Alias

Rocky Marciano sul grande schermo

Rocky Marciano sul grande schermoRocky Marciano

Intervista Il regista Francesco Henderson Pepe prepara un film sull'invincibile campione di pugilato

Pubblicato quasi 5 anni faEdizione del 4 gennaio 2020

49 vittorie su 49 incontri, 43 per KO, unico campione dei pesi massimi a terminare la carriera imbattuto. Le gesta di Rocky Marciano hanno superato i confini del panorama pugilistico entrando a far parte della cultura popolare del secondo ‘900. Rocky, pseudonimo di Rocco Francis Marchegiano, ha scritto la storia della boxe a cavallo tra gli anni ’40 e ’50, confrontandosi sul ring con leggende del calibro di Joe Louis e Jersey Joe Walcott. Quello che fino ad oggi mancava era però un film che raccontasse la sua vita, un vuoto piuttosto ingiustificabile considerando il fruttuoso connubio tra boxe e cinema. Abbiamo incontrato il regista Francesco Henderson Pepe che sta lavorando ad un biopic sul campione italoamericano. Le riprese del film inizieranno nel 2021; «Avevo questa idea fissa da tempo, anche perché pratico il pugilato da molti anni e considero Rocky un simbolo e un esempio per i giovani.

Terminata l’accademia di cinema avevo il desiderio di raccontare la sua storia ma a causa di altri impegni ho sempre rimandato. Dopo Amaro Amore mi sono messo al lavoro su un film storico ambientato nel 1300 a.C. ma il progetto è andato per le lunghe e così ho deciso di riprendere questo sogno nel cassetto. Conoscevo il libro di Giuliano «Rocky» Orlando (Rocky Marciano – The King), biografo ufficiale di Marciano e decano del giornalismo pugilistico, e avevo intenzione di parlarne con lui. Circa un anno fa l’ho contattato, gli ho raccontato la mia idea ed è nata un’intesa e un’amicizia. Orlando si è subito messo a disposizione e, dopo alcuni mesi di ricerca storica, abbiamo iniziato una collaborazione per la scrittura della sceneggiatura».

Stai lavorando al film da oltre un anno, con la tua società ti stai occupando anche della parte produttiva. A che punto è il progetto?
Ho già preso contatti con Cinecittà per le ricostruzioni e il premio Oscar Gianni Quaranta sarà lo scenografo del film; condividere questa avventura con lui mi emoziona, anche per la grande amicizia che ci lega da tempo. Per gli interni gireremo principalmente a Roma, nei teatri di posa; per le parti esterne relative agli Stati Uniti e ai luoghi dove si allenava Rocky, come ad esempio Grossinger e Greenwood Lake, andremo in Umbria, Abruzzo e negli studios tra Bulgaria e Ungheria. Credo che gireremo delle scene anche negli Stati Uniti, a Brockton nel Massachusetts, dove Marciano è nato, e a New York dove c’era la sua palestra, la CYO Gym. Fabio Zamarion sarà il direttore della fotografia, i costumi dovrebbero essere curati da Gabriella Pescucci, per il trucco invece stiamo parlando con Luigi Rocchetti, fratello di Manlio. Grazie a loro sono riuscito a definire bene quello che vorrei realizzare. Il film partirà da un incontro importante e da lì ritorneremo indietro al 1947, all’entrata al professionismo. Racconteremo la sua storia dal 1948 al giorno della sua morte, con dei flashback che ci riporteranno all’infanzia. Rocky morì in un incidente aereo il 31 agosto 1969, il giorno dopo avrebbe compiuto 46 anni. Userò pochissimi materiali di repertorio, gli unici saranno interventi radiofonici e televisivi. Tutti gli incontri saranno ricostruiti con gli attori.

Quello di Rocky Marciano è un nome leggendario, non credi sia quantomeno singolare che l’industria del cinema finora abbia deciso di non occuparsene?
In realtà l’unico progetto cinematografico su Rocky è stato realizzato nel 1999 ma si tratta di un film americano di serie B per la televisione. La storia è completamente campata in aria. Dei produttori americani volevano farne un altro tre, quattro anni fa e contattarono Orlando ma non trovarono un accordo. Divergenze di opinioni e di sensibilità.

