Rodari e l’«immodestissima» grammatica della fantasia
Scaffale Nell'ultimo libro di Vanessa Roghi, «Un libro d’oro e d’argento» (uscito per Sellerio), l'autrice traccia la genealogia delle idee del maestro, scrittore, giornalista e militante
Scaffale Nell'ultimo libro di Vanessa Roghi, «Un libro d’oro e d’argento» (uscito per Sellerio), l'autrice traccia la genealogia delle idee del maestro, scrittore, giornalista e militante
È proprio vero quello che scrive Bruno Tognolini nelle sue Rime raminghe: «Camminiamo sulle strade aperte/ da Gianni Rodari». E difatti, al di là delle ricorrenze – il centenario della nascita nel 2020, e i cinquant’anni appena compiuti nel 2023 della Grammatica della fantasia – il lascito rodariano continua a suscitare riflessioni. Senza nulla togliere al Rodari poeta e scrittore è soprattutto al pensatore, «utopista e creatore di una pedagogia poetica», su cui in questo momento storico in particolare vale maggiormente la pena soffermarsi, come accade nell’ultimo libro di Vanessa Roghi, Un libro d’oro e d’argento (Sellerio, pp. 192, euro 13). Rispetto al precedente – Lezioni di fantastica (Laterza, 2020) in cui Roghi ha ricostruito la storia di Gianni Rodari, maestro, scrittore, giornalista e militante – quest’ultimo saggio si muove intorno a quel testo imprescindibile, se si vuole cogliere la portata del suo pensiero, che è la Grammatica della fantasia. A partire da questo «libretto», come lo definì lo stesso autore, da questa «modesta, e immodestissima grammatica della fantasia», Roghi traccia la genealogia delle idee rodariane; tutte idee che si nutrono di incontri, come per esempio quello con Mario Lodi e il Movimento di cooperazione educativa (Mce), e delle numerose e importanti letture, dalla pedagogia alla linguistica.
COLPISCE LA CAPACITÀ dell’autrice di condensare così tante informazioni e riflessioni in un saggio breve, e di farlo in una forma scorrevole e davvero piacevole. Merito, oltre che di un registro affabile, anche della scelta di anticipare, come nella tradizione della novellistica, il contenuto di ogni capitolo con una sorta di sommario – «Dove si narra…», «Dove si spiega»…– anche se forse qui verrebbe da pensare all’inizio dei capitoli di Pinocchio, romanzo su cui peraltro lo stesso Rodari avrebbe desiderato scrivere un libro. Altra scelta interessante sono le brevi incursioni autobiografiche dell’autrice nonché inattesi accostamenti, come quello tra il pensiero di Rodari e di bell hooks, a sottolineare quanto sia ancora attuale la lettura della Grammatica della Fantasia. E tuttavia, vale domandarsi, come aveva già fatto Mario Lodi nel 1980, quanto questo testo sia stato compreso, e soprattutto quanto abbia stimolato «una trasformazione della didattica, della relazione fra adulti e bambini, dell’idea di infanzia che circola nella società italiana».
«CHI PARLA AI BAMBINI – osserva Tullio De Mauro nella prefazione a Il gatto viaggiatore e altre storie – deve far scoccare scintille fra i diversi strati dell’esperienza e della lingua». Eppure le favole e le filastrocche di Rodari, entrate a pieno titolo nel canone dei testi scolastici, non di rado vengono utilizzate, o saccheggiate, per scopi didattici opposti ai principi che le avevano animate, rischiando così di banalizzare il suo pensiero, come ha mostrato la linguista Cristiana De Santis in Effetto Rodari a cura di Tiziana Piras. Non dimentichiamoci che Rodari ha definito il suo libro «una rivendicazione del posto dell’immaginazione nella scuola, nella vita di ciascuno». Utopia? Certamente Rodari auspicava il riconoscimento del «senso dell’utopia», e Roghi coglie nel segno usando senza soggezione questa parola più volte nel testo, e là dove scrive che la «fantasia è anche cercare il modo di sperimentare ordini politici, economici e sociali, diversi da quello attuale, e coincide a volte con l’utopia, ciò che non sta, ancora, da nessuna parte».
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