Alias Domenica

Romanzi del Graal, dall’edificante al mondano

Romanzi del Graal, dall’edificante al mondanoMiniatura dal manoscritto BNF Français, Queste del Saint Graal /Tristan de Léonois, XIV sec., Parigi, Bibliothèque Nationale

Classici medievali Einaudi dà avvio alla traduzione integrale, nei «Millenni», della serie di romanzi francesi del XIII secolo «Artù, Lancillotto e il Graal»

Pubblicato più di 4 anni faEdizione del 2 agosto 2020

L’incontro del mondo arturiano e della Tavola Rotonda con il mito del Graal è un’occasione magica nella storia della letteratura europea, è l’origine di una serie di capolavori: Perceval ou Le conte du Graal di Chrétien de Troyes, Parzival di Wolfram von Eschenbach, La Morte D’Arthur di Thomas Malory, il Lancelot-Graal. Quest’ultimo è un blocco impressionante di sei romanzi in antico francese scritti, probabilmemte da più di un autore, tra il 1215 e il 1235, e raccolti in un ciclo su progetto di un geniale «architetto». Il nucleo originario, il Lancelot, narra le clamorose imprese dell’eroe, campione di lealtà e di cortesia, il suo appassionato e disperato amore per la regina Ginevra, l’amicizia-idolatria che Galehaut prova per lui. Ma proprio l’amore adultero per Ginevra gli preclude, così come preclude a Gauvain, a Bohort, a Perceval, la grande avventura del Graal, che sarà riservata a suo figlio Galaad. Gradualmente si aggregano intorno a questo immenso romanzo, che da solo occupa la metà di tutto il ciclo, altri testi che narrano l’origine del Graal, la sua storia, il coinvolgimento di tutto il mondo arturiano nella sua «ricerca», la sua conquista per opera di Galaad, il cavaliere puro, il predestinato. Il ciclo si chiude con le tragiche vicende che vedono il disvelamento dell’amore di Lancillotto e Ginevra, la guerra tra l’eroe e Artù e l’inabissamento di tutto il mondo arturiano.
Questo classico della letteratura europea verrà tradotto per la prima volta in italiano, in quattro volumi de «I millenni» Einaudi – Artù, Lancillotto e il Graal – per cura di Lino Leonardi, filologo romanzo, acuto studioso dell’opera di Guittone d’Arezzo, dei canzonieri della lirica italiana delle origini, della narrativa medievale, anima della prestigiosa Fondazione Ezio Franceschini di Firenze, a cui tanto dobbiamo per la conoscenza del mondo del Medioevo. Rispetto all’edizione della «Pléiade», Le Livre du Graal, in tre volumi, 2001-2009, che pubblica e traduce tutto il ciclo basandosi su un solo manoscritto, Bonn S 526, del 1286, questa edizione, con una scelta interessante e motivata, traduce il testo a partire dalle edizioni critiche dedicate separatamente a ciascun romanzo. Il primo volume, appena uscito (pp. XXXV-1115, con 16 tavole a colori, € 90,00) propone, a cura di un’équipe eccellente e molto affiatata – Marco Infurna, Claudio Lagomarsini, Gioia Paradisi, Fabrizio Cigni, Carlo Beretta – i primi tre romanzi del ciclo.
Con La storia del Santo Graal si risale a Giuseppe d’Arimatea, che raccoglie in un calice alcune gocce del sangue di Cristo e che a conservare e a difendere la santa reliquia dedicherà tutta la sua vita. Con il figlio Josephé e con un re pagano convertito, Nascien, Giuseppe inizia una missione evangelica che dall’Oriente, attraverso guerre e conversioni, naufragi e miracoli, passa in Inghilterra, ancora dominata dagli infedeli, per convertirla. Lo stile, che può sembrare lento e ripetitivo, è complicato e riscattato da una serie vertiginosa di raffinate corrispondenze e di profezie. La solidità del sistema profetico è assicurata dalle iscrizioni e dalle prove miracolose attraverso cui Dio stesso parla attraverso degli oggetti magici. Gli accadimenti, angelici o demoniaci, i frequenti sogni, le visioni sono carichi di mistero e richiedono un’interpretazione. Il racconto di questa mitografia religiosa è come dominato da un’ossessione interpretativa, dalla ricerca di un senso ulteriore. Possiamo affidarci a Ernst Cassirer, che scrive, nella Filosofia delle forme simboliche: «Il mito diventa in questa maniera il mistero. Il suo significato e la sua vera profondità risiedono non in ciò che esso manifesta nelle sue proprie forme, ma in ciò che esso nasconde. La coscienza mitica è simile a una scrittura cifrata, la quale può essere letta o compresa soltanto da chi ne possiede la chiave». Ma il dispositivo ermeneutico si guasta e la storia non si esaurisce in una dimensione docilmente