«Roma 1944-2000», partecipazione popolare e governo della città
L'evento Da domani al Macro un convegno organizzato dalla Fondazione Gramsci e dal Cnr. Intervista al ricercatore Michele Colucci. Quattro sessioni dalle 9.30 alle 18 dedicate a crescita, ricostruzione, fratture e continuità
L'evento Da domani al Macro un convegno organizzato dalla Fondazione Gramsci e dal Cnr. Intervista al ricercatore Michele Colucci. Quattro sessioni dalle 9.30 alle 18 dedicate a crescita, ricostruzione, fratture e continuità
Dalla Resistenza alla crisi degli anni ’70, passando per il lungo dopoguerra, il boom e le Olimpiadi; e poi dagli anni ’80 al Giubileo del 2000, celebrato in una nuova stagione amministrativa, ma anche in una città, sempre più multietnica, e piagata da antiche e nuove ingiustizie sociali. È la cronologia del convegno «Roma 1944-2000», in cui ci si propone di riflettere sui processi di trasformazione della città. Ne parliamo con Michele Colucci, ricercatore del Cnr, tra gli organizzatori dell’evento ed esperto di storia delle migrazioni. Proprio le migrazioni, del resto, rappresentano un valido punto di vista per una lettura complessiva.
La prima sessione del convegno è dedicata alla ricostruzione: come è avvenuta a Roma?
Sono anni di eccezionale crescita demografica, destinata a interrompersi solo alla fine dei ’70. Al censimento del 1936 la città si attesta a circa 1 milione e 100mila abitanti, mentre solo 25 anni dopo, nel 1961, tocca quasi i 2 milioni e 200mila. Cosa comporta questo raddoppio di popolazione? Innanzitutto, il problema della gestione di un’assillante precarietà, sia dal punto di vista abitativo sia nel mondo del lavoro. Il comparto trainante è l’edilizia che per sua caratteristica è uno dei settori più intermittenti. La città mantiene una costante attrattività per flussi migratori: raggiungerla vuol dire coltivare una speranza concreta di miglioramento delle condizioni di vita. La frattura con il periodo fascista si può misurare attraverso le ondate di partecipazione popolare alle battaglie politiche ma anche seguendo le ricadute sociali della nuova fase storica.
Vale a dire?
L’immigrazione si sviluppa ad esempio in condizioni differenti rispetto alle rigidità che il regime aveva cercato di imporre. In sostanza, si può ricondurre a una sovrapposizione di quattro cerchi differenti. Quella regionale o di prossimità innanzitutto, che un tempo era stagionale e che diventa sempre più permanente. Un secondo cerchio, più largo, è rappresentato da regioni come Campania, Abruzzo, Marche e Umbria. Estendendo ancora lo sguardo arriviamo al terzo cerchio, che coinvolge regioni più lontane, come la Calabria. Infine, il quarto cerchio, costituito dalla mobilità internazionale, perché già dagli anni ’50 la città è meta di flussi migratori provenienti dalle ex colonie italiane e riconducibili al processo di decolonizzazione.
Cosa cambia dopo il boom?
Il decennio si apre con le Olimpiadi del ’60 che puntano i riflettori internazionali su una città che si propone come rinnovata e moderna. Sono gli anni in cui è visibile l’espansione del settore terziario, con effetti che hanno una ricaduta anche sul comparto industriale. Nel ’61 viene abolita la legge fascista sulla residenza, svincolandola finalmente dal contratto di lavoro. Per Roma, è un cambiamento enorme: si conta che prima del ’61 circa 350 mila persone abitassero nella città ma da «clandestine». Nel ’62 viene approvato il nuovo piano regolatore, un primo tentativo di mettere ordine alla crescita urbana, destinato a incontrare ostacoli e molto discusso fin dalla sua elaborazione.
Segue il decennio della crisi…
Nel contesto generale della crisi la città diventa meno attrattiva, tra l’altro i flussi di immigrazione cominciano a calare. Si inizia a parlare sempre più spesso di città malata: lo denunciano gli intellettuali ma anche la Chiesa, in maniera del tutto inedita, con il convegno diocesano del febbraio ’74 dedicato proprio ai «mali di Roma». È anche sempre più evidente il protagonismo dei movimenti sociali: le parole d’ordine degli studenti si saldano con le istanze delle periferie. Molto attivo anche il movimento femminista. La vittoria delle sinistre alle elezioni del ’76 segna uno spartiacque politico e proprio in quella fase si realizza un articolato processo di collegamento tra centro e periferie anche dal punto di vista dei servizi.
Dagli anni ’80 invece si apre una nuova stagione. Cosa ci dice la lente delle migrazioni?
Il fenomeno dell’immigrazione straniera si fa preponderante. Una prima fase di afflusso c’era già stata nel decennio precedente in connessione con i processi di decolonizzazione africana. Penso agli immigrati e soprattutto alle immigrate da Capo Verde, prima e dopo l’indipendenza dal Portogallo. Poi, il passaggio dell’89 con l’arrivo in massa dai paesi dell’Est, inizialmente dalla Polonia, e dei primi anni ’90, con gli effetti delle guerre balcaniche e in Somalia. La città prosegue il suo sviluppo ben oltre i confini tradizionali del Grande raccordo anulare, con la nascita di nuovi quartieri che lambiscono i confini amministrativi del Comune (che resta il più ampio d’Italia e uno dei più grandi in Europa). Il Giubileo del 2000, nel pieno di una nuova stagione amministrativa di centro-sinistra, si presenta come un grande evento internazionale che propone la vetrina di una città dove sono evidenti le grandi trasformazioni avvenute ma anche le profonde e persistenti disuguaglianze.
I consigli di mema
Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento