Una piuma nascosta, l’ultimo romanzo di Lisa Ginzburg appena arrivato sugli scaffali delle librerie (Rizzoli, pp. 224, euro 18) è un racconto di emancipazione: dall’amore come motore immobile nella vita di una donna e da un destino sociale. È la storia di un incontro, quello tra Tan, ragazzino moldavo adottato dai coniugi Manera, e Rosa, figlia dei custodi della Quercetana, la villa dei genitori di Tan.

FIN DA PICCOLA Rosa ha sempre desiderato essere figlia di Enrica, «la signora», non per poter essere ricca, ma per espirare quella libertà di essere se stessa che a casa sua non le è permessa. Invece, Tan detesta le due persone che hanno deciso di adottarlo e di portarlo in Italia dall’orfanotrofio di Tighina. Per tutta la sua adolescenza, da quando ha tredici anni e arriva in Toscana fino a quasi la fine del liceo, si oppone ai suoi genitori, si ribella alla loro volontà di considerarlo loro figlio, di trattarlo come se fosse davvero parte della famiglia.
Tra Rosa e Tan si crea un sodalizio d’istinto: Tan accetta Rosa, la sua compagnia e la ragazzina si lega a lui fin dal primo giorno in cui lo vede. In un primo momento vorrebbe poter essere sua sorella, diventare come lui figlio della signora Enrica, ma poi, crescendo, quel sentimento diventa desiderio. Tan non riesce però a risparmiare Rosa dalla rabbia che gli abita dentro e che travolge tutto e tutti: a causa di una rissa particolarmente violenta deve lasciare la scuola a Firenze e i genitori decidono, seppur a malincuore, di mandarlo in convitto a Milano, dove in effetti troverà, a fatica, la sua strada e una certa forma di serenità.
Da parte sua Rosa, grazie al suo talento e alla sua determinazione riuscirà a laurearsi in medicina, a specializzarsi in oftalmologia, a lavorare in ospedale, fino alla realizzazione del grande sogno: fare ricerca, ovviamente all’estero.

Il romanzo di Lisa Ginzburg scritto in una terza persona che non diventa mai davvero quella di una narratrice omnisciente – dato che a essere prediletto nel corso di tutto il testo è il punto di vista di Rosa – esplora, attraverso la storia semplice del legame di due bambini, diverse vicissitudini umane. Prima di tutte, quella dei coniugi Manera che sono una coppia benestante e innamorata, ma non riescono ad avere dei figli: mentre Enrica non se ne fa una ragione ed è lei che insiste per l’adozione, suo marito Giovanni vorrebbe poter godere del loro amore, senza doversi concentrare su ciò che manca.
Ma Una piuma nascosta racconta anche di un rapporto di classe dal sapore antico: i genitori di Rosa, Mario e Paola Ossoni, sono i guardiani della Quercetana e vivono nella casa dei custodi che viene loro data in usufrutto. Se da una parte sono riconoscenti ai coniugi Manera per l’opportunità ricevuta di poter avere un lavoro e un posto, bellissimo, in cui abitare, vivono costantemente nell’incertezza di non avere il controllo sulla loro vita, che dipende dalle scelte dei «padroni».

NON CASUALMENTE, Rosa indirizzerà tutta la sua esistenza proprio verso l’emancipazione sociale: attraverso lo studio, l’impegno e i sacrifici riuscirà a svincolarsi da una condizione di sudditanza che le è pesata osservare nei suoi genitori, ma che non ha mai davvero condiviso (prova ne è il rapporto privilegiato e di confidenza che ha sempre avuto con la signora Enrica).
Infine, l’autrice con il suo libro ci dice come il lieto fine non possa essere più «e vissero felici e contenti» quanto piuttosto «e realizzò il suo desiderio, tutta da sola».