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Riprodurre in casa, se il verde è fai da te

Orto in casa Gli uomini lo hanno sempre saputo: quasi tutte le piante esistenti al mondo possono essere riprodotte da talee. E’ molto semplice e non costa nulla

Pubblicato più di 6 anni faEdizione del 5 aprile 2018

Esistono due modi per riprodurre da soli le proprie piante. Partire dalla semente o dalle talee. Partendo dalla semente abbiamo delle piante più vigorose, forti, non necessariamente uguali alla pianta madre, anzi, per le piante da frutto, per esempio, il seme ci garantisce un franco, ovvero il portainnesti sul quale intervenire successivamente. Esiste anche la possibilità di ritrovarsi di fronte ad una nuova varietà: in Brianza, per i peschi, era prassi consolidata partire dal nocciolo per le pesche e se ne ottenevano di eccellenti. Tutta una tradizione popolare sul persic da nobil si fondava su questo seminare i peschi. Negli Usa, è ancora celebre Jack Appleseeds, Giacomino Seme di mela, un personaggio che percorrendo il Nordamerica e seminando ogni semino di mela che trovava diede vita ad innumerevoli varietà.

VOGLIO PORRE L’ATTENZIONE sulla riproduzione agamica, ovvero senza passare dai semi. Semplice è ottenere talee. Quando cominciai ad occuparmi di orti, campi e giardini, ascoltai una storia da un amico. Mi raccontava di un vivaista che si offrì di potare gratis gli oleandri spartitraffico per la Società autostrade. Lo fece e dalle diecimila marze di oleandro ottenute, ottenne diecimila nuove magnifiche piante da rivendere.
Gli oleandri, così come quasi tutte le piante esistenti al mondo, possono essere riprodotti da talea. Esistono innumerevoli modi per farlo. Il criterio fondamentale è sempre quello di procedere quando la pianta non è in fiore, preferibilmente in autunno e a luna calante. Ho le mie balze scoscese completamente ricoperte di lavande, salvie, rosmarino, sono tutte il prodotto di potature di piante mie. Infilate nel terreno con l’aiuto di un tondino di ferro, in autunno, innaffiate, se la pioggia non arrivava, e lasciate là. Di solito una talea radica entro quattro settimane. Un bel ramo lungo e vigoroso di rosmarino infilato per circa la metà in terra garantisce una certa riuscita, a primavera si vedono i getti nuovi.

Direttamente in terra era anche difficile, data la ripidità del pendio, poter interrare piante dal vaso, così la possibilità offertami dalla natura di infilzare a dozzine dei rametti delle aromatiche suddette mi ha facilitato il compito. Una volta bene attecchite, quelle lavande, quelle salvie, quei rosmarini, con gli anni ho dovuto potarli, diradarli, e così ho avuto altro materiale – germoplasma – da riprodurre. Nel caso in cui dobbiate fare alla svelta, vi siate cioè procurati delle talee importanti durante un viaggio, una escursione, vale il principio del piantare in vaso, tenendo umido e all’ombra fino a che non si sia bene riprodotta.

MI E’ CAPITATO DI TORNARE da viaggi all’estero con delle aromatiche interessanti e mi è bastato prenderne un rametto di pochi centimetri, tenerlo bagnato in un bicchierino di plastica avvolto in un fazzolettino di carta. Ora ho dell’assenzio di monte e del bellissimo abrotano vivi e vegeti, erano rametti quando li ho portati a casa. Gli uomini lo sanno da sempre. I legionari romani hanno provveduto a riprodurre la vite in tutta Europa, portandosene dietro in sacchi bagnati, le barbatelle. E così è stato fatto per le marze di innumerevoli qualità di frutta. Insegnare ai bambini a fare talee, a riprodurre le fragole, a moltiplicare aglio, cipolla e tutti i bulbi da fiore, è una cosa che si può fare anche nelle scuole.
Comunque, le piante è giusto prenderle solo dove sono esposte a morte certa. E così ho preso aceri, platani, frassini, allori e oleandri spuntati in mezzo alle massicciate delle ferrovie, negli interstizi dell’asfalto. Ho dei magnifici ibischi grandi e in fiore la cui origine è il canale di scolo. Lì dentro continuano a spuntarne da seme, da un filare di siepe di un condominio, il vento continua a portarvi la semente. Trova l’umidità ideale ed ecco che gli ibischi si riproducono.

IO ME LI VADO A PRENDERE. Ibisco sinense, quello a fiore rosa, foglie caduche, di crescita rapida e resistente al gelo. Una volta imparato, vi prende gusto. Salvare le piante, vederle crescere, irrobustirsi, poi donarle a chi le sa apprezzare, è una soddisfazione che riempie.

Questo nostro povero Paese non ha cultura botanica, il verde è trascurato. Quando non oggetto di assassinio sistematico. Cosa sono, altrimenti, gli incendi che portano via centinaia di migliaia di ettari, se non un un ecocidio programmato? Sapendo che proprio le mafie del rimboschimento sono alla base di questi incendi, saper fare da soli, riprodurre alla maniera dell’uomo che piantava gli alberi è proprio il massimo. Se per i bastardi incendiari il fine è quello di fare soldi, è vitale imparare come dalla natura si può riprodurre spendo solo tempo e cura. Se fossimo in tanti ad amare le piante, le fiamme non ci sarebbero.

SE UN POPOLO AVESSE CULTURA del bosco, amore per le proprie piante, rispetto per i propri alberi, non saremmo a questo disperato punto. Morto. La base di una civiltà diversa, invece, è insegnare ad un bambino la gioia del riprodurre con le proprie mani. Sergio Endrigo aveva capito. Lo aveva cantato con una chiarezza limpida. Per fare un bosco ci vuole un fiore. Per fare tutto ci vuole un fiore. E se quel fiore, e se quell’albero sei tu ad averlo seminato e piantato, stai certo che proverai dolore quando vedi bruciare gli alberi. Capire ed unire la poesia alla capacità di fare delle nostre mani può fare germogliare mille volte tutte le foreste bruciate.

Guardo le mie balze profumate, respiro la lavanda e il rosmarino. Negli autunni scorsi ho passato qualche ora ad interrare dei rami. Spesa: zero. Un’azione quasi sovversiva per un sistema che esige che una moltitudine di persone sia asservita e debba ringraziare chi la fa lavorare per imboschire. Eppure, le mie salvie sono là, le api vanno a fecondarle. Sul Vesuvio ne sono morte cinquanta milioni per gli incendi dello scorso luglio. Immaginate cinquanta milioni di api morte. Quelle api che impollinano e permettono la fertilità e la vita.

VORREI ANDARE NELLE SCUOLE di Torre Annunziata, di Torre del Greco, di Somma Vesuviana ad insegnare: «Bambini, lo sapete che per avere un alloro, per poterlo mettere a dimora sul Vesuvio e sostituire quelli arsi, non c’è bisogno che di un fiore?» E di amore e passione che aiuta a generare tutta la perizia e la competenza possibile e necessaria. Se diventiamo un popolo sapiente ed innamorato, se insegniamo a riprodurre da seme o da talea, se migliaia di persone imparano, le lobbies criminali poco alla volta retrocedono. Più gente s’innamora e impara a generare alberi, più diventiamo liberi. Tutti quanti.

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