Riprendersi le parole, difendere la democrazia. A Corso Francia
Il 2019 che si sta chiudendo è stato un anno difficile per il nostro Paese e per il dibattito pubblico. Dal nostro personale punto di osservazione radiofonico abbiamo assistito più […]
Il 2019 che si sta chiudendo è stato un anno difficile per il nostro Paese e per il dibattito pubblico. Dal nostro personale punto di osservazione radiofonico abbiamo assistito più […]
Il 2019 che si sta chiudendo è stato un anno difficile per il nostro Paese e per il dibattito pubblico. Dal nostro personale punto di osservazione radiofonico abbiamo assistito più volte all’alzarsi della travolgente onda sensazionalistica, misogina, razzista che ha invaso titoli, articoli, post sui social.
Immaginiamo che tutto questo abbia una giustificazione commerciale, il clamore fa click, il dolore in prima pagina fa audience, il processo mediatico scalda i cuori, crea tribunali sulla carta stampata che dividono la società in buoni e cattivi. Il caso della morte delle giovani a Roma, a Corso Francia, è stata la vetta più triste di questo 2019, la profanazione della memoria di queste giovani donne con fotografie trafugate sui social, la condanna già intervenuta del guidatore, la rincorsa al luogo comune. Ma voi siete sicuri che questa strada salverà il giornalismo? Siete sicuri che rincorrere l’orrore sia il giusto modo per arginare la perdita dei lettori, di credibilità e di attenzione dei nostri concittadini?
Siete consapevoli che la china intrapresa non porterà alla salvezza di qualcuno ma alla morte definitiva del giornalismo?
Spesso la colpa viene ascritta ai social ma i comportamenti dentro le redazioni sono così dissimili dalle reazioni di pancia degli utenti finali?
C’è uno iato di fiducia sempre più grande tra i lettori, gli ascoltatori e i mezzi di informazione, così come c’è una politica che si serve sempre di più della mediazione giornalistica al fine di amplificare messaggi sempre più semplificati, a questa distanza va messo un argine, non tanto per tutelare le nostre professionalità ma per evitare l’inizio di un totalitarismo dell’informazione che vale la pena ricordare inizia prima di ogni dittatura.
Per questo è necessario riaprire un dialogo tra la comunità dei lettori e degli ascoltatori, per questo nelle prossime settimane vorremmo chiedere a tutti i colleghi di buona volontà e soprattutto ai direttori delle testate, di creare in modo coordinato e spontaneo un dibattito che tenti di scardinare l’idea che quella tracciata sia l’unica strada semantica e politica da percorrere, un dibattito pratico che riporti l’attenzione sui fatti e sulle idee, sul metodo giornalistico e sulle sue reali potenzialità altrimenti la cinta di protezione che ha salvato testate e idee verrà sempre meno e questa democrazia sarà sempre più povera. Il grande trucco dei tempi che viviamo è far sentire isolate le parti senzienti dalla società, derubricare tutto al dibattito sul politicamente corretto come se essere rispettosi delle differenze, usare nuove parole, evitare discriminazioni lessicali sia una riduzione delle capacità narrativa e dialettica, riprendersi parole e spazi dibattendone, come sempre, è la creazione del primo spazio, che elimina lo spazio bianco.
*conduttrice di RadioTre
**redattore di Radio Radicale
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