Cultura

«Rocciamorgia», un festival incastonato nel molisano

«Rocciamorgia», un festival incastonato nel molisanoTrivento

INCONTRI A Trivento per riflettere sulla letteratura che riabita i luoghi. Anticipiamo uno stralcio dell'intervento che verrà discusso oggi

Pubblicato circa 4 anni faEdizione del 18 agosto 2020

Sono tre anni che partecipo a questo piccolo festival organizzato tra Trivento e Pietracupa, «Rocciamorgia», pensato da un gruppo di amici tra i quali Antonio Seibusi e Fridanna Maricchiolo, piccoli paesi sperduti nel vasto paesaggio del Molise di Mezzo dentro il Parco delle Morge, fatto di rocce sedimentate in ambiente marino esplose milioni di anni fa a causa dei movimenti tettonici della crosta terrestre, un miracolo naturale en plein air.

È UN MODO per riabitare e riconciliarsi con la natura, leggere versi in un bosco, conversare durante una passeggiata, assistere a un concerto sulla piazza silenziosa di un paese nel paesaggio molisano suggestivo dell’Italia interna, quella delle radici, tanto cara a Franco Arminio, non solo poeta, prosatore lirico, ma agitatore di coscienze soprattutto a sud, dove piccoli festival come questi sono azioni di resistenza contro spopolamento e incuria, quella strategia dell’abbandono che ha colpito anche l’Appennino delle zone del terremoto delle Marche, l’Abruzzo, fino al Molise, la Basilicata, zone della Calabria e della Campania.
Luoghi periferici ancora non sporcati dalle merci che mi hanno sempre attratto per la loro autenticità e che racconto da anni, come quelli pugliesi del tavoliere, zone di bracciantato e degli ultimi dannati della terra, sfruttamento e dannazione, o quelli cari del Sulcis della Sardegna arcaici e minacciati dall’inquinamento.

C’è una lontananza tra l’Italia interna delle radici e naturale, appartata e ancora contadina, e i luoghi consumistici della costa, bruttati dalle merci, quelli dei divertimentifici e delle folli movide notturne, artificiali, mondi lontanissimi, inconciliabili, fatti di due antropologie contrapposte, in conflitto.
Oggi a Trivento parteciperò all’Incontro con gli scrittori del Sud – coordinato da Sebastiano Martelli, con Andrea Di Consoli, Donatella Di Pietrantonio, Nicola Mastronardi, Mauro Minervino, Antonio Pascale, Piero Sorrentino. Sono scrittori e intellettuali che stimo, molti dei quali hanno ancora un rapporto molto forte con la propria terra, un vincolo comunitario, scrittori di solide radici, letterarie e civili. Che c’entra uno come me nato nelle Marche leopardiane e volponiane con gli scrittori del sud?

QUALCHE ANNO FA il critico Filippo La Porta scrisse in un saggio, Scrittori di un sud disperso (L’ancora del Mediterraneo) in un passaggio: «E poi, molteplici sono i nomi di autori del Sud che hanno già pubblicato vari libri (…) o anche semplici esordienti, spesso un po’ trascurati dalla grande editoria (…). Vorrei poi segnalare ancora l’abruzzese Mauro Smocovich, il piceno Angelo Ferracuti (ma a questa latitudine estrema, anche considerando la dilatazione geografica del Sud, dobbiamo fermarci…)». Quindi sarei il più nordista degli scrittori meridionali, e l’idea non mi dispiace affatto. Per me il sud è l’estate, è l’incantamento estatico, è un mondo antropologico più arcaico, esplicito, più corporale e meno ipocrita, pasoliniano, e anche più drammatico.

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Il programma della quarta edizione

Oggi a Trivento, dalle ore 17.30, l’ultima giornata del festival, coordinato da Sebastiano Martelli, con Andrea Di Consoli, Donatella Di Pietrantonio, Nicola Mastronardi, Mauro Minervino, Antonio Pascale, Piero Sorrentino e con Angelo Ferracuti (di cui anticpiamo il testo qui sopra). Alle 21.10 l’appuntamento sarà con Franco Arminio.

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