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Roma, una capitale rinnovabile

Intervista Impianti solari sui tetti delle scuole, gruppi di autoconsumo. A Roma approvata una delibera sulle comunità energetiche. 15 progetti nel 2023, uno per ogni municipio. Parla il coordinatore Edoardo Zanchini

Pubblicato quasi 2 anni faEdizione del 12 gennaio 2023

Roma si muove. La Capitale ha deciso di accelerare rispetto alla diffusione degli impianti solari, delle comunità energetiche e dei gruppi di autoconsumo, puntando a creare innovazione e a rafforzare la lotta al cambiamento climatico e alla crisi energetica. La giunta ha approvato a metà dicembre una delibera, definire gli indirizzi per la semplificazione delle procedure di installazione, per il supporto a famiglie, associazioni e imprese, istituisce il Gruppo di lavoro intersettoriale «Comunità energetiche e impianti solari». Le comunità energetiche verranno realizzate nel 2023 a partire dai tetti pubblici, con i primi 15 progetti, uno per Municipio. Le attività sono coordinate dall’Ufficio di scopo «Clima», il cui direttore è Edoardo Zanchini, che abbiamo intervistato.

Qual è l’importanza della delibera approvata?

Roma è una città con un territorio enorme e con un patrimonio di edifici pubblici gigantesco: il punto di partenza è comprenderne le potenzialità. Le prime 15 comunità energetiche, una per municipio, rappresentano per l’amministrazione un laboratorio, ci aiuteranno a capire come coinvolgere le persone. Verranno realizzate a partire da impianti installati sui tetti delle scuole. Il Comune – questo punto è parte del programma del sindaco – ha un ruolo di spinta, non è pensabile in un contesto metropolitano fare la comunità energetica comunale e nemmeno quella municipale. Per partire abbiamo fatto un percorso di confronto con Areti (la società che gestisce la distribuzione, ndr), con i municipi, con un po’ di soggetti che stanno lavorando sulla diffusione comunità energetiche, come ènostra o Enel X.

Perché avete scelto di partire dalle scuole?

Il Comune di Roma ha un enorme patrimonio pubblico, di cui fanno parte 1200 edifici scolastici – tra scuole dell’infanzia, elementari e medie – e poi centinaia di edifici tra licei e istituti tecnici per uffici, edilizia sociale, biblioteche, musei e mercati. Saranno tutti a disposizione dei progetti di comunità energetica. Però l’ente nei prossimi anni metterà il solare su 300 scuole, edifici che sono in corso di riqualificazione: partiamo da lì. Tutte potranno ospitare una comunità energetica: sono tanti i cittadini desiderosi di avviare un progetto del genere che ci hanno espresso la necessità di avere a disposizione un tetto. I 15 progetti pilota invece dovrebbero costare intorno a 1,5 milioni di euro, che il Comune stanzierà nel Bilancio 2023.

Perché un cittadino dovrebbe investire in un progetto di comunità energetica?

Quel tetto solare, anche se realizzato sopra un edificio pubblico, non è di proprietà «di chi sta sotto». La proprietà è condivisa, ognuno ha una quota. Possono essere soci famiglie, attività economica, bar: l’energia prodotta da quel pannello crea così elettricità, che rappresenta un beneficio economico, grazie all’incentivo riconosciuto dal Gestore dei servizi energetici. Quindi, oltre a promuovere l’energia rinnovabile il socio di una comunità energetica rientra dell’investimento e risparmia. Nei 15 progetti pilota, inoltra, è previsto sempre anche un obiettivo sociale, raggiunto facendo partecipare ai benefici della comunità energetica anche soggetti che non investono ma incassano il beneficio relativo all’energia prodotta quando le scuole sono chiuse, cioè nei pomeriggi, il sabato e la domenica.

Cos’altro prevede la delibera, per supportare la nascita di comunità energetiche a Roma?

Cose pratiche, ma non banali: ci siamo impegnati a chiarire dove si può fare il solare a Roma. Per realizzare questi impianti ci sono due barriere: il primo è quello dei vincoli – paesaggistici, monumentali, legati al piano regolatore – che sono ovunque: stiamo lavorando per semplificare gli interventi. L’altra barriera è quella economica: molte famiglie non hanno le risorse per partire, mentre nei piccoli comuni c’è un fondo di garanzia del Pnrr, per le grandi città e le periferie non c’è nulla. Sappiamo di poter supportare piccole e medie imprese, fondazioni, associazioni del Terzo settore, enti ecclesiastici, a partire dalla semplificazione delle procedure di installazione del solare e creando accordi con il sistema bancario per facilitare l’accesso al credito di famiglie che vogliono far parte di comunità energetiche, a cominciare dai quartieri in cui più si soffre l’aumento delle bollette.

Che cosa manca per partire?

Manca l’emanazione del Decreto attuativo relativo alla comunità energetiche rinnovabili, ma Pichetto Fratin – il ministro dell’Ambiente e della sicurezza energetica – ha promesso che arriverà entro i primi mesi dell’anno. È l’ultimo passaggio, che definisce gli adempimenti tecnici legati all’allaccio alla rete, gli incentivi. Il documento è stato messo in consultazione a fine novembre. So che alcune associazioni ambientaliste hanno presentato osservazione, a un testo che era comunque buono. Finché non viene adottato, il Comune non può partire ufficialmente. È probabile però che questo avvenga entro fine febbraio, il ministro lo ha confermato informalmente al sindaco. Noi prepariamo la gara per i 15 progetti pilota e intanto capiamo come far diventare questo percorso un laboratorio, coinvolgendo i cittadini. Questo è, per noi, il principale investimento e i progetti sule scuole rappresentano il modo in cui impariamo a farlo.

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