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Rita Borsellino se ne va tra le lacrime dei suoi «angeli»

Rita Borsellino se ne va tra le lacrime dei suoi «angeli»Rita Borsellino – Ansa

Lotta alla mafia Ieri la camera ardente a due passi dalla villa in cui abitò Riina. Oggi i funerali. In rete i messaggi più toccanti: quelli dei suoi ragazzi

Pubblicato circa 6 anni faEdizione del 17 agosto 2018

Le parole più toccanti, e sincere, sono quelle con cui i suoi ragazzi stanno inondando il web. Chi con Rita Borsellino ha condiviso la lotta alla mafia assieme a Libera, chi la battaglia civile contro i depistaggi per la strage di via D’Amelio e chi l’impegno politico a Bruxelles e in Sicilia col movimento ’Un’altra storia’, sta consegnando alla rete ricordi e immagini di una donna riservata ma risoluta, dolce ma determinata e che, malgrado il basso profilo che l’ha sempre contraddistinta nelle sue battaglie e nel suo dolore, rimarrà testimone indelebile di un’epoca al cospetto di un’orda di opportunisti dell’antimafia con i quali «zia Rita» non ha mai avuto nulla a che spartire mantenendone le distanze con sobrietà, senza mai acredine.

NEL NOME DEL FRATELLO PAOLO, Rita Borsellino ha dovuto mettere da parte la sua timidezza per alzare la voce contro i muri di gomma verso i quali la famiglia del magistrato, assassinato dalla mafia nel ‘92, ha urlato, con compostezza e risolutezza, sempre con un solo obiettivo: la verità.
Rita Borsellino se n’è andata a 73 anni dopo una lunga malattia. Nonostante quel male l’avesse logorata, il 19 luglio scorso, per l’anniversario dell’omicidio dell’amato fratello, si è presentata in via D’Amelio per incoraggiare, come aveva sempre fatto in 26 anni senza risparmiarsi, i suoi ragazzi a non omologarsi, a non arrendersi e a impegnarsi con onestà per la giustizia e per la verità. E poco importerà sicuramente a Rita se alle lacrime dei suoi «angeli» si stanno mischiando quelle di coccodrillo dei tanti che, se obtorto collo ne rispettavano il cognome, alle sue spalle ne hanno dileggiato la scesa nell’agone politico non ritenendola mai all’altezza. Lo sapeva Rita, conosceva nomi e volti degli ipocriti, sapendo però che il lavoro che stava portando avanti con la sua squadra di giovani e giovanissimi andava ben aldilà della miseria di una politica bieca.

IL SUO IMPEGNO IN POLITICA cominciò nel 2006: dopo dieci anni come vicepresidente di Libera si candidò per il centrosinistra alla presidenza della Regione siciliana ma perse la sfida con il governatore uscente Salvatore Cuffaro, rieletto ma che due anni dopo dovette dimettersi perché accusato di aver favorito la mafia e condannato a 7 anni di carcere scontati a Rebibbia. Eletta europarlamentare nel 2009 nella lista del Pd, tre anni dopo si candidò alle primarie per sindaco di Palermo ma venne sconfitta d’un soffio da Fabrizio Ferrandelli, che poi perse la sfida fratricida con Leoluca Orlando che preferì candidarsi piuttosto che lasciare spazio a Rita Borsellino. Nel 2012, alle regionali siciliane, Pd e alleati candidarono ed elessero Rosario Crocetta. Tra i suoi assessori ci fu Lucia Borsellino, figlia di Paolo. In quelle elezioni Rita Borsellino sostenne Giovanna Marano, candidata di un pezzo della sinistra che sfidava Crocetta. Il rapporto col Pd, cautamente iniziato, si chiudeva lì.

Impegni che non l’hanno mai distolta dalle sue battaglie di legalità. E non è certo un caso se la bara di Rita sia stata sistemata per l’ultimo saluto a pochi passi dalla villa in cui abitò Totò Riina, nel complesso di via Bernini, a Palermo, che ora ospita «la casa della memoria operante», nome scelto proprio da lei. In ossequio alle sue volontà, l’allestimento della camera ardente in questa costruzione circondata dal verde ed edificata – insieme a un’altra dozzina in quest’area – dai costruttori preferiti dal capo dei capi di Cosa nostra, i fratelli Gaetano e Pino Sansone, è l’ultima sfida alla mafia lanciata dalla sorella minore di Paolo Borsellino. Nella villa confiscata, lo scorso 3 gennaio fu aperto il «centro», e ancor prima nel residence si erano trasferiti gli uffici dell’ordine dei giornalisti di Sicilia e una stazione dei carabinieri.

IN QUESTA PORZIONE di Palermo diventata un fortino dell’antimafia, ieri è stato un via vai di amici, politici, cittadini accolti da Claudio, Cecilia e Marta, i tre figli di Rita Borsellino che a febbraio hanno perso anche il padre. La gente ha portato un fiore o ha lasciato un messaggio davanti alla bara della donna che «ha raccolto l’insegnamento del fratello Paolo, diventando testimone autorevole e autentica dell’antimafia e punto di riferimento per legalità e impegno per migliaia di giovani», ha detto il capo dello Stato Mattarella.
Dopo le denunce della nipote Fiammetta, la figlia di Paolo, che nel 2017 parlò di «25 anni di schifezze e menzogne» riferendosi ai quattro processi che non hanno ancora portato a nulla, il 2018 doveva essere per Rita Borsellino l’anno risolutivo, il tempo per porre fine a quella cascata di «coriandoli di verità, un tema carnascialesco». Non è andata così. Oggi alle 11.30, nella chiesa Madonna Provvidenza-don Orione, i funerali.

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