanto concerne lo stanziamento dei novantamila euro, Cerne è ancora in attesa: non se ne sa più nulla. Ciò che preoccupa è, al di là di riconoscimenti, accordi e promesse di finanziamento, la gestione diretta della libreria. Una volta che questo signore di settant’anni deciderà o si vedrà costretto a ritirarsi, quella che Saba definiva la sua «bottega dei miracoli» cesserà di esistere. Nessun ente o privato è interessato a rilevarne la gestione o, quanto meno, disposto a parteciparvi concretamente. Di fatto, l’unico che ogni giorno alza e abbassa le serrande della libreria è ancora, solo e unicamente, il figlio del Carletto di Saba.

Quotidianamente, qui vengono intere scolaresche in visita e questo nonostante molti avventori, domandando agli addetti dell’ufficio turistico dove si trovi la libreria di Umberto Saba, abbiano ricevuto come risposta un’alzata di spalle.

Un destino triste, quello dell’oblio, per il luogo dove Italo Svevo si recava ogni sera, a raccontare all’amico poeta delle sue ultime imprese commerciali e al quale lo stesso Saba dedicò nel 1948 la sua Storia di una libreria.

Oggi, questa realtà fondamentale per l’identità di Trieste rischia, come altre in Italia, di scomparire ed essere l’ennesima vittima della disattenzione generale verso tutto ciò che è cultura. Nell’augurarci che questo non accada, ci accodiamo agli altri che ne hanno raccontato la storia, con la speranza che qualcuno ci ascolti e si faccia avanti.

 

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