Ruggero Deodato

Su Ruggero Deodato, probabilmente uno degli uomini di cinema più appassionanti mai emersi in Italia (e non solo), ha sempre gravato il marchio d’infamia del magnifico Cannibal Holocaust, film censurato ovunque nel mondo e che ha fatto scuola come probabilmente nessun altro film italiano. A volere rintracciare l’influenza di Cannibal Holocaust, non solo nel cinema ma anche nell’immaginario collettivo, musica compresa, ci vorrebbero interi saggi. Bisogna averle studiate le foto di Deodato sul set di quel film a Leticia, in Colombia, come un comandante Kurtz del cinema, determinato a fare il film della sua vita. E ci sono film che vanno ben al di là delle intenzioni dell’autore e che iniziano a vivere di vita propria. Vero: forse lo fanno tutti i film. Cannibal Holocaust, però, è un’altra storia.

NE PARLAVAMO spesso con Manlio Gomarasca di come «quel» film avesse cambiato «tutto». Nessuno avrebbe potuto prevedere il furore che avrebbe provocato. A leggerle oggi quelle storie vien da sorridere, Deodato però rischia pesante e deve dimostrare che i suoi attori sono tutti vivi (li aveva presi apposta sconosciuti, gli aveva fatto firmare contratti nei quali s’impegnavano a non farsi vedere dopo le riprese del film…). In quel film, ed è questa la cosa che conta, Deodato mette tutta la sua vita, tutta la sua passione per il cinema.Non lo ha mai considerato un film horror. Per lui era un film realista, una riflessione sulle immagini e la gestione delle notizie, su come vengono fabbricate. Ovviamente era in anticipo sui tempi, ma non gli è stato mai riconosciuto.
Deodato era un ragazzo dei Parioli. Abitava nello stesso palazzo di Rossellini. Era amico di Renzo. Rossellini lo chiamava «Ruggerino». Era bellissimo Ruggero, un autentico tombeur de femmes. E il suo sorriso, che ha conservato sino alla fine, splendido, segnato solo negli ultimi anni da qualche consapevolezza in più. Aveva iniziato lavorando sui set di Rossellini. Viva l’Italia (raccontava con orgoglio di come si era procurato una brutta ferita alla gamba sul set del film), Il generale della Rovere, Era notte a Roma, Vanina Vanini e L’età del ferro. A proposito di quest’ultimo raccontava sorridendo di quanto Rossellini – studiando il girato – lo rimprovera affermando: «Noi non facciamo il cinema americano!». Deodato, reo confesso di fare cinema all’americana.

GLI ANNI con Rossellini sono fondamentali. Capisce come fare cinema sempre improvvisando, ottimizzando le risorse. Mettendo il realismo prima di tutto. Poi giunge l’incontro con Corbucci. «Rossellini mi ha insegnato il realismo, Corbucci la crudeltà» chiosava. L’eleganza, e un certo formalismo, li attribuiva invece alla lezione di Bolognini. Se c’è un torto che si può fare a Ruggero Deodato è di ridurre il suo cinema al sensazionalismo e all’aneddotica. Gestiva il set con una grandissima capacità organizzativa. Anche quando i produttori gli tiravano via i soldi, lui portava il film a destinazione. Sempre. Sapeva essere elegante e preciso. E nel campo dell’azione pura non aveva rivali. Basti osservare lo spericolato incipit in moto di Uomini si nasce poliziotti si muore, probabilmente uno dei migliori poliziotteschi di tutti i tempi. Il senso del montaggio. Il piacere oltraggioso di spingersi oltre. Di tenere lo spettatore aggrappato alla poltrona del cinema. Il senso del cinema, inteso come spettacolo e intrattenimento, era vivissimo in Deodato, il set il suo luogo d’elezione. A tutto sapeva conferire il suo tocco inconfondibile. Inferno in diretta è un film senza eguali.
Uomo di cinema ed espressione di un’industria del cinema che non esiste più, non solo ha saputo muoversi a suo agio attraverso tutti i generi del cinema popolare (persino con il cosiddetto lacrima-movie, l’irresistibile L’ultimo sapore dell’aria diretto subito dopo Ultimo mondo cannibale) ma ha segnato in profondità la televisione dopo che il cinema aveva ormai segnato il passo. I ragazzi del muretto, Incantesimo (l’ottava stagione), Noi siamo angeli, sono solo alcune delle serie dirette da lui, senza contare le numerose pubblicità. Portava nel cuore Oceano, il lavoro televisivo che forse aveva più amato.
Il cinema di Ruggero Deodato ha segnato un’epoca e la sua intelligenza nel sapere unire musica e immagini, ha lasciato un segno profondissimo nell’immaginario collettivo. I proverbiali titoli di testa di Riz Ortolani con il tema di Cannibal Holocaust andrebbero studiato in ogni scuola di cinema. Le musiche di Stelvio Cipriani per Concorde Affaire ’79, prodotto dallo svizzero Erwin C. Dietrich, sono altrettanto leggendarie. E quando si trattava di inseguire mode, riusciva a smarcarsi con ironia e astuzia, motivo per cui oggi The Barbarians, prodotto dalla Cannon, ha saputo sottrarsi alle ingiurie del tempo.
Ruggero Deodato era il piacere di raccontare. I predatori di Atlantide, per esempio: autentico capolavoro di modernariato povero cui le zampate di pura regia di Deodato conferiscono una freschezza e una schiettezza raramente raggiunta dal cinema (di genere o meno). Ruggero Deodato sarà per sempre Monsieur le cannibal, ma è stato soprattutto tutto il cinema (di genere e non) italiano.