Rinascita di una terra
Storie Nella campagna di San Vito dei Normanni, a 20 km da Brindisi, la storia esemplare di un terreno confiscato che diventa un’azienda «manifesto»
Storie Nella campagna di San Vito dei Normanni, a 20 km da Brindisi, la storia esemplare di un terreno confiscato che diventa un’azienda «manifesto»
Un viottolo di campagna, stretto tra due bordi di muretti a secco. Termina davanti a un cancello di metallo chiaro aperto a metà: è uno degli ingressi. Da questa parte, giovani uliveti si alternano a vigneti, c’è anche un’antica casa padronale un po’ malmessa, ma «ripulita», la chiamano rudere. Più in là, gli ulivi secolari, la casa del custode e un magazzino. In tutto, 50 ettari di beni confiscati all’illegalità. Siamo nella campagna pugliese di San Vito dei Normanni, 20 chilometri da Brindisi. Da quattro anni la cooperativa sociale Qualcosa di Diverso gestisce questa ricchezza che oggi è l’azienda agricola XFarm, impresa sociale ed ecologica che punta a divenire «manifesto» di un’agricoltura nuova.
«METTERSI CON UMILTA’ VICINO a chi lavora nei campi, per capirne i dubbi, le perplessità. Perché attraverso quei dubbi possiamo interrogarci su ciò che manca, su ciò che serve». Mattia Pantaleoni è un informatico bresciano di 40 anni. Lo incontriamo nel vigneto, mentre sta seminando degli erbai. «La semina è un gesto antico», dice. E qui la praticano a mano. In cinque percorrono i filari mentre attingono, dal secchiello o dal sacchetto, manciate di semi che lasciano cadere davanti a sé. Semi di leguminose come la veccia e l’erba medica polimorfa, erbacee come la senape e il trifoglio, e cereali come l’avena e l’orzo. «Stiamo facendo delle prove con degli inerbimenti su due diversi lotti», spiega l’agronoma Elisa De Carli. «Sono due tipi di cover crops, servono per fare da copertura al terreno. Lo riparano da sole, pioggia battente e azione del vento». Si cerca di capire con quale tipo di erbaio migliora il vigneto, mentre si assicura al suolo l’umidità necessaria per prevenire l’erosione, «favorire lo sviluppo di microrganismi ed evitare trasporti di fiamma in caso di incendi», precisa De Carli, che lavora per la Deafal, organizzazione non governativa che si occupa di agricoltura organico-rigenerativa (aor). L’agricoltura organico-rigenertiva è uno dei pilastri e degli obiettivi di XFarm.
GLI ALTRI SONO: IL MIGLIORAMENTO dell’ecosistema, la creazione di lavoro per la comunità e l’integrazione tra agricoltura e progetti educativo-formativi. Nel 2019, la cooperativa ha ricevuto un finanziamento dalla Fondazione Con il Sud, circa 495 mila euro per fare di XFarm un’azienda agricola «manifesto»: esempio di un nuovo modo di fare agricoltura. Finora, sono stati realizzati orti sociali, progetti educativi, eventi comunitari, pratiche sperimentali «aor» e l’olio extravergine d’oliva Manifesto. L’inizio è stato difficile, racconta il presidente della cooperativa. «Non avevamo nessun tipo di esperienza agricola, né risorse da investire. L’azienda era in stato di abbandono». Marco Notarnicola viene da Noci, ha 28 anni e una laurea in Economia sociale conseguita a Forlì. «Per i primi due anni ci siamo occupati di recuperare l’esistente. Non riuscivamo a pagare le persone e in molti sono andati via. Poi, nel 2019, una vendemmia importante: duemila quintali di uva raccolta. Da lì abbiamo capito che dovevamo andare avanti».
I SOCI DI «QUALCOSA DI DIVERSO» arrivano in questi campi confiscati nel 2017. Oltre all’incuria trovano però una coppia di lavoratori volenterosi, memoria storica del luogo. «Quando siamo arrivati qui, la femmina faceva la seconda media e il maschio la terza elementare. Adesso sono ingegneri: aerospaziale lei, elettronico lui. Lavorano tutti e due». Il racconto di Bubuqe Dushku – Buci, come la chiama suo marito Dylaver -, donna sorridente di mezza età, parte dai figli. La famiglia giunge qui dall’Albania 19 anni fa, per lavorare in un’azienda agricola di un imprenditore «che vendeva macchine a Milano». La coppia racconta che «il padrone cercava una famiglia» affidabile e disposta a risiedere nel podere, «per portare avanti i lavori quando lui non c’era».
