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Roma, tirare a campare con la scusa dell’emergenza

Campidoglio Anche sui rifiuti rispunta il talismano: costituiremo una cabina di regia. Come le altre volte tutto rischia di rimanere pura finzione mediatica

Pubblicato quasi 6 anni faEdizione del 13 dicembre 2018

Nell’esperienza di assessore della giunta Raggi non so quante volte ho ascoltato l’annuncio della creazione di «cabine di regia». Dalla gigantesca truffa delle case realizzate da cooperative perpetrata ai danni di oneste famiglie allo scandalo dei «punti verde qualità» che hanno privatizzato aree pubbliche; dallo stato desolante dei parchi urbani alla sicurezza degli istituti scolastici. Ogni volta che si aprivano ferite profonde, la ricetta dello stato maggiore (si fa per dire) grillino era sempre la stessa: sarà costituita una task force. Furbesca via di fuga per chi vive ogni secondo con l’ossessione dei social e contemporaneamente non ha la minima cognizione della complessità dei problemi della capitale.

Il gioco si è ripetuto ancora una volta ieri. Di fronte all’emergenza rifiuti ecco di nuovo il talismano: costituiremo una cabina di regia. Temo che come le altre volte tutto rimarrà pura finzione mediatica. Altri mesi in cui la retorica «dell’emergenza» farà da schermo all’immobilismo e all’insipienza fin qui dimostrati. Non sarà forse vero che questa continua produzione di «emergenze» serva a nascondere che nel governo reale della città e degli interessi che essa genera siamo di fronte ad una assoluta continuità con il passato? L’emergenza abitativa esiste da molti anni e le tante occupazioni ne dimostrano la gravità. La giunta Raggi non solo non ha mosso un dito per risolvere la questione utilizzando i tanti edifici pubblici abbandonati, ma per far piacere al ministro dell’odio, suo alleato al governo nazionale, ha sgomberato senza alternative tanti luoghi ad iniziare dal Baobab. Dietro a questa emergenza c’è chi ci guadagna: sono i proprietari immobiliari che affittano da decenni edifici per tamponare la questione. Venti milioni all’anno regalati alla mano morta immobiliare da più di venti anni. Anche dietro l’ennesima emergenza ambientale si nasconde un intreccio di interessi di chi guadagna nel portare lontano i nostri rifiuti. E così via, dalla cura del verde alle buche stradali.

La sindaca Raggi ha fatto appello perché le Regioni volenterose prendano una quota dell’immondizia romana. Quando nel 2016 su queste pagine proponemmo di dare il via al «patto per Roma» per chiedere risorse al governo centrale per affrontare le emergenze lasciate dalle amministrazioni precedenti, mi sentii rispondere dalla stessa prima cittadina che «non avrebbe mai parlato con il primo ministro Renzi». Ottima concezione del governo della cosa pubblica. Si parla solo con gli amici e i problemi possono attendere, fino ad essere costretti come oggi a chiedere l’elemosina. E, come sempre accade, la storia si prende le dovute rivincite. Quelli che rifiutarono le Olimpiadi pubbliche finalizzate proprio alla soluzione dei problemi strutturali, ora affondano nel cemento insostenibile (lo dice anche il Politecnico di Torino) dello stadio della Roma-Lanzalone. Quelli che dovevano bloccare la metro «C» a San Giovanni hanno reso felice la società concessionaria portandola nell’imbuto del Colosseo. Del resto, quelli che hanno cacciato un uomo come Marcello Minenna perché si era permesso di nominare una persona competente a capo dell’Ama, senza sentire Grillo e la sua corte, ora sprofondano nei rifiuti.

Questo intreccio tra pregiudizio ideologico e tragica incapacità sta portando al fallimento la capitale d’Italia. Insieme al rogo dei rifiuti di via Salaria, infatti, i romani hanno subito un altro affronto: le due fermate centrali della linea metropolitana «A», Barberini e Spagna, sono chiuse da martedì scorso per la mancata manutenzione delle scale mobili che rende precaria la loro sicurezza. Se si tiene conto che anche la fermata di Repubblica è chiusa da mesi per un incidente alle scale mobili, si deve prendere atto che il centro storico di Roma non è più disimpegnato dalla metropolitana. Non esiste nessuna città del mondo in cui succedono accadimenti simili, segno che senza un’idea di città non si è in grado di garantire la normalità della vita urbana. E l’emergenza quotidiana nasconde coloro che guadagnano sulle sofferenze fisiche e sociali della capitale.

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