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Rivalutata la volontà popolare a partire dalla Carta

Il discorso di Fico Fico ha fatto alla Camera un discorso bellissimo e insieme di grande restaurazione. Ha esordito con l’omaggio al presidente della Repubblica, ha proseguito con la centralità del parlamento come luogo […]

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 25 marzo 2018

Fico ha fatto alla Camera un discorso bellissimo e insieme di grande restaurazione. Ha esordito con l’omaggio al presidente della Repubblica, ha proseguito con la centralità del parlamento come luogo in cui trova espressione la volontà popolare.

Ma proprio per il suo voler rivalutare la Costituzione, il suo discorso è stato contemporaneamente innovativo e rivoluzionario. Il primo riferimento che è stato fatto è alla Resistenza come premessa per la creazione della Carta Costituzionale. Ma c’era un secondo fronte a cui faceva tacitamente riferimento: il fronte per il No al referendum renziano. Questo fronte rappresenta la nuova linea di resistenza che ha saputo opporsi all’abrogazione dello spirito di una costituzione che J.P. Morgan ha definito “socialista”. Come può un partito sedicente di sinistra chiedere l’abrogazione proprio di quanto la nostra Costituzione conserva di solidale, a favore di efficienza e globalizzazione?

Il discorso di Fico prende le distanze da gli ultimi governi che hanno pensato di poter ignorare la volontà dei cittadini per esprimere riforme fortemente volute dalle élites internazionali. Lo spirito della Costituzione è stato alterato, conferendo di fatto all’esecutivo, poteri che sono dei cittadini e quindi delle Camere. Negli ultimi anni lo strumento del decreto legge, della legislazione d’urgenza, è stato applicato senza che esistessero quei presupposti che ne giustificano l’uso. Non solo. Il parlamento si è trovato ad approvare leggi frutto non del dibattito parlamentare, ma di pressioni esterne di lobby o organizzazioni internazionali. Emerge, tra le righe, anche il fantasma dell’Europa sempre soggetta più a leggi e normative economiche non espressione del volere popolare. Ed emerge il paradosso per cui, non può esserci democrazia senza comunità di cittadini. Una sorta di sovranismo che però non esclude l’idea di Europa, purché l’Europa sappia ricostruirsi dal basso come comunità. Il discorso di Fico dice che ora la parola deve tornare ai cittadini. E il luogo di espressione della volontà popolare è rappresentato dal Parlamento. Quindi non ammetterà pressioni esterne, leggi poco chiare, scorciatoie verso l’abolizione del dibattito parlamentare. I cittadini devono poter pensare che il parlamento agisca per il bene comune. Si tocca così con mano il concetto di democrazia rappresentativa che vuol esprimere. Non un mandato privo di verifiche, ma un rapporto costante e continuo tra delegante e delegato. Non potendo applicare su scala nazionale il mito della democrazia diretta, la rappresentanza viene nuovamente vista come un rapporto diretto, a briglia corta, tra elettore ed eletto. Sul modello americano nel recente passato abbiamo introiettato un tipo di democrazia che si avvicina più ad una oligarchia o, nella migliore delle ipotesi, ad una aristocrazia.

Pensiamo al dibattito scaturito poco tempo fa intorno a Scalfari, che affermava con certezza che le democrazie moderne sono espressione di élite che agiscono per il bene di un popolo inconsapevole. Il discorso di Fico invece rivaluta la volontà popolare a partire dalla nostra Costituzione. E, devo ammetterlo, apre alla speranza e alla solidarietà. Vigileremo.

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