Cultura

S. A. Cosby e il ritorno al futuro del Sud, tra caos e razzismo

S. A. Cosby e il ritorno al futuro del Sud, tra caos e razzismoLa «strada dei motel» in una città del Wyoming Getty Images

L'intervista Parla lo scrittore della Virginia, tra le nuove voci del noir Usa, autore de «Il sangue dei peccatori» (Rizzoli). Il primo sceriffo afroamericano della contea di Charon indaga su una serie di omicidi di ragazzini neri. «La tradizione del "gotico sudista" esprime sul piano narrativo la corruzione e il degrado della moralità che traggono origine dal "peccato originale" della schiavitù e della Guerra civile». «Il "mio" Titus che fa l’agente è criticato come Kamala Harris? Se sei nero e indossi una divisa puoi essere visto come "il nemico" dai tuoi, ma puoi anche darti da fare per aiutare la comunità»

Pubblicato circa 2 ore faEdizione del 1 ottobre 2024

«Sangue e lacrime. Violenza e caos. Amore e odio. Su queste pietre era stato edificato il Sud. Su tali fondamenta poggiava Charon». Una cittadina delle campagne della Virginia, dominata dall’ombra di un razzismo che appare eterno, segnata dalla presenza di una religione spesso altrettanto fanatica, è scossa dalla scoperta di una lunga serie di terribili omicidi: le vittime sono ragazzini neri, rapiti e sottoposti a torture indicibili. Mentre ad indagare è il primo sceriffo afroamericano della Contea, l’ex agente dell’Fbi Titus Crown che ha lascito l’agenzia federale per fare ritorno nella città dove è nato. Ne Il sangue dei peccatori (traduzione di Giuseppe Manuel Brescia, Rizzoli, pp. 388, euro 19) lo scrittore S. A. Cosby, nato e cresciuto in Virginia e affermatosi come una delle nuove voci del noir statunitense dopo aver fatto mille lavori – il suo Legittima vendetta (Rizzoli, 2023) ha ricevuto diversi premi negli Stati uniti – intreccia l’indagine criminale con la riflessione storica, l’attualità di temi quali la violenza delle forze dell’ordine e il razzismo che riaffiora in piena luce nel dibattito pubblico con l’eredità velenosa di un passato mai assunto e tutt’altro che superato. Un noir potente e suggestivo che illumina di una luce sinistra e inquietante questa vigilia del voto americano.

S. A. Cosby foto di Sam Sauter

Il protagonista de «Il sangue dei peccatori», Titus Crown, è il primo sceriffo afroamericano della cittadina di Charon, in Virginia, che vanta come tutto il Sud un terribile passato di razzismo e violenza verso i neri. Partiamo da questo personaggio: la sua figura rappresenta una sfida implicita alla realtà nella quale opera? Lei come lo ha concepito?
Penso che in realtà Titus sia prima di tutto una sorta di versione idealizzata della figura di un agente di polizia che avrei voluto esistesse davvero nel mondo reale. Ma purtroppo non si tratta di qualcuno che esiste effettivamente, perciò ho scelto di fare ricorso alla mia immaginazione per dargli vita e fargli dire e fare cose che ritengo giuste e necessarie. Sulla scia dell’omicidio di George Floyd (avvenuto a Minneapolis il 25 maggio del 2020 e parte di una lunga serie di morti violente di uomini neri per mano della polizia), volevo indagare a mio modo sul comportamento delle forze dell’ordine e su come si possa trovare ad operare in tale contesto una persona consapevole o che è mossa dalle migliori intenzioni.

Titus indaga su un gruppo di serial killer che torturano e uccidono ragazzini neri: la violenza di cui sono vittime questi ultimi fa eco alle sofferenze inflitte per generazioni ai loro avi?
Si tratta senza dubbio di una metafora di quel tipo di conflitto di cui gli afroamericani hanno sofferto fin dalla fondazione di questo Paese, generazione dopo generazione. Ho cercato per questa via di esprimere il sentimento del dolore che vive nei nostri cuori per un Paese che amiamo spesso profondamente, ma che non sempre ci ricambia allo stesso modo.

La religione è una presenza ossessiva della realtà che descrive nel romanzo – Chiese con i serpenti, predicatori razzisti, rigida divisione tra bianchi e neri nei culti. Un’immagine inquietante della fede che ha tratto dalla realtà in cui vive?
La religione rappresenta qualcosa di veramente complicato nel Sud degli Stati uniti. Può portare conforto e pace ma può anche essere usata per manipolare e dividere le persone. Ed effettivamente entrambe queste prospettive rappresentano qualcosa che ho visto con i miei occhi, che ha preso forma anche intorno a me. Sono cresciuto nella comunità di una Chiesa Pentecostale e definirei complesso il mio rapporto con la fede, diciamo che ritengo che in tali realtà possa albergare l’ipocrisia quanto la santificazione.

