Rivolta al Cairo, in fiamme l’università
Egitto Violenti scontri nella capitale, un morto. I giovani della «Fratellanza» contro golpe e normalizzazione. Proteste ovunque dopo la messa al bando del partito di Morsi come gruppo «terrorista»
Egitto Violenti scontri nella capitale, un morto. I giovani della «Fratellanza» contro golpe e normalizzazione. Proteste ovunque dopo la messa al bando del partito di Morsi come gruppo «terrorista»
Scorre di nuovo il sangue dei sostenitori dell’ex presidente Mohammed Morsi destituito nell’estate scorsa da un golpe militare, in seguito all’incendio dell’Università di Al Azhar. Gli edifici delle facoltà di Agraria, Economia e la caffetteria della facoltà di Scienze sono stati dati alle fiamme sabato mattina. Un giovane sostenitore di Morsi è stato ucciso dalla polizia, numerosi sono i feriti mentre sono 101 gli studenti arrestati in seguito allo scoppio dell’incendio. Secondo le forze di sicurezza, ad appiccare le fiamme sono stati gli affiliati alla confraternita, alcuni dei quali colti mentre trasportavano fuochi d’artificio, pistole e bottiglie molotov. I Fratelli musulmani hanno parlato invece di «accuse fabbricate». Nell’ateneo erano in corso le sessioni di esami invernali che sono state immediatamente sospese.
Mahmoud al Azhari, portavoce del gruppo «Studenti contro il golpe», ha dichiarato che il giovane ucciso si chiama Khaled al Haddad ed è stato colpito da alcuni proiettili sparati dalla polizia alle porte della facoltà di Economia. Secondo un’altra associazione studentesca pro-Morsi, diversi studenti coinvolti negli scontri sono rimasti feriti. Uno di loro, Tamim Mahmoud è stato colpito da un proiettile alla testa ed è in condizioni critiche. Bakr Zaki, preside della facoltà di Economia, ha sostenuto che i responsabili degli scontri sarebbero persone estranee all’Università che hanno bloccato l’ingresso alle facoltà a studenti e al personale dell’ateneo. Il campus di Nassr City si trova a pochi metri dal viale occupato dalla Fratellanza in seguito al colpo di stato del 3 luglio scorso.
Ma le violenze non si placano in tutto il paese in seguito alla dichiarazione della Fratellanza come «gruppo terroristico» secondo l’articolo 86 del codice penale. In Egitto l’appartenenza a un gruppo terroristico è punibile con una reclusione fino a cinque anni, mentre il finanziamento e la partecipazione al movimento possono costare anche la pena di morte. Secondo il vice premier Hossam Eissa, tutti gli affiliati alla Fratellanza sono soggetti a provvedimenti restrittivi per ogni attività di «promozione verbale, scritta e finanziaria» della confraternita.
E così l’esasperazione esacerba lo scontro tra laici e islamisti. Negli ultimi giorni, tre persone sono state uccise in scontri tra pro e anti Morsi a Minia e Damietta, due ad Assuan. Subito dopo la decisione di inasprire le misure contro la Fratellanza, il ministero dell’Interno ha annunciato l’apertura di una linea dedicata alle denunce di cittadini comuni contro chi fosse sospettato di far parte della confraternita. Un provvedimento di questo tipo potrebbe determinare il superamento di una linea rossa che porterebbe il paese verso il baratro di nuove violenze. Qualora venissero colpiti i nervi della base sociale islamista, cioè scuole, opere caritatevoli e ospedali controllati dalla Fratellanza, gli scontri tra pro e anti Morsi potrebbero diventare incontrollabili. Per questo, il rappresentate regionale di Human Rights Watch, Sarah Leah Whiston ha duramente criticato il governo egiziano. «Il governo vuole sterminare i Fratelli musulmani come principale gruppo di opposizione politica», si legge in una nota.
Anche il portavoce del Segretario di Stato, Jen Psaki si è detto «preoccupato» per i recenti arresti di islamisti chiedendo un «processo politico inclusivo».
A innescare questi nuovi scontri è stato l’attentato contro la stazione di polizia di Mansoura che il 24 dicembre scorso ha causato 16 vittime tra gli agenti. Poche ore dopo decine di cittadini comuni hanno dato fuoco alle case di esponenti della Fratellanza in alcune città, roccaforti del movimento, nella regione di Dakhleya. Mentre il popolare proprietario del canale televisivo al Faraeen, Tawfiq Okasha è apparso sugli schermi televisivi incoraggiando i cittadini della regione a uscire di casa e continuare negli attacchi, seguendo l’esempio dei residenti di Mansoura. Contemporaneamente, il giornale online pro Morsi Al Mogaz è stato oscurato.
A riportare in Egitto il clima del terrorismo degli anni Ottanta ci sono anche una lunga serie di esplosioni e rinvenimenti di ordigni in soli due giorni. Vari feriti aveva causato una bomba ritrovata proprio all’ingresso dell’Università Al Azhar lo scorso 25 dicembre. Altri tre ordigni sono stati rinvenuti a due passi da piazza Rabaa al Adaweya. Una bomba è stata fatta esplodere ieri dagli artificieri della polizia di Kafr al Sheikh alle porte della sede del governatorato locale.
Subito dopo l’attentato alla sede dei Servizi di sicurezza e di polizia di Mansoura, l’ex primo ministro dell’anno di presidenza Morsi, Hisham Qandil è stato tratto in arresto mentre tentava di superare il confine con il Sudan. L’accusa per Qandil riguarda la mancata nazionalizzazione della Tanta Oil Company nonostante una sentenza in questo senso della Corte amministrativa del Cairo.
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