Sono giorni di lavoro febbrile quelli che stanno impegnando Roberto Cacciapaglia nella promozione di  Invisible Rainbows e la preparazione del tour che lo accompagnerà in varie città italiane e poi in alcune date internazionali (apertura il 19 maggio a Verona, il 24 a Roma, il 25 a Bologna e il 26 a Milano. Ad agosto sarà in Cina per 12 concerti e a settembre sei date a Londra). E a Casa Fornasetti in Città Studi per Piano City Milano, la mezzanotte di sabato 20 maggio suonerà alcuni brani nell’ Omaggio a Achille Mauri. La chiacchierata che segue avviene nel suo studio mentre sta mettendo a punto gli ultimi arrangiamenti per i primi concerti.

Tra poco  torna  a suonare dal vivo e nei suoi recenti concerti era solo col piano oppure accompagnato da una piccola formazione di archi, I Virtuosi Italiani. Nel nuovo tour che parte ovviamente dal nuovo disco “Invisible Rainbows” come e con chi suonerà?Oggi si parla molto di mindfullness, quando in effetti sono pratiche millenarie che esistono in moltissime tradizioni religiose: anche in quella cristiana, buddhista, indiana. Tutto ciò è parte del mio background musicale.

Invisible Rainbows è essenzialmente un lavoro sull’attitudine di suonare. Intendo dire su ciò che può dare un’attitudine interiore a una musica che successivamente si espande all’esterno. Penso che la musica, il suono e l’interpretazione siano una manifestazione esteriore di uno stato interiore. Questo è il centro del lavoro che stiamo facendo. Sottolineo stiamo – io e quelli che staranno con me sul palco a suonare – e parlo proprio di presenza. Non sarò da solo, ci sarà insieme al pianoforte un sound di archi. Non so ancora quanti, perché la mia scelta non è tanto tecnica, ma quanto di persone che possano entrare in questa bolla e partecipare a questa esperienza. E poi ci sarà un live electonics con Giampiero Dionigi che ci farà ritornare un po’ al World Wild Tour quando abbiamo fatto la celebrazione di Quarto Tempo.

Ancora una volta queste affermazioni vanno nella direzione di una musicale fraternità spirituale che è componente essenziale del suo modo di far musica?

Oggi si parla molto di mindfullness, quando in effetti sono pratiche millenarie che esistono in moltissime tradizioni religiose: anche in quella cristiana, buddhista, indiana. Tutto ciò è parte del mio background musicale. Non faccio null’altro che applicare dei sistemi, le voglio chiamare attitudini, delle scuole spirituali alla musica. Perché la musica per me è uno strumento di evoluzione anche per chi ascolta. Quindi, Invisible rainbows rivela questo concetto, se così possiamo dire perché bisogna andare al di là dei concetti: l’arcobaleno arriva dopo la tempesta e rappresenta la luce componendosi nei colori. Ecco, arriva dopo quella tempesta che, forse noi, stiamo vivendo in quest’epoca. Può essere un messaggio ecologista, per un pianeta che va così come sappiamo, per le guerre e l’oscurità che l’avvolge. Se l’arcobaleno è luce, questa luce è vincente. In tal senso la musica è come un raggio che arriva in una stanza buia che magari è stata buia per millenni e questo raggio istantaneamente dà luce a quell’oscurità fino a farla sparire.

Quando ha incontrato tutte queste religioni? Come ha elaborato questo pensiero sincretico rispetto alla musica e alla filosofia? 

Innanzitutto io sono un cristiano, ho avuto un’educazione cattolica da bambino. Tra l’altro, ho scritto anche molta musica sacra, per i salmi della Bibbia; ho suonato le Lamentazioni di Geremia in Gerusalemme e a Tel Aviv. E se qualcuno ricorda la musica che venne fatta ascoltare nell’omelia pasquale del Papa durante la pandemia, quella era una mia composizione, Oceano. C’era il papa da solo sul sagrato di San Pietro deserto e battuto da un’incessante pioggia. E’ stata una cosa straordinaria. Non me l’aspettavo.

Tutti ricordano quelle immagini potentissime e per alcuni versi  apocalittiche. Ma oggi le apocalissi sembrano essere spostate da un capo all’altro del pianeta e in forme sempre meno prevedibili. Ma questo è un altro discorso. Era stato avvisato della scelta del brano?