DUE ANNI DOPO IL LORO ARRIVO, sull’azienda cala il sequestro, più tardi la confisca. L’imprenditore sarà condannato nel 2011 per reati contro il patrimonio e i suoi beni, confiscati. Fino al 2015, del terreno si è occupata l’Agenzia nazionale per l’amministrazione dei beni sequestrati e confiscati alla criminalità organizzata (Anbsc). Poi, il passaggio al Comune. «La contingenza – dice Roberto Covolo, socio e coautore del progetto XFarm – viene da un bando comunale rivolto al Terzo settore». I soci, unici a concorrere, si aggiudicano la gestione: 10 anni per «trasformare un bene simbolo di illegalità e agricoltura intensiva, cioè inquinante, in un simbolo di legalità e agricoltura ecologica». Covolo ha 42 anni ed è di Terlizzi. Da 10 anni vive a San Vito dei Normanni, dove il suo nome è tutt’uno con quello dell’ExFadda, un edificio dismesso, divenuto emblema di riqualificazione urbana. L’humus da cui nascerà XFarm.
NEL VIGNETO OLTRE ALLA SEMINA si termina la potatura. C’è Eze Chucks, un giovane nigeriano che lavora ascoltando musica dal cellulare. Mentre più in là Zamane Sipri, Valbona Sulmina e Buci Dushku intonano canti nella loro lingua madre, che la tramontana fa scivolare verso Sud. Il numero dei lavoratori varia da 8 a 24, in base al da farsi. Dylaver Dushku ha un contratto fisso, gli altri lavorano a giornata. Tra questi c’è Samuel Sillah, del Gambia. Ha 28 anni, più o meno l’età degli ulivi che sta potando. In dotazione, una scala di alluminio, una motosega maneggevole e uno scudo facciale che non vuole indossare. Interi rami atterrano sul manto erboso e umido della mattina. Le fronde recise restano sul suolo, poi saranno lavorate per fare da copertura e concime al terreno.
«QUALCOSA DI DIVERSO» è una cooperativa sociale di tipo b, cioè con il vincolo di impiegare un lavoratore su tre, delle categorie svantaggiate. Persone con disagio psichico, con invalidità, ex-detenuti, ex-tossicodipendenti e migranti. «Ma per noi – dice il presidente – l’obiettivo è sempre stato lavorare con i ragazzi». Però, ammette, «in agricoltura i ritmi di lavoro sono ancora troppo pesanti. Ci piacerebbe riuscire a costruire ritmi più sostenibili. Le persone dopo poco lasciano. Daniele è un superstite». Daniele Bellenzier, 28 anni, diplomato all’Industriale, arriva qui nel 2017 per la raccolta delle olive. «Con un amico – dice – prendevamo qualsiasi lavoro, ma per gli altri non ho mai lavorato in campagna, perché è uguale a schiavitù. Poi, mi sono ritrovato qua». È stato il suo primo lavoro in regola. Quando aveva 13 anni la sua famiglia lascia Lecco per trasferirsi a San Vito dei Normanni: era la loro casa al mare. Ora coltiva la sua passione, api: «ho 15 arnie, ma anche qui c’è un progetto».
E INFATTI, NEL SISTEMA DI XFARM, «l’indicatore biologico sarà offerto dall’apicoltura». Ce ne parla Jacopo Volpicelli, ecologo di Torino. Ha studiato Scienze della Sostenibilità ambientale in Olanda, ora è qui per progettare un’agroforesta. «È un sistema policolturale – spiega – che mira a emulare il funzionamento delle foreste o dei boschi per soddisfare i bisogni dell’essere umano come cibo, medicinali, fibre, legname, mangime o carburante». Sarà un parco agricolo e sostituirà un uliveto intensivo, restituendo al suolo le sostanze di cui ha bisogno per riacquistare fertilità e biodiversità. Immaginato in vista delle attività umane, ospiterà una scuola costruita con materiali ecosostenibili, pensata per i piccoli, con l’agri-nido, e per gli adulti con Scuola Radicale. Quest’ultima esiste già, è un laboratorio che offre a giovani imprenditori agricoli pugliesi conoscenze sull’agro-ecologia, sostegno didattico per i propri progetti e reti sociali. «L’abbiamo chiamata agricoltura prossima – sintetizza Covolo. Prossima nel senso di futura, perché auspichiamo che sia il modello agricolo del futuro. E prossima nel senso di prossimo, agricoltura di prossimità.
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