La prima immagine iscritta nel senso comune è dal palco del Teatro Ariston a Sanremo (1986) dove si vede una ragazza bionda dagli occhi opalescenti mentre canta Brividi: la sua voce è bellissima, incline a dissimulate infrazioni ritmiche e a minime necessarie fioriture di acidità jazzistica. Una voce inconfondibile perché Rossana Casale era già, in nuce, una grande jazz singer, un’artista destinata a comparire presto fra le massime interpreti della scena musicale italiana. In realtà, e a riprova di un talento versatile senza essere mai eclettico, esistevano diversi suoi antecedenti da predestinata: anni formativi da vocalist al seguito di alcuni cantanti – fra gli altri Mia Martini e, nientemeno, Mina – e almeno un singolo, Didin del 1983 di cui rimane un prezioso live in youtube, scritto per lei dal genio bislacco e sulfureo di Alberto Fortis. L’anno dopo Brividi avrebbe cantato a Sanremo una canzone viceversa di struggente emotività, la non meno raffinata Destino, ancora a firma di Maurizio Fabrizio e Guido Morra). Un connubio limpido e «naturale» da sembrare anche fatale: da «I had a King» a «Both Sides Now»

CHE TUTTAVIA per Rossana Casale le consuete partizioni di jazz, pop, rock fossero convenzioni sempre reversibili e contaminabili è riprova tutta la sua vicenda successiva e da ultimo l’album Joni (Incipit Records) dove infatti si misura con le partiture di un’artista, Joni Mitchell, che ha sempre sentito maestra nella libertà dei sentimenti e delle scelte espressive pluristilistiche: «Da lei, per tutta la prima parte della mia carriera, ho tratto ispirazione per le mie scelte armoniche nella composizione e nei brani che scrivevano per me e sui quali io aggiungevo i testi che volevano sì raccontare ma senza essere troppo diretti».

E BASTI qui citare, fra le quattordici tracce che compongono l’album, The Dry Cleaner from des Moines (testo della stessa Joni messo in musica da Charles Mingus), o I Had a King o infine il prezioso inedito, In and Out of Lines, che suggella un connubio artistico così limpido, «naturale», da sembrare anche fatale: si è concluso, in novembre, il tour di presentazione dell’album il cui arrangiamento è firmato dalla stessa Casale insieme con i musicisti che compongono la sua band, Emiliano Begni (pianoforte), Francesco Consaga (sax soprano e flauto traverso), Ermanno Dodaro (contrabbasso), Gino Cardamone (chitarra jazz). La franca bellezza di Joni non è solo nella voce di Rossana, che da tempo ha raggiunto l’apice di una interiorizzazione così compiuta da farne lo strumento del suo medesimo sentire di donna e di interprete, ma consiste anche in quel talento ulteriore, e non a tutti concesso, che nel gergo jazzistico si chiama interplay. 

PERCHÉ la voce di Rossana non soltanto è tramite di musica ma conosce l’arte delle pause e dei silenzi non meno risonanti dove si inoltrano, con un segno ogni volta differente, i musicisti che la accompagnano. Oltretutto Joni è il compimento di una sequenza di raccolte scandite da presenze elettive la cui predella, per così dire, è Jazz in me, un album del ’94 in cui Casale si rapporta ad alcuni standard fra gli altri di Gershwin (Summertime), Cole Porter (Every Time we say Good-bye) e di un magnifico Thelonious Monk (Blue Monk): si tratta di un antefatto che immette, dieci anni dopo, in Billie Holiday in me (2004) per sola voce e piano (di Luigi Bonafede), dove Casale interpreta con straordinaria e persino stremata intensità classici della tradizione jazz e blues quali Body and Soul, Loverman, Easy to Love e My Man. Né vanno dimenticati, fra gli oltre venti titoli che segnano una carriera artistica lunga e articolata, altri omaggi (e di recente, per esempio, a Sergio Endrigo e a Giorgio Gaber con Il Signor G. e l’amore, 2014) fra cui spicca quello a un amatissimo campione della poèsie mise en musique (Jacques Brel in me, 1999) dove Casale non si vieta né punte di scatenato virtuosismo (Vesoul) né camei di arte narrativa come La canzone dei vecchi amanti qui cantata con trepida adesione.

QUANTO ALL’OGGI, ha dichiarato di recente in una bella intervista ad Angela Calvini (Le mille vite di Rossana Casale, Avvenire, 2/7/2023): «Sono stata fortunata perché ho avuto un padre che mi ha fatto ascoltare tanto jazz a casa. Quando mi sono fermata mi sono detta: voglio tornare alle mie radici. Il jazz è sempre una casa cui torno. Ora ho un album di inediti nel cassetto, se ci sono orecchie per ascoltarmi. È un album dove racconto dei momenti di me, della mia vita, delle persone importanti, attraverso i libri che ho letto e che mi hanno formato. Ora li sto rileggendo tutti». Per chi ama la musica di Rossana Casale, questa è una speranza che non può andare delusa.