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Roma, i 5 Stelle contro la delibera sui beni comuni

Roma, i 5 Stelle contro la delibera sui beni comuniOrti urbani tre fontane – Coalizione per i beni comuni - Roma

Verso la bocciatura La proposta della Coalizione per i beni comuni è stata presentata con la firma di 15mila cittadini e 186 realtà sociali. Ma per la maggioranza capitolina ci sono criticità insormontabili

Pubblicato quasi 4 anni faEdizione del 17 novembre 2020

Nella capitale è ancora scontro tra le reti di cittadinanza attiva e la maggioranza 5 Stelle sul patrimonio pubblico. Stavolta il motivo è la delibera di iniziativa popolare della Coalizione per i beni comuni. Il testo, presentato a maggio 2018 con 15mila firme e il sostegno di 186 realtà sociali, è approdato in aula Giulio Cesare il 15 ottobre scorso. Ha ottenuto un clamoroso pareggio: 20 a 20. Compatto il voto favorevole delle opposizioni, in ordine sparso la maggioranza. Torna oggi all’ordine del giorno del consiglio comunale, ma va dritto verso una bocciatura.

«Abbiamo chiesto al presidente dell’assemblea capitolina Marcello De Vito, che si è espresso a favore della nostra proposta, di organizzare un incontro con i rappresentanti 5S per superare le criticità – afferma Katiuscia Eroe, prima firmataria del testo – Ma hanno ribadito la loro opposizione. Si assumano almeno la responsabilità di bocciare la delibera».

L’obiettivo dei proponenti è favorire la collaborazione tra cittadini e amministrazione per «cura, rigenerazione e gestione in forma condivisa dei beni comuni urbani». Al centro del processo ci sarebbero i patti di collaborazione, strumenti giuridici per trasformare l’impegno della popolazione in interventi riconosciuti. Per i 5S, però, le criticità sono insormontabili.

Secondo il presidente della commissione patrimonio Francesco Ardu (5S) i patti di collaborazione mancano di procedure a evidenza pubblica a monte e comunque si possono considerare beni comuni i parchi e le aree verdi, ma non gli immobili. Sul patrimonio immobiliare indisponibile i 5S hanno una propria proposta di regolamento su cui da mesi sono in scontro con un altro pezzo del tessuto sociale e associativo romano.

«Abbiamo avanzato proposte concrete per superare la logica del bando e garantire riconoscimento alle esperienze territoriali ed efficienza amministrativa – dice Alessandro Torti, dell’atelier autogestito Esc – Ma la maggioranza è sempre stata sorda».

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