Ruth Ben-Ghiat, una storia americana degli uomini forti
Intervista Un'analisi delle differenze tra vecchi e nuovi esponenti della destra: «Strongmen: Mussolini to the present»
Intervista Un'analisi delle differenze tra vecchi e nuovi esponenti della destra: «Strongmen: Mussolini to the present»
Abbiamo intervistato la docente della New York University Ruth Ben-Ghiat, storica, esperta di fascismo e autrice di Strongmen: Mussolini to the present, appena pubblicato negli Usa.
Nonostante la vittoria di Biden, il paese è spaccato a metà. Che idea si è fatta di queste elezioni?
Questo è il testamento della popolarità di Trump. È riuscito a costruire col suo temperamento e il suo stile di governo un autentico culto della personalità. Il trumpismo continuerà anche senza Trump.
Più che la competizione tra due piattaforme politiche è stato un referendum su Trump?
Sì, quando un leader riesce a dominare i media ed è sempre al centro dell’attenzione, inevitabilmente il voto diventa un referendum sulla sua figura. Inoltre Trump è riuscito ad addomesticare il Partito Repubblicano, facendolo diventare un suo strumento. In questo caso, a differenza di Berlusconi ad esempio, che aveva creato Forza Italia, Trump era un outsider, non aveva una vita politica prima. Trump è riuscito a convertire l’ufficio di presidenza in una macchina per promuovere i suoi affari. Trascorreva un terzo delle sue giornate visitando le sue proprietà; lo hanno accusato di essere pigro ed incompetente, ma non avevano capito cosa intendesse fare una volta al governo. Era lì per fare soldi, consolidare il suo potere e punire i suoi nemici. Aveva degli scopi diversi da un presidente democratico. Per lo stesso motivo non se ne andrà tranquillamente perché teme di diventare insignificante.
Come reagiranno i suoi sostenitori?
Questo periodo è molto instabile e delicato, sia per Trump che per i suoi seguaci perché quando c’è un culto della personalità il leader diventa il centro della vita, la rassicurazione che tutto andrà bene. Questa transizione può essere molto drammatica psicologicamente. C’è chi dice che si prenderebbe il Covid per lui e questi aspetti ci riportano alla storia dell’autoritarismo.
Come è riuscito a costruire un culto della personalità in soli 4 anni?
A differenza di Berlusconi, Trump non era proprietario di media ma aveva Fox e tutto un universo di media di destra dalla sua parte. È stato aiutato dal suo passato da star televisiva. Ci sa fare, come tutti gli strongmen (uomini forti ndr) di cui scrivo nel libro, sa conquistare il suo pubblico. Questa sua ossessione per la TV lo differenzia da altri leader. Berlusconi era un maestro della televisione ma lui leggeva sia i libri sia i dossier che gli preparava la sua equipe di governo. Trump non legge e riceve tutte le sue informazioni dalla TV e da Fox news.
Di cosa tratta il suo ultimo libro?
Pensavo fosse un buon momento per analizzare l’autoritarismo lungo un secolo. Il libro è diviso in 3 periodi storici: il fascismo; i golpe militari; il nuovo autoritarismo in cui ci troviamo ora, dove i leader spesso arrivano al governo attraverso le elezioni. Come storica del fascismo, non definisco Trump un fascista perché preferisco utilizzare quel termine per riferirmi a Mussolini e Hitler. Oggi l’autoritarismo funziona diversamente e in questo Berlusconi è stato un pioniere assoluto, addomesticando ad esempio l’estrema destra e portandola al governo con la corruzione e con la propaganda, pur non distruggendo una democrazia. È importante studiare il passato fascista perché rimangono alcuni elementi: le adunate, la propaganda, la corruzione, però molti aspetti sono diversi.
Twitter e Facebook stanno censurando alcuni contenuti in base ai loro termini di servizio, non c’è il rischio che l’informazione venga manipolata?
Non possiamo valutare l’ascesa di Trump senza considerare che Facebook e Twitter erano sui alleati. Facebook ha fatto una partnership con Trump per milioni di dollari in pubblicità. Twitter adesso sta dicendo che i contenuti di Trump violano le regole della piattaforma ma questo doveva avvenire anni fa quando Trump condivideva i contenuti di gruppi neonazisti. È un rischio però credo che per un capo di stato le regole siano diverse, perché ha un’influenza massiccia e quando decide di usare il suo potere per incitare alla violenza non ho problemi con controlli e censure, perché lo scopo è proteggere la democrazia.
Ha analizzato il profilo di diversi leader politici, tra cui Trump, Putin, Bolsonaro, Orban, quali sono le caratteristiche che li accomunano?
Tutti questi leader usano un manuale con gli stessi strumenti: propaganda, corruzione, machismo, violenza e il mito della grandezza nazionale. Il culto della personalità accomuna questi leader e le regole in questo senso non sono cambiate anche se oggi abbiamo i social media. Mussolini usava il cinegiornale, Gheddafi usava la televisione. Anche Salvini rientra perfettamente nel profilo strongman, sia per l’abilità con i social media, sia per il suo protagonismo e il suo successo nel presentarsi come figura autarchica che beve e mangia solo italiano. La sconfitta di Trump indebolirà inevitabilmente i leader «forti» europei.
Come cambieranno i rapporti con la Russia?
Anche se non c’è più Trump, l’investimento finanziario e geopolitico di molti politici repubblicani in Russia c’è da almeno 10 anni e continuerà. Con Biden sicuramente le tensioni con la Russia aumenteranno.
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