Non l’ho scelto io, me l’hanno detto ed è stata una sorpresa per me ascoltarlo in quella situazione, credo, anzi spero irripetibile. Mi ha dato una grande emozione. Tornando alla domanda, dicevo ho avuto un’educazione cattolica, successivamente ho viaggiato all’interno di filosofie e religioni. Mi sono avvicinato alla dottrina di Aurobindo fino ad arrivare al sufismo, sia in Turchia, sono stato a Konya, dov’è morto il poeta Rumi, e ancora in Egitto. E poi dal sufismo, riprendo i rapporti con l’India. Lì, sono risalito da Ramsala fino al Tibet. Ho frequentato un maestro tibetano per molti anni. M’accorgo però che ho saltato una parte molto importante. Partendo dallo yoga di Aurobindo ho incontrato la figura di Gurdjieff, insieme a Franco Battiato, e così siamo entrati nei gruppi che promulgavano il suo messaggio. Allora, ero veramente molto giovane. Però sono stato 10 anni con questi gruppi e la musica composta da Gurdjieff con Thomas De Hartmann è una di quelle che mi ha influenzato di più, tutt’ora. Ciò da una prospettiva  formale perché si parla di un’altra epoca. Ma dal punto di vista del valore della musica, cioè del valore del suono, questo è quello io presento nell’album. Non sarà un concerto a senso unico, spero di portare un’esperienza dove sia concretamente udibile, soprattutto percepibile tutto questo mio lavoro.

Tiene molto al rapporto con il pubblico attraverso pagine su Facebook e su Instagram. Spesso si esibisce in dirette live dove propone pezzi e soprattutto interagisce con il pubblico, peraltro proveniente da tutte le latitudini. Può descrivere questo rapporto?

In ogni concerto, in Russia o in America, in Cina o in Turchia, qui o in Inghilterra, mi trovo davanti  un pubblico che mi sorprende sempre da quanto sia simile. Per quanto ci siano differenze, in una situazione diversa dal quotidiano com’è un concerto, mi sembra che queste vengano stemperate e abbattute dalla musica. Davanti alla musica il cinese, l’americano, il russo e l’italiano diventano la medesima persona. Io penso a una musica che faccia sparire tutte le influenze esterne e arrivi, non importa da quale direzione, importa che arrivi in un spazio puro. Poco importa se arrivi dal jazz, dal folk o dal pop. Purché si arrivi a una totale purezza.  Dante dice che non c’è più bisogno di parlare che le anime leggono nel pensiero. Il nostro suono è così. Profondo. Più arrivi in profondità, più non c’è questa differenza. E’ molto importante per me. Per i media, soprattutto i “social”, bisogna vedere l’utilizzo, lo scopo, il perché, la loro funzione. Se si utilizzano bene, questo può essere interessante. Infatti, lo vedo per come dà spazio a tantissimi, quasi a tutti. Ovviamente a monte bisogna selezionare, bisogna riuscire a capire e avere, diceva Schönberg, la cultura e la capacità di distinguere. Certo, dobbiamo poi capire quello che ci fa bene e ci fa male. Al mio pubblico, scherzando, dico “abbiate compassione, noi siamo i senza testo”. E non avere il testo cosa vuol dire? Da una parte non hai il testo che è un aiuto a capire, molte volte il testo ti fa entrare, ti dà. Dall’altro la musica ci lascia liberi, non dando definizioni ed essendo l’arte più primordiale e intima e allo stesso tempo più sociale perché permette a 100 000 persone di ascoltare un pezzo in cui ognuno può metterci quello che vuole. In questo caso, Facebook e Instagram mi permette di raggiungere direttamente, senza filtri, chi ci ascolta e chi ci segue.

Passa per un musicista puro. Parlerei più di musicista totale perché non si ferma solamente alla composizione o al suonare il piano o l’elettronica e a manipolare tutta la strumentazione tecnologica nuova, ma affida anche il suo sapere ad altri artisti. Produce e poi esegue anche musica applicata, la pubblicità o altre situazioni come le sfilate di moda. Come vive tutto questo? 

Ora sto lanciando un contest per aprire i miei concerti. Per i giovani ho aperto un’accademia. Spesso mi mandano pezzi utilizzando Facebook o Instagram. Ecco perché ho deciso di dare spazio ai giovani musicisti e compositori. Ci sarà una selezione e al vincitore toccherà aprire i miei concerti. A un altro potrebbe toccare di registrare un suo pezzo nel mio studio. Un terzo prenderà parte in un mio nuovo disco. 

Quindi ha sentito qualcosa di nuovo in giro che lo ha affascinato o resta ancorato a un’idea  personale di musica?

A me piacerebbe molto sentire cose nuove. Devo dire, adesso sembrerà a qualcuno questa cosa che dico assurda: quest’anno il Festival di Sanremo mi ha stupito perché c’erano delle cose molto interessanti. Mi è piaciuto Ultimo, Mr. Rain; mi è piaciuta Madame. Ci sono stati artisti molto interessanti. Li ho ascoltati.