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Roberto De Gaetano, la dialettica tra il cinema e i film risalendo alla lezione di Daney

Roberto De Gaetano, la dialettica tra il cinema e i film risalendo alla lezione di DaneySerge Daney, foto di Claudine Dou

Saggi «Critica del visuale», Orthotes

Pubblicato più di un anno faEdizione del 19 marzo 2023

Da alcuni anni la ricerca di Roberto De Gaetano, studioso attento alla cinematografia contemporanea e agli intrecci tra cinema e filosofia, si sviluppa su due assi portanti: una riflessione sulla relazione tra cinema e film (al plurale) e la riabilitazione del concetto e della pratica della critica. I due piani del lavoro dell’autore trovano una sintesi originale nel suo ultimo libro, che porta l’evocativo titolo Critica del visuale (Orthotes, pp. 128, euro 17,00).

Visuale è un termine cappello che qui designa una serie di usi diffusi, a volte di veri e propri abusi, delle immagini come strumenti di comunicazione, di promozione e di ‘propaganda’ nel senso ampio della parola. Oggi il visuale inteso in questo modo si trova innanzitutto nella mediasfera digitale, così come fino a pochi anni fa era presente soprattutto nel medium televisivo. È di fronte a questa deriva che De Gaetano invoca l’urgenza di tornare a riflettere sulla relazione dialettica tra il cinema, con il suo modo di trattare le immagini, e le opere filmiche, che restituiscono un tentativo di cogliere il senso della vita attraverso le immagini. Da questa dialettica emerge la necessità di un pensiero critico che non si risolva nella pura analisi dell’opera, ma che, sulla scia di Kant, tocchi le condizioni di possibilità dell’esperienza.

Da questo punto di vista è particolarmente interessante la rilettura che l’autore fa del dispositivo teorico messo a punto da Serge Daney, uno dei più influenti critici tra quelli formatisi alla scuola di André Bazin e dei «Cahiers du cinéma». Per Daney la scrittura è un «processo di divenire impersonale». Si fondono qui i due piani della critica, teorico e filosofico: l’analisi critica non si risolve infatti nella restituzione del senso di una storia, ma si apre all’esibizione del modo in cui i singoli film esibiscono una percezione del tempo, e quindi della vita, che è propria del cinema in genere. La dialettica tra cinema e film viene così riformulata a partire dalla contrapposizione tra il «corpo elastico» del primo e il «corpo rigido» dei secondi. In altre parole, quella che nel singolo film è la cristallizzazione di un’immagine della vita si ripresenta nel cinema come la messa in opera di forme mobili e cangianti di organizzazione della vita. Il «divenire impersonale» può essere dunque inteso come il risalimento alla condizione, imparziale ma comunicabile ad altri, che è per Kant l’ideale regolativo del giudizio estetico e di tutti quei modi di giudicare, incluso il giudizio politico, che trovano nel giudizio critico un modello esemplare. In Daney la congiunzione dell’attività di critico con l’impegno etico e politico ha trovato espressione in un’originale riflessione sulla televisione, il cui modo di inquadrare la realtà è messo a confronto con l’immagine che il cinema è capace di dare del mondo.
Con la sua «critica del visuale» De Gaetano affida questa eredità alla sfida odierna di pensare l’immagine digitale.

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