Il governo balla di nuovo sulla riforma del catasto e in commissione Finanze della Camera si ripete il copione della settimana scorsa, quando l’esecutivo guidato da Mario Draghi si era salvato per un voto. Senza la stessa tensione, però, perché stavolta nessuno si aspetta il colpo di scena, cioè l’approvazione dell’emendamento soppressivo dell’articolo 6 della delega fiscale, quello sulla riforma del catasto, appunto. In ballo non c’è solo il catasto ma la sorte stessa del governo e della legislatura. Draghi aveva messo sul tavolo la fine della sua esperienza di governo se l’emendamento fosse passato e non ha cambiato idea. Mentre la commissione aspetta che si aprano i battenti, alle 20, il governo fa sapere di voler andare avanti senza accantonare l’articolo della discordia.

A RIAPRIRE LA PARTITA che la settimana scorsa pareva chiusa con il voto che aveva bocciato l’emendamento soppressivo della Lega è Alternativa, con un nuovo emendamento che stavolta chiede di eliminare il comma 2 dell’articolo 6. Cancellando «l’aumento delle rendite catastali ai valori di mercato» spiega Alvise Maniero, di Alternativa, si elimina in buona parte il rischio di aumentare le tasse. L’obiettivo è sempre fare in modo che anche per le abitazioni il cui valore risulti superiore a quello registrato attualmente non ci siano aggravi fiscali. La Lega è ovviamente disponibile. Forza Italia finge di esitare ma alla fine si schiera di nuovo a favore dell’emendamento soppressivo perché la lotta contro le tasse sulla casa è elemento troppo determinante per il partito di Arcore. Il ministro azzurro Renato Brunetta s’imbufalisce, come già la settimana scorsa. Dissente e non lo nasconde ma Silvio Berlusconi tiene duro.

PER MODO DI DIRE. Nessuno infatti crede davvero che la piroetta con la quale all’ultimo momento Noi con l’Italia, la formazione di Maurizio Lupi, ha salvato la legge e il governo non fosse concordata con lo stesso Berlusconi, che in questo modo salva la faccia antitasse del suo partito, votando contro il governo nonostante la minaccia di crisi, ma salva anche il governo stesso, grazie al provvidenziale ripensamento di Lupi. Un margine di dubbio c’è lo stesso perché in commissione, per il gruppo Misto, non c’è più Manfred Schullian, favorevole alla riforma, ma la parlamentare che aveva sostituito, Nadia Aprile, una ex 5 Stelle che in partenza era contraria all’articolo 6 e aveva firmato l’emendamento della Lega. Ma anche questa è una suspense più apparente che reale. Prima di essere sostituita, la settimana scorsa, Nadia Aprile aveva già tolto la sua firma dall’emendamento incendiario, proprio come aveva fatto Alessandro Colucci, il parlamentare di Noi con l’Italia che col suo voto aveva fatto pendere la bilancia a favore del governo, 23 a 22.

IN COMMISSIONE si litiga sui tempi degli interventi e la Lega prende di mira il presidente, il renziano Luigi Marattin, accusandolo di non essere super partes. La seduta viene sospesa. L’incidente comunque stavolta dovrebbe essere chiuso sul serio ma è una tregua, non la pace. La vicenda del catasto rivela infatti quanto profonda sia la lacerazione tra il governo e la maggioranza. Dopo la svolta dell’elezione del capo dello Stato il premier Draghi è diventato non più flessibile, come molti si aspettavano, ma più rigido. La determinazione con la quale in questa occasione ha messo sul piatto della bilancia la sopravvivenza del governo lo dimostra e sulla riforma degli appalti il confronto è anche più duro: il governo, almeno sino a questo momento, resta deciso a non accogliere nessun emendamento, neppure quelli sostenuti dal grosso della maggioranza.

UN PO’ PER EVITARE di trovarsi chiuso in una mediazione permanente, un po’ perché l’emergenza guerra lo rafforza, Draghi ha deciso di andare avanti secondo la sua agenda, ignorando il malumore crescente dei partiti e dei parlamentari. Fino all’estate non ci saranno grossi rischi, poi, con le elezioni incombenti, tutto diventerà più difficile.