Rischiatutto, ma l’intrattenimento non è ideologia
Televisione Il remake di Fabio Fazio dello storico quiz dei '70 è la «spia di una fase estetico culturale neocentrista», come ha scritto Vincenzo Vita sul manifesto del 23 aprile?
Televisione Il remake di Fabio Fazio dello storico quiz dei '70 è la «spia di una fase estetico culturale neocentrista», come ha scritto Vincenzo Vita sul manifesto del 23 aprile?
Degli articoli scritti sul Rischiatutto l’unico che ha provato a darne una lettura ‘politica’ è senz’altro quello che Vincenzo Vita ha pubblicato su questo giornale (23 aprile). Esso mi ha, però, ricordato alcune delle cose che si scrivevano su Rinascita, la rivista del Pci, a proposito dei programmi d’intrattenimento, giudicati molto spesso come strumenti di evasione, in qualche modo politicamente eterodiretti, funzionali all’egemonia delle classi dirigenti. Si criticava il successo di Canzonissima che determinava «uno standard di gusto e di interesse» atto a «rilanciare la proposta di modelli e valori per frenare le spinte ascendenti» (Rinascita,1969), o di Rischiatutto perché il nuovo modello di campione, lontano da quello di Lascia o Raddoppia, era una specie di Superman, un eroe legato «a filo doppio ai meccanismi della tecnologia» e alle teorie dell’irrazionale (Rinascita,1972).
Leggendo, nelle parole di Vincenzo, del «dolce inganno dei ricordi» del nuovo Rischiatutto e del «neocentrismo culturale» che «in controluce» esso incarnerebbe, mi sono sentito inquieto. Ho guardato entrambe le puntate con interesse e divertimento, tuttavia annoiandomi per l’eccesso di «autocompiacimento» disseminato lungo le tre ore di spettacolo. Non sono un fan di Fazio, mi disturba e trovo stucchevole a volte la sua complicità con il potere, sia esso divistico o politico, ma ne apprezzo la capacità di innalzarsi dal trash odierno e il tentativo di fare una televisione «intelligente». Il Rischiatutto di oggi ha molti difetti, che speriamo scompaiano in autunno. A cominciare dalla sovrabbondanza degli ospiti, dal vezzo di Fazio di parlarsi addosso, dalla mancanza di ritmo. Ecco, mi pare che l’intrattenimento (delle fiction, dei varietà o dei quiz) non debba essere guardato solo con la lente dell’ideologia, che non va messa in soffitta, sia chiaro, perché come il sale serve a dare sapore alla lettura della realtà; ma, come il sale, va usata con attenzione.
O forse mi sbaglio, e il programma è la spia di una fase estetico- culturale neocentrista, come scrive Vita, così tanto «somigliante al corso della cosa pubblica»? Il dibattito è aperto, si sarebbe detto una volta. Io mi fermerei sui formati dell’intrattenimento che la tv pubblica, e la tv in generale, perseguono. L’intrattenimento è un pezzo fondamentale della nostra vita. Un quiz rimane un quiz, oggi come ieri, e una tv che (nostalgicamente) ripiega su se stessa (il suo presente, il suo passato) è ormai da 30 anni un fatto consunstanziale ad essa.
Che la Rai rifaccia Rischiatutto è un bene (chi l’ha detto che i formati del passato non si possano replicare?), tanto più perché prodotto in controtendenza alla pornografia dei sentimenti, al trash, all’indignazione quotidiana un tanto al chilo degli schermi tv. Ma a patto di rispettarne lo spirito, senza «addomesticarlo» (in questo Vita ha ragione), e di non farne una fiera delle vanità.
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