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Rockettaro ma in pugliese stretto

Rockettaro ma in pugliese stretto

Musica Addio a Leone di Lernia, un vero cult tra radio, parodie, canzoni e linguaggio sconcio. Con la capacità di far ridere

Pubblicato più di 7 anni faEdizione del 1 marzo 2017

Nel 1982 uscì un film di Mariano Laurenti: Si ringrazia la regione Puglia per averci fornito i milanesi. Una commedia senza pretese con il merito di avere colto un dato non secondario: molti talenti milanesi sono in realtà di origine pugliese.
Potremmo partire da Adriano Celentano, passando per Riccardo Muti, Lino Banfi, Enzo Jannacci, Diego Abatantuono che con Giorgio Porcaro ha costruito il fortunato linguaggio del terrunciello. I primi flussi migratori dalla Puglia risalgono a fine ‘800 quando la Francia chiuse i confini ai venditori di vini pugliesi che approdarono a Milano facendo nascere le mescite di vino che da allora si chiamano «trani». Nel ‘900 è stato flusso di venditori di prodotti ortofrutticoli, più tardi ancora ristoranti tipici a partire dagli Strippoli.

 
Una premessa lunga, ma non gratuita, per parlare di Leone di Lernia, nome d’arte di Fabio Alisei, scomparso all’età di 78 anni. Già perché Leone era un milanese del tacco a tutti gli affetti e ne ha riassunto molte delle caratteristiche tipiche. Tanto per cominciare era nato proprio a Trani e dopo qualche tentativo come cantante rock si ritaglia una spazio nelle parodie.

 
Lo schema è tanto semplice quanto efficace: si prende una canzone in inglese di largo successo, meglio se da discoteca, si stravolge il testo virandolo in pugliese, mantenendo però le assonanze. Testi che molto spesso celebrano il cibo. In questo modo Leone conquista la sua fetta di notorietà. Non colossale ma sincera. Linguaggio non proprio raffinato, apparizioni televisive sino al trionfo radiofonico con lo Zoo di 105 dove per anni e con alterne vicende la sua partecipazione è stato un must della trasmissione.

 
Il suo «Mavaffanculo» non è sintomo di grevità o di pesantezza ma di leggerezza, un modo per non prendersi sul serio. Perfetta per chi cantava Chille che soffre (Killing Me Softly), Parmigiano Foggiano e altre gustose parodie. Chi lo ha conosciuto di persona lo ha sempre descritto come un uomo sensibile, attento agli altri, anche se bisogna dirlo è sempre stato guardato con un certo sussiego dall’establishment dello spettacolo che gli ha appioppato l’etichetta del re del trash tenendosi a debita distanza da un personaggio dall’esuberanza verbale difficile da contenere. Un’altra figura di rilievo di milanese pugliese che se ne va lasciandoci un po’ più poveri. E tristi, perché le sortite di Leone di Lernia facevano ridere. Ma non bisogna che si sappia.

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