Come hai deciso di costruire la narrazione?
La storia di Rocky è talmente ricca che non è stato facile capire cosa raccontare, il mio intento però è mostrare la determinazione di un uomo, il suo riscatto sociale. Da bambino vedeva il padre che lavorava in una fabbrica di scarpe a Brockton, probabilmente si era anche ammalato a causa dei fumi, e il suo desiderio era portarlo via dalla fabbrica e far star bene tutta la famiglia. I genitori erano emigrati dall’Abruzzo e Rocky aveva 5 fratelli. All’inizio tutti gli mettevano i bastoni fra le ruote e la sua vita sembrava praticamente segnata. A scuola non brillava, aveva tentato la via dello sport con il basket, il football, il baseball ma non riusciva ad imporsi. Come molti ragazzi aveva iniziato a prendere dimestichezza con i pugni da piccolo, con la sua banda, e la sua palestra era la strada. Un giorno, dopo una lite con un altro ragazzo, Rocky tornò a casa con il labbro sanguinante e lo zio fu il primo a costruirgli un sacco con dei trucioli e ad insegnargli i rudimenti della boxe. Poi iniziarono i viaggi avventurosi per raggiungere la palestra di New York con il suo amico Allie Colombo. Rocky era una persona molto spirituale e si dedicava all’amore e alla famiglia. A differenza di altri pugili non ricercava la mondanità, ha vissuto a Brockton tutta la vita, anche dopo il successo e questo fatto è di per sé significativo. Con i pugili che ha incontrato sono nate spesso delle vere amicizie, come ad esempio con Walcott. Nella mia impostazione ho voluto sottolineare questi aspetti spirituali; Rocky era talmente determinato da andare oltre il fato, è stato in grado di scrivere il proprio destino. Secondo me aveva una grande fede e la sua vita, impostata sull’amore verso gli altri e sull’aiuto verso i più deboli, è stata una sfida contro il mondo. Osservando i suoi incontri ci si accorge che c’era qualcosa di speciale che andava oltre la preparazione atletica e il talento, nemmeno uno sportivo può spiegarlo. Ha realizzato qualcosa di impossibile per quei tempi.

Quelli vissuti da Marciano erano anni particolari, soprattutto per gli italoamericani.
Sì il clan Genovese controllava il mondo della boxe in quel periodo. Gli italiani erano malvisti a causa della criminalità organizzata e proprio la mafia comprese che Marciano sarebbe potuto diventare un simbolo, avrebbe potuto rivalutare il nome dell’intera comunità. Non tutti gli italiani dovevano essere mafiosi. Rocky, che si divideva tra famiglia e allenamenti e affrontava i campioni afroamericani del tempo, rappresentava la grande speranza bianca. Marciano però non voleva essere un protetto; da dilettante infatti perse il suo unico incontro contro un pugile della mafia e questo gli precluse l’opportunità di partecipare alle Olimpiadi. Per tutta la vita si portò dentro questo rammarico e non avrebbe mai accettato facilitazioni. La mafia quindi decise di non interferire nella sua carriera, questo naturalmente non gli impedì di guadagnare montagne di dollari attraverso le scommesse. Nel film inoltre ci sarà anche il clan di Sinatra con il quale Rocky diventò grande amico, evitando comunque la luce dei riflettori.

Avendo praticato il pugilato per molti anni, come valuti il Marciano atleta?
Se vedi gli incontri di Rocky comprendi che era un pugile completo, una macchina da guerra. Aveva una preparazione atletica pazzesca, movimento di bacino, era una molla e poi aveva un destro e un sinistro micidiali. Con Archie Moore, prima del KO, ha sferrato 63 ganci consecutivi di una potenza incredibile. E poi sfidava dei pugili di 1.90m per oltre 100kg mentre lui era alto 1.80 e pesava meno di 90kg. Quello inoltre era un pugilato più rude, si facevano male seriamente, erano degli incontri davvero rischiosi.

Immagino che la tua conoscenza del pugilato contaminerà inevitabilmente il tuo sguardo da regista. Dedicherai una particolare attenzione alla preparazione atletica degli attori?
Sì la preparazione sarà fondamentale, per questo ho scelto Daniele Scardina (campione IBF dei Super Medi ndr) come preparatore atletico dell’attore protagonista e degli attori più importanti; forse avrà anche un ruolo nel film. Dino Spencer, allenatore di Scardina, è a sua volta un allievo di Angelo Dundee (allenatore di Muhammad Ali ndr) e può garantire, insieme al suo entourage, un’importante esperienza anche nel cinema. Inoltre ti posso anticipare che probabilmente il campione del mondo dei pesi massimi WBC Deontay Wilder avrà un ruolo chiave nella realizzazione artistica e pugilistica del film.

C’è qualche film sulla boxe che ti ha ispirato?
In realtà non c’è una pellicola in particolare che mi ha ispirato ma ho comunque i miei film preferiti sul pugilato come Alì, Toro Scatenato, il primo Rocky e Lassù qualcuno mi ama con Paul Newman che interpreta Rocky Graziano. Tra l’altro credo che Stallone si sia ispirato a entrambi i Rocky (Marciano e Graziano ndr) per il suo personaggio ma, nel primo film della serie, c’è la foto di Marciano appesa al muro dell’appartamento di Rocky.

Puoi darci qualche anticipazione sul cast?
Il cast sarà in parte nazionale e in parte internazionale. Il clan Genovese sarà composto ad esempio da alcuni attori americani che hanno già avuto dei ruoli in importanti film di mafia. Per quanto riguarda il protagonista, al momento posso solo dirti che ad interpretare Rocky sarà un attore di grande esperienza, probabilmente italiano e che pratica già il pugilato e sport da combattimento

ABBONAMENTI

Passa dalla parte del torto.

Sostieni l’informazione libera e senza padroni.
Leggi senza limiti il manifesto su sito e app in anteprima dalla mezzanotte. E tutti i servizi della membership sono inclusi.

I consigli di mema

Gli articoli dall'Archivio per approfondire questo argomento