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Ryuichi Sakamoto e Alva Noto, viaggio nel mondo della penombraUna discografia imponente ma soprattutto una carriera che prende due strade parallele e al contempo speculari: l’autore di album pop e colonne sonore raffinatissime e lo sperimentatore di suoni, enigmatico, spesso cupo e mai banale. Ryuichi Sakamoto – che si è spento a 72 anni dopo una battaglia decennale contro il cancro – ha saputo attraversare oltre quarant’anni di carriera, sempre sul filo della ricerca anche quando le composizioni si misuravano su territori squisitamente pop. Schivo: «Sono una persona timida, non esibizionista e non sono abituato, né amo, mostrare la mia vita quotidiana», sottolineava sovente nelle interviste, il compositore giapponese ha giocato con la musica mescolando suoni elettronici occidentali affiancandoli a suggestioni etniche. Spesso sparigliando le carte, de l’Ultimo imperatore raccontava che in realtà a scrivere le parti più orientaleggianti non era stato lui bensì David Byrne. Un sound eclettico, sempre, anche nelle operazioni meno riuscite – ma mai ridondante, anzi il suo stile gli imponeva più sottrazioni che aggiunte nelle partiture. Dagli esordi con la Yellow Magic Orchestra al grande schermo, le collaborazioni e l’attivismo ambientalista
Nato a Nakano (Tokyo) nel 1952, era stato un componente degli Yellow Magic Orchestra, gruppo a livello mondiale fra i più innovativi nel campo della musica elettronica sposata a techno, house e hip hop. Il debutto solista – Thousand Knives (1978) è curioso ma acerbo, decisamente più riuscito B-2 Unit (1980) dove il technopop sperimentato con la Yellow Magic Orchestra osa aprirsi ai margini dell’avanguardia. Il 1983 è un anno fondamentale per la sua carriera, firma la sua prima colonna sonora per Merry Christmas, Mr. Lawrence di Nagisa Oshima e debutta come attore al fianco di David Bowie: «Il cinema è da sempre una grande fonte di ispirazione per me. Tutta la mia musica la concepisco come fosse una colonna sonora senza film» sottolinea. Recitare, invece, «È una cosa che non ho cercato. Ho accettato di farlo solo perché me l’hanno chiesto registi che ammiro moltissimo, come Nagisa Oshima o Bernardo Bertolucci».

Sakamoto e David Bowie in “Merry Christmas, Mr. Lawrence” (1983)

QUELLA per Merry Christmas, Mr. Lawrence (in Italia esce con il titolo Furyo) è una colonna sonora in cui per la prima volta recupera materiali della tradizione giapponese associandoli con la grande orchestra, e dove appare uno dei brani più celebri, Forbidden Colours affidato alla voce profonda ed espressiva dell’ex Japan David Sylvian, composizione che riprenderà spesso in altri suoi lavori. Una ricerca inesauribile – quella di Sakamoto – che sviluppa di album in album, rilasciati anche a breve distanza l’uno dall’altro: nel 1984 con Illustrated Musical Encyclopedia si spinge verso la fusione di brani melodici o all’insegna di un jazz orchestrale, o in suite minimaliste, come Paradise Lost.
Neo Geo (1987) è tra i suoi album declinati su sentieri pop, sicuramente più riusciti. Registrato negli Stati uniti è prodotto da Bill Laswell che trasporta Sakamoto su orizzonti addirittura funky, richiami all’elettronica di Holger Czukay e alla world music di Peter Gabriel. Negli anni, emerge come un compositore moderno, in grado di sfruttare al meglio le apparecchiature dello studio elettronico e di progettare scenari multimediali. Stringe amicizie e collaborazioni importanti con Iggy Pop, David Bowie, Youssou N’Dour, Thomas Dolby, David Byrne, Hector Zazou che impreziosiranno due album pop, piccoli capolavori fra gli ottanta e i novanta: Beauty (1989) e Heartbeat (1992).

PARALLELA e intensa la creatività del musicista di Tokyo produce anche fortunati abbinamenti con il cinema (ne scrive in pagina Cristina Piccino): da L’ultimo imperatore – composta per metà con David Byrne – che gli farà vincere un Oscar, senza dimenticare ancora con Bertolucci Il tè nel deserto (1990) e Il piccolo Buddah (1993) che chiude la trilogia con il regista italiano. «Scrivere musiche per film, su commissione, è una cosa diversa – spiega – ma in realtà quando sei dentro il lavoro compositivo non sei più in grado di distinguere il motivo che c’è sotto». L’amore verso l’elettronica favorisce nei primi duemila l’incontro con il maestro tedesco Carsten Nicolai al secolo Alva Noto: a Vrioon (2003) – dove tocchi di pianoforte classico si alternano a sonorità liquide ipnotiche e suadenti, si aggiunge Insen (2005). Sakamoto si spinge verso il Brasile – già affrontato in Smoochy (1997) dove è inserito il gioiellino Tango (ne esiste anche una versione italiana tradotta da Samuele Bersani reintitolata Isola (Tango) e interpretata da Ornella Vanoni) e accoglie la proposta di Jacques e Paola Morelenbaum per due album (bellissimi) tributo alla bossa nova e a Antonio Carlos Jobim, pubblicati a nome Morelenbaum2-Sakamoto.

GLI ULTIMI ANNI vedono Sakamoto proseguire nella ricerca più sperimentale tra elettronica e contemporanea e echi di ambient-music. Continuerà a scrivere anche nella malattia – nel 2013 gli viene diagnosticato un cancro alla gola – appena due mesi fa pubblica il suo ultimo lavoro 12, un progetto basato sul concetto di tempo, ognuno identificato con la sola, scarna, data di registrazione. Fortissimo il suo legame con la Natura e così lo tsunami e i disastri a catena di Fukushima lo segnarono profondamente, diventando un punto di svolta nella sua vita e nell’arte facendolo diventare un attivista.
Nel 2011 è stato tra i firmatari di un appello di oltre 300 personalità contro l’atomo a uso civile, poco prima del minuto di silenzio in memoria delle vittime e della triplice catastrofe dell’11 marzo 2011. Negli ultimi anni, i suoi sforzi si erano concentrati su quella campagna anti-atomo a uso civile, diventando tra i principali testimonial del movimento «Sayonara Genpatsu» (addio alle centrali nucleari), col Nobel per la Letteratura Kenzaburo Oe.