salvifica: gli stessi protagonisti, gli stessi custodi del Graal cadono nell’errore e nella falsa interpretazione. Così Nascien, per aver dubitato della natura prodigiosa dei fusi della nave di Salomone, è punito cadendo in acqua e rischia di annegare. Ancora, combattendo contro un feroce gigante, crede di poterlo affrontare brandendo la spada di Davide, ma questa si spezza e poi, all’improvviso, gli piomba addosso una spada fiammeggiante che lo colpisce sulla spalla sinistra causandogli una ferita larga e profonda. «Allora sentì qualcuno che gli parlava, ma non seppe chi: – Questa è la vendetta per il sacrilegio che facesti estraendo la spada senza esserne degno». Non vanno meglio le cose per Mordrain, che cerca di contemplare l’interno del calice del Graal e rimane per sempre cieco e paralizzato: «Si era già avvicinato al punto di vedere ciò che la lingua non potrebbe riferire né cuore terreno concepire, e bruciava così tanto per il desiderio di vedere che si fece sempre più avanti. All’improvviso gli scese davanti una nube che lo privò della vista e dell’uso del corpo, cosicché non vide più nulla e non riuscì più a muoversi».
I due romanzi che seguono, La storia di Merlino e Il seguito della storia di Merlino, vedono entrare in scena Artù, tutto nel cono d’ombra, ancora prima di nascere, del misterioso mago. Merlino nasce dal diavolo e da una vergine, ma finisce poi per essere riscattato dal male grazie al battesimo e opererà mirabilmente per la gloria di Artù e per il bene del suo regno. È lui che fa sì che il re Uterpendragon, innamorato di Igerne, possa passare una notte d’amore con lei, che crede magicamente di essere con il duca suo marito. Rivela poi al re che la dama aspetta un bambino, che sarà chiamato Artù, e ottiene di riceverlo in custodia, per vegliare sulla sua educazione, per divenire il suo maestro. La prima grande prova di Artù è la spada conficcata nella roccia, che solo lui riesce a estrarre. Poi ci saranno la dura guerra contro i Sassoni, narrata in una dimensione fortemente cronachistica, e il matrimonio con Ginevra. Alla fine l’annuncio che Ban, re di Benoïc, aspetta un figlio da Elaine, che sarà chiamato Lancillotto. Insieme al risalto dato ai fatti di guerra e alle conquiste, non mancano nella storia gustosi episodi ricchi di elementi folklorici, come il combattimento di Artù contro l’enorme e feroce gatto nero del Lago di Losanna, o il fabliau in cui Merlino prende le sembianze di un grande cervo e poi di un Uomo Selvatico, sagace e beffardo interprete dei sogni.
Spettacolare e malinconica ma, come bene ha visto Heinrich Zimmer, di una malinconia lieve e carica di saggezza, è l’uscita di scena del mago per opera della sua amica, che vuole tenerlo sempre accanto a sé. La bella Niniane, con le arti che ha appreso da lui, lo rinchiude dentro un cespuglio di biancospino. «Quando si accorse che dormiva, si alzò piano piano e fece un cerchio con il suo velo tutto intorno al cespuglio e tutto intorno a Merlino. Cominciò il sortilegio così come Merlino le aveva insegnato, e per nove volte lo ripeté e rifece il cerchio. Poi si andò a sedere accanto a lui, e rimise il capo di Merlino sul suo grembo. Merlino non uscì mai più da quella fortezza nella quale la sua amica l’aveva rinchiuso, mentre Niniane usciva ed entrava a suo piacimento».
La narrazione di questi romanzi, come si vede, è capace di passare dall’edificante al mondano – costante è l’interazione tra le due linee, quella mistica e quella cortese – dall’estasi all’avventura e alle meraviglie del folklore. Nel 1918 Ferdinad Lot scrisse un notevolissimo saggio sul Lancelot-Graal e da allora la critica – Jean Frappier, Erich Köhler, Daniel Poirion e tanti altri – non si è stancata di confrontarsi con la sua esegesi. Fondamentale, insieme alla ricchezza tematica, come richiama lucidamente Leonardi nell’Introduzione, è la particolarissima arte della narrazione, che gioca molto sull’entrelacement, sulla pluralità degli intrecci e dei piani dell’azione, che si sovrappongono su diversi scenari e con diversi attori contemporaneamente, ritmando sapientemente il racconto su diverse velocità e conferendo un tono particolare ai movimenti dei personaggi e alle loro voci. È a questa arte del «montaggio», a questa misteriosa potenza narrativa che il Lancelot-Graal deve il suo fascino e la sua grande fortuna.

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento