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Roma, Liberazione senza pace

Roma, Liberazione senza paceUn'immagine del parapiglia, ieri a Roma, durante le celebrazioni del 25 aprile – Foto Cristini

25 aprile La giornata dedicata ai partigiani, ma il finale è con rissa. Gli esponenti della comunità ebraica contro la presenza delle bandiere palestinesi. L’Anpi amareggiata: «No insulti nel giorno dell’antifascismo. Difendiamo ancora oggi la Costituzione»

Pubblicato più di 10 anni faEdizione del 26 aprile 2014

Alle nove di mattina già splende il sole sul Colosseo, Roma capoccia con la sua luce più smagliante dà il buon 25 aprile, la buona Liberazione anche ai turisti ignari. Al tradizionale corteo convocato dai partigiani arrivano tanti cittadini, molti dietro gli striscioni dell’associazione, altri dietro i propri o sciolti: c’è lo spezzone della lista L’Altra Europa con Tsipras che quest’anno raccoglie tutta la sinistra sinistra, centri sociali, studenti, un ’fronte della gioventù comunista’. Soprattutto famiglie, bambini, biciclette. È il presepe dell’antifascismo romano e delle sue nuove leve. C’è il sindaco Ignazio Marino, al suo primo 25 aprile (prima al suo posto c’era Gianni Alemanno, il sindaco con la celtica al collo, che al corteo ovviamente non è mai venuto) che al mattino ha deposto una corona all’ex carcere nazista di via Tasso, insieme a Nicola Zingaretti, e ora si piazza dietro lo striscione «I partigiani», dice «oggi dobbiamo liberare Roma dalla cattiva politica, dalla cattiva cultura, dalla cattiva amministrazione». La passeggiata è tranquilla e allegra. All’Aventino, a un lato del viale, si omaggia l’anziano Armando Cossutta, 88 anni, Brigata Garibaldi, poi storico dirigente del Pci.

Eppure il corteo parte male. E finisce peggio. Al Colosseo ciascuno apre le sue bandiere. Sventolano quelle della Brigata ebraica. Quest’anno la comunità è arrivata in forze contro le politiche euroscettiche «locomotiva di un nazionalismo» che tocca «punte di xenofobia e antisemitismo», come ha scritto il presidente Riccardo Pacifici sulla Stampa. Fra le sue file, una cinquantina di giovanotti palestrati con l’aria da servizio d’ordine. Subito non gradiscono la presenza di alcune bandiere palestinesi. Partono schiaffi e spintoni. Qui le versioni divergono: il portavoce della comunità Fabio Perugia parla di «insulti e aggressioni» e giura che solo i carabinieri hanno evitato «la violenta rissa» causata, dice, «dalla presenza di stendardi che con la Resistenza non c’entrano nulla, perché rappresentano soggetti storici all’epoca alleati con il nazifascismo». Ce l’ha con quegli arabi che nella guerra si schierarono con la Germania, in teoria, ma in pratica è la solidarietà con la Palestina di oggi che non tollera, tanto peggio dopo la recente intesa Hamas-Fatah. Ma a ascoltarlo bene è un’ammissione: la «presenza di bandiere» non provoca rissa, la rissa c’è quando qualcuno alza le mani.

Sull’altro fronte, Niccolò Monti, tessera Anpi e filopalestinese, testimonia «minacce da parte di una ventina di picchiatori partiti dal gruppo della Brigata Ebraica, che ci hanno spintonato». I filmati su Repubblica.it raccontano questa scena nel dettaglio. Il corteo parte, ma lo spezzone filopalestina è tagliato fuori dalle forze dell’ordine. Partirà più tardi, lo scortano i militanti della lista Tsipras, i trozkisti del Pcl e l’Anpi università e i ’frontisti’.

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Più tardi in piazza porta San Paolo, la piazza della resistenza romana, il gruppone della comunità di nuovo non prende bene l’arrivo delle bandiere palestinesi. Partono gli opposti insulti di sempre: «Terroristi», «sionisti assassini». Un cordone di finanzieri evita il contatto. La scena è surreale. Dal palco canzoni e vecchi partigiani. Ernesto Nassi, presidente dell’Anpi romana, promette la difesa della Costituzione dalle riforme del governo Renzi. I giovanotti della comunità premono. La tensione sale, il sole scalda qualche testa. Nassi chiude in anticipo la manifestazione «su richiesta delle forze dell’ordine». Avrebbero dovuto parlare ancora in molti, e fra loro un testimone della Brigata Ebraica. I giovanotti assediano il palco, chiudono anche la scaletta d’accesso degli anziani combattenti e delle staffette. Sul palco un triste violino suona una tristissima bella ciao. Una giovane strappa il microfono «avete insultato la nostra memoria». Poi è Pacifici a prendere il microfono ma da metà piazza piovoni insulti. Lui urla: «Venite qui». Sotto il palco siamo alla scazzottata, lui con gesto atletico si lancia giù in mezzo al parapiglia. Arrivano i poliziotti a rinforzare il cordone, partono cori contro Israele, ma da questa parte sono i manifestanti a tenere la calma. Da quella opposta è lo stesso servizio d’ordine della comunità a trattenere i propri. Poi alla fine abbandonano la piazza.

«Sembravano tutti impazziti», dice sconsolato Nassi, promettendo che il prossimo anno l’Anpi accetterà in piazza solo chi rispetta «la festa di tutti». Condanna «gli episodi di aggressione verbale», «l’antifascismo è scritto nella Costituzione» «non possono albergare atteggiamenti di intolleranza che offendono l’Anpi e la memoria dei partigiani». Ma la Rete di solidarietà con il popolo palestinese accusa le forze dell’ordine, ma anche l’Anpi, di aver tagliato fuori il loro spezzone dal corteo. La replica di Nassi è amara: «Non è vero. Dalla testa del corteo sono tornato indietro a parlare con la polizia. E ho chiesto che permettesse a tutti di sfilare».

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