Nel romanzo si avverte la presenza della tradizione del gotico sudista, un’atmosfera morbosa e inquietante che permea ogni cosa. Personalmente come guarda a questa eredità stilistica, ma anche in qualche modo «politica»?
Penso che la tradizione del southern gothic esprima sul piano letterario la corruzione e il degrado della moralità delle regioni meridionali del Paese che traggono origine dal «peccato originale» della schiavitù e della Guerra civile. Più in generale, per una persona che come me si sente di essere un figlio del Sud, in particolare della Virginia rurale, questi luoghi sono carichi di simboli e significati: quasi una panoplia di culture, storie e persone. È ciò che rende affascinante queste zone, che sono però al tempo stesso in qualche modo infestate dal sangue che vi è stato versato e che ne imbeve ancora l’anima. Per parafrasare James Baldwin, è perché amo il Sud che mi riservo il pieno diritto di criticarlo onestamente e anche in modo radicale.

Nella trama de «Il sangue dei peccatori» sembrano riuniti molti degli elementi su cui l’America si sta interrogando in questo momento: il riemergere in primo piano del razzismo, la violenza delle forze dell’ordine, il peso della religione nello spazio pubblico. In questo senso, il romanzo poliziesco può rappresentare una forma di indagine sociale, e in che misura?
Sono più che convinto che la letteratura poliziesca e il noir incarnino nel migliore dei modi la forma di un romanzo sociale che ci permette anche di esaminare in profondità la condizione umana. Anzi, arriverei a dire che il romanzo poliziesco è il vangelo dei diseredati.

La cittadina di Charon, dove si svolge la storia, rappresenta un microcosmo completo, con un proprio presente ma anche una complessa memoria. Come si costruisce una realtà narrativa del genere, con quanta parte di ispirazione dal mondo reale?
Credo che le città siano proprio come le persone, portano con sé ogni sorta di storie e leggende. E in più raccolgono molte esperienze diverse osservate attraverso molteplici punti di vista. Quindi, proprio come accade per un personaggio, quando «metto in scena» una cittadina come Charon, parto dal raccogliere questi diversi punti di vista per intrecciarli poi alla mia immaginazione e cercare di creare un contesto che esprima un’atmosfera complessa e ricca di sfumature. In questo caso, l’idea originale era quella di usare l’ambientazione nella contea di Charon come un microcosmo per parlare della brutalità della polizia, ma poi via via mi sono reso conto di non avere sufficiente distanza emotiva per scrivere con obiettività dell’argomento, e così ho ritrovato temi che mi sono più abituali come la religione, il razzismo, il sesso, senza che l’ispirazione originale perdesse di senso.

Visto che siamo alla vigilia del voto per la Casa Bianca, si può osservare come la figura di Titus possa ricordare quella di Kamala Harris: lui è accusato dai suoi di essere uno «Zio Tom», lei di non essere abbastanza di sinistra per il suo passato da procuratore generale della California. Cosa ne pensa?
In effetti, comprendo questo tipo di confronto, il paragone che suggerisce la sua domanda. Dal mio punto di vista è però fondamentale chiarire un elemento, rispetto al ruolo che un nero può avere nelle forze dell’ordine, come al vertice della Giustizia. Certo, se sei afroamericano e indossi una divisa puoi essere visto come «il nemico» dai tuoi, ma al tempo stesso puoi anche essere qualcuno che sta facendo del proprio meglio per aiutare il resto della comunità.

Più in generale, il Sud che racconta nei suoi romanzi sembra muoversi costantemente tra passato e presente, tra spinte al cambiamento e la pesante eredità del passato – come i sostenitori dei monumenti ai confederati in questo libro. Il Sud come guarda al voto del 5 novembre? E lei?
Cosa posso dire? Che spero davvero che finalmente smetteremo di guardare al passato. E Trump, che ha ridato voce apertamente alle opinioni razziste, sembra uscire dal quel passato. Vivo in una piccola città dove c’è ancora una statua eretta per celebrare i confederati e che sorge di fronte al tribunale dove vengono giudicati i casi penali e civili che riguardano tutti noi. Ho frequentato una scuola che portava i nomi di due figure cardine di quel mondo, Robert E. Lee e Stonewall Jackson, che se solo avessero potuto avrebbero continuato a mandarmi fino ad oggi nei campi a raccogliere cotone. Su ogni zolla di terra su cui cammina oggi un paladino della Confederazione razzista che difese la schiavitù, qualcuno che mi somiglia ha sanguinato, ha lavorato, ha pianto, ha sudato ed è morto. Per questo, che io sia dannato se mi arrendo e sono disposto a cedere loro anche solo un millimetro. Ecco, è questo lo spirito con cui guardo al voto.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento