Fuggire da Mosul è pressoché impossibile. Le strade della zona ovest sono presidiate dallo Stato Islamico, entità ormai quasi invisibile: i tunnel sotterranei costruiti nei quasi quattro anni di occupazione permettono ai circa 2mila miliziani rimasti a difesa della “capitale” irachena del sedicente califfato di muoversi e controllare i civili ancora presenti (750mila quelli stimati).

Fuori dalla città vecchia l’esercito governativo avanza. Con i combattenti kurdi rimasti ufficialmente indietro (il ministro dei Peshmerga di Erbil ha precisato che l’accordo con Baghdad prevedeva la cooperazione per la liberazione della sola Mosul est), ieri le truppe irachene hanno ripreso l’aeroporto da dove partì nel giugno 2014 l’assalto islamista. Liberata anche la centrale elettrica di Al Izakh, quella che fornisce energia a quasi l’intera zona ovest della città.

E se le truppe di Baghdad premono da sud e da est, a ovest sono le milizie sciite (le Unità di mobilitazione popolare) a spingere. Combattimenti sono in corso a Tal Afar, strategica comunità a maggioranza turkmena.

A metà strada tra Mosul e Sinjar e il confine con la Siria, è da tempo nel mirino della Turchia che vuole in ogni modo impedire che siano le milizie sciite ad assumere il controllo del corridoio di terre che collega Mosul (dove Ankara punta ad esercitare una consistente influenza), la yazidi Sinjar (dove il Pkk e le Ypg hanno mantenuto una significativa presenza) e la Siria (nello specifico il Kurdistan siriano).

I miliziani sciiti sono alle porte, riaccendendo le note fratture tra i vari attori del conflitto iracheno, lungi dall’essere meramente locale.

Il presidente Erdogan, convitato di pietra della battaglia per Mosul, incontrerà domenica a Istanbul il presidente del Kurdistan iracheno Barzani: «C’è molto di cui parlare – dice una fonte del Ministero degli Esteri turco all’agenzia turca Anadolu – L’Iraq è importante per noi sotto tutti gli aspetti».

Oltre a economia e influenze politiche (l’attuale governo iracheno è molto vicino all’Iran, avversario turco), sulle montagne di Qandil si trovano i combattenti del Partito kurdo dei lavoratori, costantemente colpiti dai raid di Ankara: non è un mistero la propensione di Erbil a cooperare con i turchi in chiave anti-Pkk.