Politica

Rivoluzione 5 Stelle, Di Maio e Casaleggio i nuovi fondatori

Rivoluzione 5 Stelle, Di Maio e Casaleggio i nuovi fondatori

M5S Cambia l’atto costitutivo del Movimento, Beppe Grillo declassato al ruolo di garante

Pubblicato più di 5 anni faEdizione del 12 marzo 2019

I «fondatori» del Movimento 5 Stelle restano due. Ma non sono più, come eravamo abituati a pensare, Gianroberto Casaleggio e Beppe Grillo. Al loro posto adesso compaiono Davide Casaleggio, il figlio del manager scomparso ad aprile di tre anni fa, e Luigi Di Maio, il «capo politico» eletto dalla piattaforma Rousseau nel settembre del 2017. Quest’ultimo proprio un paio di settimane fa, in seguito alle polemiche seguite al tracollo alle elezioni regionali in Abruzzo e Sardegna, aveva riaffermato di non sentirsi in discussione e precisato che il suo mandato dura, comunque vada, almeno cinque anni.

LA FORMALIZZAZIONE del nuovo vertice del M5S si apprende solo oggi ma risale a molto prima. Era il dicembre 2017, data dell’atto costitutivo della nuova Associazione Movimento 5 Stelle, che aveva preso il posto di quella formata da Grillo che a sua volta si sovrapponeva a quella nata ormai dieci anni fa dal blog del comico genovese. Tuttavia, il documento è stato divulgato nei giorni scorsi, nelle more del processo di Genova relativo al gioco di scatole cinesi delle diverse associazioni e degli altrettanti regolamenti che disciplinano il funzionamento del primo partito italiano.

Queste norme, soprattutto, dispongono della proprietà del prezioso brand elettorale pentastellato. La questione è intricata, perché esistono diversi involucri legali del Movimento 5 Stelle. Il primo è quello costituito dagli iscritti al portale di Beppe Grillo. Il secondo, quello che possiede il simbolo, è stato confezionato nel 2009, all’indomani dei primi successi elettorali: unici soci sono Grillo, suo nipote e il suo notaio. Nel 2017, con Di Maio eletto capo, è arriva la terza versione del M5S.

DI FRONTE ai ricorsi di alcuni espulsi e alle sanzioni dei tribunali, Beppe Grillo era arrivato anche a sostenere la causa di un M5S «legibus solutus»: «La nostra struttura e organizzazione – aveva detto – è più avanzata di quella prevista dai codici». Questa volta è più defilato, pare serva anche ad evitargli di essere coinvolto in eventuali, ulteriori beghe giudiziarie che non avrebbe intenzione di accollarsi. L’organigramma depositato alla cancelleria del tribunale di Genova prevede che Grillo compaia come «garante» senza poteri specifici e senza responsabilità legali: una specie di padre nobile che affianca i due giovani «fondatori», mantiene il suo carisma ma non dispone di cariche esecutive. Di Maio ha il potere di «modificare o integrare» le regole, ma «senza alternarne il significato sostanziale».

LA NOTIZIA non è inattesa, perché all’indomani delle «presidenziarie» e della kermesse grillina di Rimini del settembre di due anni fa che aveva incoronato come leader Di Maio, era stato lasciato trasparire che il futuro candidato premier del M5S da quel momento sarebbe diventato una specie di «primus inter pares» all’interno del triumvirato dei vertici grillini. Questo fu il motivo dello scontro con Roberto Fico e del rifiuto di quest’ultimo di partecipare come contendente a quella votazione, che si risolse in una corsa solitaria del futuro leader.

Adesso sappiamo di più dell’assetto tanto discusso. In più, questa formalizzazione risalente a diciotto mesi fa va letta all’interno della situazione del M5S e dentro il contesto politico attuale. Da questa prospettiva si capisce come il cambio di passo sia evidente. La formazione politica governata da Grilllo e Casaleggio Sr si appoggiava su un comico molto famoso che accettava di fare da testimonial e sul dirigente d’azienda che aveva inventato la comunicazione del M5S e intuito uno spazio politico contro i partiti. Adesso sappiamo che ai vertici ufficiali del grillismo ci sono due persone diverse, formalmente più potenti ma per certi versi politicamente meno solide. Di Maio, ministro e vicepremier, che come tutti gli uomini politici è soggetto agli alti e bassi di popolarità. Casaleggio Jr, il responsabile della piattaforma Rousseau, strumento che cerca goffamente di mettere in pratica la visione salvifica di Gianroberto e che non ha mai decollato né per la qualità dell’intervento né per la quantità degli utenti: fatica a trovare adesioni e non offre particolari suggestioni organizzative e di contenuto agli oltre trecento parlamentari del M5S.

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