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Roma è in terapia intensiva. Economia a rischio contagio

Roma è in terapia intensiva. Economia a rischio contagioUn uomo esce da un supermercato a Pechino; in basso il convention center di Wuhan traformato in ospedale – Ap e LaPresse

Coronavirus In Cina è linea dura contro le bufale. E l’Italia è fuori dalla lista dei paesi «generosi». Si aggravano le condizioni dei due turisti ricoverati allo Spallanzani. A Macao chiudono i casinò

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 5 febbraio 2020

I due coniugi cinesi ricoverati allo Spallanzani di Roma per il coronavirus sono in terapia intensiva; il ragazzo italiano rimasto a Wuhan, invece, è risultato negativo al test e dunque spera al più presto di tornare in Italia. I numeri di morti e di contagiati nel mondo, intanto, continua ad aumentare: mentre scriviamo i decessi sono 427, i casi sono 20.676. Aumentano, però, anche i dimessi dopo il contagio: 635.

LA PRESENZA DELLA COPPIA cinese allo Spallanzani ha finito per creare una polemica politica: ieri la Lega ha presentato un ordine del giorno nel consiglio regionale ligure per chiedere al governo «un’intensificazione dei controlli sanitari su studenti e docenti che nelle ultime due settimane hanno soggiornato in Cina»; il premier Conte aveva risposto alle precedenti critiche dichiarando di fidarsi di chi ha le competenze scientifiche per valutare al meglio la situazione.

Quello che sembra più a rischio, in realtà è l’economia, considerando che la decisione immediata da parte di Roma di bloccare i voli da e per la Cina (includendo per altro Taiwan nello stop) potrebbe creare ripercussioni in futuro. Nei giorni scorsi la Camera di commercio italiana in Cina ha diramato un comunicato nel quale ha posto seri dubbi per gli affari italiani in Cina a seguito della decisione del governo, tanto più nell’anno che segna il cinquantenario dei rapporti diplomatici tra Italia e Cina nonché nell’«anno della cultura e turismo» tra i due paesi.

SE È VERO CHE LA CINA ha soprattutto criticato gli Usa per mancanza di sostegno e «diffusione» di terrore sul virus, Roma non rientra tra i paesi citati da Pechino per la loro generosità e solidarietà dimostrata in questa circostanza.

Davide Cucino, presidente della Camera di commercio italiana in Cina, ha spiegato ad Agenzia Nova che «nella provincia cinese dell’Hubei, dove ha avuto origine il focolaio dell’epidemia, c’è una concentrazione minima di aziende italiane, per cui non si registra un impatto in quell’area. Il problema è che tutte le altre aree della Cina subiscono indirettamente degli effetti. Se a Suzhou, dove abbiamo la più grande concentrazione di aziende italiane, circa 150, devono rientrare lavoratori che arrivano dall’Hubei o devono arrivare merci da fuori».

DOPO LA PRIMA VITTIMA a Hong Kong, si registra anche la quarantena a Yokohama, in Giappone, di una nave da crociera dopo che uno dei passeggeri sbarcati a Hong Kong è risultato positivo al test del coronavirus. A bordo ci sono 3.711 persone. A Macao sono stati chiusi i casinò, mentre le borse cinesi hanno aperto di nuovo con segno negativo, benché meno del primo giorno di apertura, per poi riprendersi.

Evidentemente i mercati hanno fiducia che questa frenata possa essere parziale e non incidere in modo profondo sull’economia globale.

In Cina, intanto, si convive con la quarantena e lo stato d’eccezione in tutto il paese. Se da Wuhan ormai comincia a essere a disposizione una sorta di letteratura on line, con decine e decine di testimonianze, tutte indirizzate a raccontare come nella difficoltà siano tornati in voga sentimenti di sostegno collettivo che sembravano essere stati annullati dal progresso economico, Pechino attraverso le parole del presidente Xi Jinping, ha ribadito l’impegno alla soluzione dell’emergenza e misure punitive esemplari per chi diffonde bufale e allarmismo.

Il problema in questi casi, come sempre accade in Cina, è l’applicazione locale di questa direttiva giunta dal centro politico. Il South China Morning Post ha riportato una notizia secondo la quale l’alta corte dello Heilongjiang – provincia nord orientale del paese molto colpita dal virus – avrebbe stabilito fino a 15 anni di reclusione per chi diffonde rumors e addirittura la pena di morte per chi «diffonde il virus», senza specificare però in alcun modo come questo potrebbe avvenire.

È PROBABILE CHE IL «CENTRO» politico riporterà tutto all’ordine, ma è evidente che in questa situazione, con città o interi quartieri di metropoli in quarantena, si diffonda panico e pessima informazione anche tra i dirigenti, mentre va sottolineato che i media cinesi da sempre più attivi nel settore delle inchieste, stanno coprendo senza alcuna autocensura quanto sta accadendo nel paese.

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