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Roma, la «Città in comune» non è un accrocchio elettorale senz’anima

Parteciperemo oggi a Roma all’incontro delle liste di sinistra e delle comunità sociali promosso da Sandro Medici, Fabio Alberti e Adriano Labbucci per portare alla discussione le potenzialità, i successi […]

Pubblicato più di 8 anni faEdizione del 9 luglio 2016

Parteciperemo oggi a Roma all’incontro delle liste di sinistra e delle comunità sociali promosso da Sandro Medici, Fabio Alberti e Adriano Labbucci per portare alla discussione le potenzialità, i successi e le difficoltà della nostra esperienza locale. La nostra lista di cittadinanza «Città in Comune» ha partecipato per la prima volta alle elezioni amministrative del comune di Pisa in coalizione con il Prc nel 2013 prendendo contro ogni pronostico l’8% ed eleggendo due consiglieri comunali.

Un percorso che ha intercettato in questi anni tante e tanti, sin dalla scorsa stagione elettorale: esperienze sociali e liste di cittadinanza che in numerose città d’Italia siedono in Consiglio comunale, fanno opposizione senza balletti, producono atti ispettivi, avanzano proposte e stanno a fianco dei movimenti sociali. Per non cedere alla tentazione di ripartire sempre da zero e per non cadere nel pericolo ben sottolineato dal documento di Medici, Alberti e Labbucci «che le realtà più consapevoli e dinamiche, quelle più legate alle pratiche sociali, quelle più intellettualmente esigenti, rischiano di essere schiacciate, se non disperse, è opportuno ricordare che proprio a Pisa nel novembre del 2013, a seguito della tornata di elezioni amministrative, era nata la «Rete delle città in comune».

Pisa, Firenze, Ancona, L’Aquila, Brescia, Brindisi, Messina, Feltre, Imperia, Roma (con le esperienze di Repubblica Romana e Sinistra per Roma), Siena, Gioiosa Ionica, avevano iniziato a condividere e confrontarsi sulle buone pratiche amministrative, provando a creare forme di cooperazione, cercando risposte plurali ma collettive alla crisi economica, sociale e democratica che colpisce sempre più le nostre città e i suoi abitanti, stretti tra i tagli agli enti locali e i vincoli feroci del patto di stabilità. Già tre anni fa eravamo convinti che occorreva ripartire dalla crescita progetti municipali alternativi e connetterli l’uno con l’altro, perché questo era lo spazio politico per programmi «in comune», e non quello delle alleanze di centro-sinistra o degli «accrocchi» elettorali privi di anima e immaginazione.

Molti di coloro che oggi annunciano di voler ripartire dalle città e dalle municipalità percepirono, tre anni fa, quella esperienza come un ostacolo per le proprie strategie nazionali, spesso intrise di opportunismi e tatticismi, e sempre più prive di qualsiasi discussione sui contenuti. Per quella Rete e per il lavoro quotidiano che a Pisa portiamo avanti, i programmi non sono una variabile dipendente dalla propria collocazione in consiglio comunale, per cui se si governano le città con il Pd si vota di fatto a favore dei piani di alienazione del patrimonio pubblico, si sgomberano gli spazi sociali o i campi rom, si esternalizzano gli asili nido, e se si è invece all’opposizione si grida allo scandalo. «Le Città In Comune» esisteranno, se esistono nei territori come insieme concreto di persone, bisogni, desideri: strumento di ascolto e condivisione tra comunità sociali, movimenti, collettivi e liste di cittadinanza già nate o lievemente abbozzate. Se invece saranno concepite come vessillo da sbandierare o come tentativo di conciliare ceti politici in disaccordo, saranno solo l’ennesimo disastro della sinistra italiana.

* Consiglieri comunali Una città in comune Pisa

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