Roger Corman, l’«artigiano» che rivoluzionò il cinema
Cinema Il regista e produttore statunitense è morto a 89 anni. L’ossessione creativa di fare con poco, il ciclo Poe, l’antirazzismo di «L’odio esplode a Dallas» e i sodalizi. Con lui hanno iniziato Coppola, Scorsese e Jack Nicholson
Cinema Il regista e produttore statunitense è morto a 89 anni. L’ossessione creativa di fare con poco, il ciclo Poe, l’antirazzismo di «L’odio esplode a Dallas» e i sodalizi. Con lui hanno iniziato Coppola, Scorsese e Jack Nicholson
Piante carnivore, donne vespa, teenager dell’era delle caverne, Edgar Allan Poe, uomini con gli occhi a raggi X, Ingmar Bergman, gang di bikers, infermiere studentesse, Akira Kurosawa, «Ma» Barker, Francis Coppola, James Cameron, Al Capone, Stephanie Rothman, LSD, il movimento anti-segregazione, Jonathan Demme, Shelley Winters eroinomane, Joe Dante, Jack Nicholson, Frankenstein, piranha, Richard Matheson, il Barone rosso… I frammenti dell’universo di Roger Corman – regista, produttore, distributore – sono infiniti e, come per magia, continuano, e continueranno, a riprodursi nell’arte degli autori che hanno iniziato a lavorare sotto la sua ala, anche dopo la scomparsa del grande regista/produttore, annunciata domenica, poco più di un mese dopo il suo novantottesimo compleanno.
La parola «cinema», per Corman, non era mai pronunciata lontano dalla parola «business» – dopo tutto, aveva intitolato la sua autobiografia How to Make One Hundred Movies and Never Loose a Dime, come fare cento film senza mai perdere un centesimo. Le leggende sulla sua iperbolica capacità di spremere fino all’ultimo dollaro un budget, un giovane regista o i giorni di lavoro di una vecchia star sul viale del tramonto sono moltissime. Alcune magari apocrife, ma lui non le ha mai negate. Come – fino a pochi anni fa – non si vergognava di rivendere un biglietto aereo offertogli in prima classe per acquistarne uno in economica e intascare la differenza. Ma l’ossessione cormaniana era prima, e più di tutto, un’ossessione creativa: la passione per il vedere un film (e il cinema stesso) farsi/rifarsi davanti ai suoi occhi, con pochissimo. Magari frullando il girato di un kolossal di fantascienza russo che aveva comprato con le out takes di una sua produzione, e un voice-over che collegava il tutto.
È QUESTA LA LINFA vitale, orgogliosamente artigianale e analogica, che ha reso possibile non solo il suo lavoro rivoluzionario di regista (oltre 50 film) e produttore (circa 300 quelli prodotti) ma la sua enorme influenza. Machine Gun Kelly (del 1958, con un giovanissimo Charles Bronson), la magnifica satira della cultura beatnik Un secchio di sangue (1959), La piccola bottega degli orrori (1960), L’uomo dagli occhi a raggi X (1963) I selvaggi (1966), Il serpente di fuoco (il film del 1967 scritto da Jack Nicholson per cui Corman sperimentò per la prima e unica volta l’LSD, facendosi un acido per immaginare cosa avrebbero visto i personaggi, interpretati da Bruce Dern e Dennis Hopper), Il clan dei Barker (1970) Il Barone rosso (1971) e Frankenstein oltre le frontiere del tempo (1990) sono solo alcune delle punte della sua filmografia di regista. Insieme al sublime ciclo dei Corman/Poe (1960 – 1964, alcuni dei quali genialmente sceneggiati da Richard Matheson) – I vivi e i morti, Il pozzo e il pendolo, I racconti del terrore, Sepolto vivo, la commedia I maghi del terrore, La città dei mostri (in realtà adattato da Lovecraft) La maschera della morte rossa (fotografato da Nicolas Roeg) e La tomba di Ligeia. Ed è impossibile non citare il manifesto antirazzista L’odio esplode a Dallas, ambientato sullo sfondo della de-segregazione nelle scuole, che Corman stesso descriveva scherzosamente come una specie di «pecora nera» della sua carriera, in quanto l’unico film che aveva fatto per pura convinzione politica, rimettendoci dei soldi. «Mai più!» diceva sempre. In realtà, lo spirito sovversivo e i suoi valori, politicamente parlando, «di sinistra», attraversano in modo evidente sia i film che ha diretto che quelli che ha prodotto. Un figlio della Grande Depressione (come Eastwood), noto per la sua eleganza, la sua cortesia e il suo formalismo un po’ wasp, Corman non è necessariamente identificabile con i Sixties. Invece è come se si fosse inventato una sua propria versione della controcultura.
Tutto mi interessa: le avventure di un mostro di 120 piedi, di un gangster, di una collegiale presa dal rock n roll. Non credo sia un bene per un regista lo specializzarsiRoger CormanTRA I GIOVANI autori che hanno iniziato con lui ci sono Francis Coppola (Terrore alla 13ª ora), Martin Scorsese (America 1929 – Sterminateli senza pietà), Jonathan Demme (Femmine in gabbia), Peter Bogdanovich (Bersagli), Joe Dante (Hollywood Boulevard) e Ron Howard (Attenti a quella pazza Rolls Royce). Jack Nicholson aveva ventun’anni quando Corman lo ha scritturato nel suo primo ruolo, in The Cry Baby Killer. Insieme avrebbero fatto otto film. Prima di ricevere un Oscar alla Carriera, nel 2009, ne ha procurato uno al direttore della fotografia Sven Nykvist, distribuendo Sussurri e grida, nel 1974. Fellini, Kurosawa e Truffaut sono tra gli altri autori d’oltreoceano che Corman ha portato al pubblico dei drive in.
Nato il 2 aprile 1926 a Detroit, Corman era figlio di un ingegnere e, dopo che la sua famiglia si è trasferita in California ha frequentato la Beverly Hills High School. Dopo di che ha studiato ingegneria a Stanford e all’università del Colorado, e Tomas Eliot e D.H. Lawrence a quella di Oxford.
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